Il Secolo Turco

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La Turchia al voto. Dopo i dialoghi su Libano, Afghanistan e “L’Uomo de La Repubblica”, Gianni Bonini e Lorenzo Somigli riflettono sul “Secolo Turco”.

Poscia che Costantin l’aquila volse
contr’al corso del ciel, ch’ella seguio
dietro a l’antico che Lavina tolse,

cento e cent’anni e più l’uccel di Dio
ne lo stremo d’Europa si ritenne,
vicino a’ monti de’ quai prima uscìo

Paradiso, Canto VI (1-6)

Gianni Bonini, un cursus honorum di prim’ordine tra la politica e le imprese, è stato vicepresidente del Ciheam, punta di diamante della cooperazione euro-mediterranea; oggi è apprezzato analista geopolitico, celebri le sue stoccate su Il Nodo di Gordio e i suoi tweet enigmatici. Lorenzo Somigli è giornalista, ufficio stampa e collaboratore parlamentare; scrive anche per rivista turca Transatlantic Policy Quarterly soprattutto di energia, geopolitica e prospettive della NATO. Entrambi hanno potuto vivere questo straordinario paese e sperimentare la vita nella megalopoli sul Bosforo e non solo.

Bonini ricorda con tanto piacere la festa di primavera nella vecchia Costantinopoli e consiglia di scendere all’aeroporto Sabiha Gökçen, nella parte asiatica, per vedere i nuovi modernissimi quartieri residenziali edificati sempre intorno alle moschee. Somigli ama i tramonti sul Mar di Marmara, simpatizza per il Beşiktaş, la squadra del popolo, il cui simbolo è l’aquila, mangia solo e soltanto nel lokantasi dove mangiano i turchi; di Istanbul ricorda la sua anima doppia e cangiante, quella antica e un po’ dolente, con i suoi gatti che si aggirano tra le avite glorie e il volo dei gabbiani, e quella della città nuova, futuristica, iper-vitale. Questo il loro dialogo sul “Secolo Turco”.

Il tramonto
Le navi in transito
Mustafa Kemal rivolto alla città nuova
La festa di primavera 1
La festa di primavera 2
Oltre le narrazioni

Gianni Bonini: “L’informazione è ridotta a un pessimo tifo da stadio e questo nuoce alla comprensione dei fatti, che già di per sé sono distanti, complessi e sfuggenti. Noi del Tazebao consigliamo sempre di studiare e riflettere e di chiedere a chi sta là, quando non siamo presenti (lo abbiamo fatto per esempio con Carlo Marsili e Valeria Giannotta). Sine ira et studio, come ci ha insegnato Tacito, che non mi stanco di citare!”

«Oggi è più importante che mai vista la profondità dell’impatto della cibernetica, che evolve, più o meno occultamente, in manipolazione mediatica. Oggi siamo costretti a dubitare delle stesse immagini che vediamo!»

“Vengo alle elezioni turche. Fino a pochi giorni fa passavano notizie di un Erdoğan in condizioni precarie, se non sul punto di morire, quando poi è riapparso per una diretta, niente meno che con Putin. E in questi giorni fa campagna elettorale. C’è un problema di affidabilità dell’informazione: non ci sono più i corrispondenti esteri e le notizie filtrano solo attraverso poche, molto contingentate agenzie internazionali che le nostre testate riportano, con scarsa attenzione, al massimo aggiungendoci qualche punta razzista o di sciocca presunzione, del tutto inappropriata quando si parla della Turchia. Non foss’altro perché è partner commerciale primario!”.

Una tradizione millenaria

Lorenzo Somigli: “Non posso che concordare, Gianni. Un secolo fa avevamo Barzini e Appelius come corrispondenti. Oggi… Venendo a cose più serie, quella della Turchia è una grande tradizione che si rinnova. Visto che la geografia non è cambiata, non cambia la sua azione geopolitica, creativa ma rigorosa. L’Impero Romano d’Oriente prosegue il sogno di Roma, per mille anni, e diventa centro del cristianesimo, come Roma la capitale del politeismo”.

«Costantinopoli è un punto di riferimento per l’area slava, tra sincretismo e lotte, e per l’area norreno-variaga, quell’entità che è alla base della Rus’ di Kiev, antesignana delle attuali Russia, Bielorussia, Ucraina. Non a caso, i variaghi serviranno l’Imperatore dei Ῥωμαῖοι e si convertiranno al cristianesimo con Vladimir I; infatti, nelle loro cronache descrivono Costantinopoli come Мikligarð, “la Grande Città”».

“L’Impero prima bizantino – usiamo questa espressione sebbene non corretta – poi ottomano, in continuità, esercita influenza sul Caucaso, la Mesopotamia, fino all’Asia Centrale e ovviamente sul Medioriente dove il tanto bistrattato sistema del Millet ha prodotto meno danni di Sykes-Picot”.

«Insomma, c’è una grammatica della civilizzazione anatolica destinata a perdurare. La Turchia sarà sempre chiamata a una funzione geopolitica e a ordinare quello spazio. Azzardo: continuerà a farlo al di là di chi sarà presidente, magari con intensità differenti».

L’Anatolia romana

GB: “Condivido e aggiungo che, per Roma, l’Anatolia era un territorio fondamentale, in cui si installa fin dal II secolo a.C. e vi rimane saldamente. Non a caso, proprio ad Ancyra, l’odierna Ankara, che i nostri “turisti per caso” dovrebbero visitare – dovrebbero anche vedere Ravenna prima di volare a Santa Sofia – sono state ritrovate le Res Gestae di Augusto. In Anatolia i romani creano un numero considerevole di colonie, innestandosi nel lascito dei preesistenti regni ellenistici. Non dimentichiamo che quelle coste sono da sempre un terreno di incontro e di sincretismo, fin dal tempo delle migrazioni dalla Grecia”.

«Per averne un affresco vero, più vero della storia, consiglio la lettura de “I giorni del potere” (1990) e “I giorni della gloria” (1991) di Colleen McCullough: questi romanzi, che ho scoperto grazie al mio amico Alessandro Cosi, fotografano il passaggio dalla tarda età repubblicana con il culmine dello scontro Mario-Silla e l’età del principato augusteo, per certi versi meglio della storia “événementielle”, così scomodo anche Braudel».

“Insomma, quando parliamo di Turchia, lo ribadisco, dobbiamo parlare con grande attenzione perché è, in un certo senso, costretta a esercitare una presenza in quello scacchiere, perché prima di tutti risente di tensioni e crisi, penso prima di tutto alla Siria, paese – lo ricordo – di cui eravamo il primo partner commerciale. Lo spirito di iniziativa si alterna al passo felpato proprio per questa sua unica geografia. Anche la stessa “nazione curda”, a cui guardano favorevolmente Usa e NATO, va letta come una possibile minaccia ai confini, visto che si tratterebbe di una enclave incuneata nel Nord della Siria e in una zona ricca di petrolio”.

Gli sfidanti: due opposte visioni del “Secolo Turco”?

LS: “Da quel che vedo solo sui social noto due stili comunicativi diametralmente opposti nei principali candidati. Kemal Kılıçdaroğlu, leader dell’opposizione, diffonde dei video dalla sua modesta abitazione, video volutamente tristi e semplici, perfino tediosi, puntando sulle condizioni economiche del paese e insistendo sull’inflazione, che è un problema”.

“L’attuale presidente punta su una dimensione imperiale della Turchia: inaugurazioni, aerei, folle più o meno oceaniche ma anche i progressi fatti sui salari, per rimarcare la coesione interna; di recente ha cambiato anche la sua foto profilo mettendone una in stile top gun“.

«Provando a tirare le somme posso dire che si confrontano due visioni dello sviluppo turco: uno più coperto, attento alle condizioni interne, l’altro più proiettato all’esterno, proattivo».

“Aggiungo che in questi giorni, tra le varie inaugurazioni, ha ricevuto il primo carico di combustibile la centrale nucleare di Akkuyu che, sostiene Erdoğan, potrà arrivare a fornire il 10% dell’energia elettrica che consuma il paese. Una nazione popolosa e industrializzata ha bisogno di sicurezza energetica e ha trovato un mix energetico in grado di dargliela. Questo modello neo-imperiale ha delle basi solide, prima di tutto energetiche”.

L’Islam come collante

GB: “In questo, mi allaccio al tuo ragionamento, la religione assolve al ruolo di soft power, in un certo senso è un collante che ha accompagnato il passaggio della società turca verso l’industrializzazione, che c’è stato ed è stato rapido, evitando contraccolpi e scossoni. Non vedo in Erdoğan un disegno ‘cesaropapista’, vedo una visione organica e coerente, un modello, che ha espresso concretamente, non a parole, una via di sviluppo per la società”.

Le moschee al centro dei nuovi quartieri residenziali nella parte asiatica.

LS: “Indubbiamente l’Islam ha un peso e una funzione, anche se in Turchia ci sono ed esistono molte comunità religiose: cristiana, cristiana armena, ebraica; anche sulla presunta intolleranza dei turchi si potrebbe aprire una riflessione”.

“C’è una serie tv Netflix che merita di essere vista: Ethos (Bir Başkadır, di Berkun Oya), delicata e interiore, studiatissima nella fotografia, che riflette sulle alterità in seno alla Grande Turchia; ci tengo a dirlo perché la Turchia ha un cinema, ha un teatro, ha una produzione artistica che c’è, e non da oggi, anche se non la conosciamo”.

Il Liceo italiano

«Ad ogni modo, negli anni, la Turchia si è resa centrale nei flussi energetici – è il vero hub dell’energia – e nella geopolitica. All’Istanbul Museum of Modern Art, zona di Galata (oggi parte del distretto di Beyoğlu), dove ci sono il Galatasaray Lisesi in cui si studia anche l’italiano e la Casa di Garibaldi, c’è un quadro che mi colpì “L’uomo della terra” di Neşet Günal, uomo tarchiato, ruvido, coriaceo come la sua terra, l’Anatolia».

“La “Grande Proletaria” turca – così usiamo l’espressione del Pascoli coniata per la guerra in Libia proprio contro gli Ottomani – si è mossa eccome ma ha una popolazione da sfamare”.

Nutrire la “Grande Proletaria”

GB: “La Turchia ha un’agricoltura molto ricca, impostata più in modo intensivo che estensivo ma non in modo troppo pronunciato. Di massima questo nasce da ragioni di occupazione. Ovviamente, come in tutti i sistemi ci sono delle contraddizioni: anche quelli che usano i concimi chimici per produrre di più in meno hanno delle ricadute negative”.

«L’agricoltura turca come quella egizia – cito un altro paese popoloso – deve dare lavoro e cibo a grandi masse contadine, principalmente anatoliche. Non possono permettersi forme di latifondo, che è improduttivo. Non possono permettersi espropri della terra, come successe negli Usa nel 1929 (con la conseguente migrazione verso le città), e concentrazione in poche grandi aziende».

“Nella gestione di tutto questo, possono avvalersi di funzionari di altissimo livello, con cui ho lavorato negli anni, funzionari patriottici, di un patriottismo velato di nostalgia per l’impero perduto sì, ma anche ben proiettati alla contemporaneità”.

Per approfondire: Parliamo di democrazia e diritti umani…ma a stomaco pieno. La varietà dell’ecosistema turco e l’impegno del TAGEM

LS: “In una recente intervista su Controradio hai parlato delle elezioni turche come di un referendum sulla postura da tenere nella NATO. Cito anche il comune amico del think tank Il Nodo di Gordio Daniele Lazzeri che ha detto a Panorama: “Da almeno un decennio la Turchia fa ciò che non fa l’Italia: politica estera con leva economica e commerciale. Lo fa da cruciale membro della Nato che, a differenza nostra, mantiene la sovranità nazionale come linea guida”. Certo, una NATO senza Turchia…”

GB: “Per la NATO la Turchia è una componente essenziale, non foss’altro perché garantisce una proiezione in tutti gli scenari che contano. Infatti, negli stessi giorni del ritiro dei missili da Cuba – sono i frangenti concitati della morte di Mattei – gli Stati Uniti ritirano i propri dalla Turchia e questo fatto viene spesso sottaciuto”.

“Oggi, parlare di presenza italiana nel Mediterraneo rischia di essere oggi una pia illusione. La Libia è persa. La Libia è persa nel 2011 con il disastro delle Primavere arabe. E la Libia è tornata a una condizione di chaos tribale simile a quella precedente la colonizzazione italiana. E in Libia ci sono i turchi e i russi, che non se ne andranno. C’è una linea tra Istanbul e Tripoli, che fende il Mediterraneo e ci taglia fuori dal Mar di Levante. Non solo, oggi, in effetti, insieme a Russia, Israele e Grecia, in attesa di vedere gli sviluppi degli accordi mediati dalla Cina, la Turchia governa il Levante. E al posto del settimo squadrone navale sovietico… ci sta la flotta russa!”

Serie di foto su Antalya: i nuovi quartieri, le vecchie case, la piccola moschea

“Come Italia, possiamo concentrarci, al massimo, sulla Tunisia ovvero su un paese che dista da noi 80 km. Invero, il Ministro degli Esteri Antonio Tajani si è mosso per sostenere il paese nordafricano. Concentriamoci dunque sulla stabilizzazione della Tunisia dove il Presidente Kaïs Saïed sta tentando una difficile transizione”.

LS: “Seguiremo queste elezioni che cadono a 100 anni dalla nascita della Repubblica e il prosieguo, certi che la Turchia avrà il suo “posto al sole” e il suo posto nella storia. Grazie Gianni, grazie a tutti i lettori, alla prossima!”

GB: “…Sine ira et studio”

Gli altri dialoghi tra Bonini & Somigli
  1. La forza degli inglesi? La lucidità geopolitica
  2. L’Uomo de La Repubblica: Eugenio Scalfari (sine ira et studio)
  3. Il Grande Giuoco continua…
  4. Il Libano cartina di tornasole del Medioriente. Gianni Bonini e Lorenzo Somigli a colloquio con Maroun El Moujabber

Il dialogo è stato ripreso qui:

  1. Il Secolo Turco – Il Tazebao 04.05.2023 (Il Nodo di Gordio)

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