Ciclo di ferro

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Il Tazebao – Dieci anni, dieci anni dalla strage di Odessa che si vorrebbe dimenticare oppure riscrivere, non sono pochi e confermano che la radice dell’oggi è profonda. Forse è proprio quello l’inizio del ciclo di ferro che stiamo vivendo. Nessuna illusione. La fine dell’Impero russo multietnico ha indubbie ricadute anche sulla contemporaneità. C’è una storia da studiare più nel profondo e una biografia da riscrivere. Nel frattempo, mal comune mezzo gaudio, perché non siamo i soli a patire le conseguenze della guerra per l’egemonia mondiale: lo yen di quel Giappone che dovrebbe fermare la Cina non gode di ottima salute e il porto di Eilat è a secco. «La Persia – ha scritto Willi sul socialmette il blocco navale a Suez» e l’Europa «occupata, disarmata, deindustrializzata» ne paga il prezzo maggiore. Certo, la dismissione non morde come dalle nostre parti, vedasi alla voce Stellantis. In Toscana, riferisce l’edizione fiorentina de La Repubblica, che ci sono 73 società in crisi, per un totale di 14 mila posti di lavoro “in bilico”. Una delle parti che amo di più della produzione di Gianni Bonini, uno “storico innamorato” come lo ha definito il sempre efficace Massimo T Mazza al Teatro del Ciliegio, è quella sulla progettazione urbana partecipata. Ieri, sabato 3 maggio, ne hanno parlato alla Montanina, verso Fiesole, fuori del chaos fiorentino e delle sue pastoie, e abbiamo rivisto il video Chi vuole una città così?. Si trova su Vimeo e in esso c’è tutto. La Firenze anni ’70 e il videotape, un nuovo mezzo per dare nuova voce alle istanze sociali che non sono poi così diverse da quelle di oggi. Alla luce della pressante crisi abitativa a Firenze un’esperienza di critica politica che merita di essere conosciuta, riletta.

Tutti gli editoriali della domenica
  1. Eretici maremmani
  2. Resipiscenza
  3. Notte di droni
  4. Sprazzi di bellezza
  5. Testimoni di un mondo nuovo. Buona Pasqua di Resurrezione
  6. Verso la fine dell’ordine globale
  7. Guerra alla Russia, di nuovo. Nel deserto di Europa
  8. La forza delle dismissioni. Gli Houthi sanno (pure) di geografia. E Gaza è come Alesia

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