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Paolo Portoghesi: grande architetto, personaggio generoso, attento ai problemi sociali. Non un archistar

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Nell’ambito delle ricerche sull’urbanistica e sul futuro della città di Firenze, Il Tazebao raccoglie alcuni ricordi su Paolo Portoghesi, un architetto attento ai problemi sociali.

Stefania Craxi: “Questa mattina ci ha lasciato l’architetto Paolo Portoghesi. Un intellettuale, un uomo di grande cultura, padre del postmodernismo italiano. Da sempre socialista, membro dell’Assemblea nazionale del PSI, fu molto vicino a Bettino Craxi, con cui condivise la visione modernizzatrice per far diventare l’Italia grande tra i grandi. Ciao Paolo, che la terra ti sia lieve”.

Gianni Bonini: “La mia prima volta fu la primavera 1971 quando Preside di Architettura a Milano consentì l’occupazione della Facoltà alle famiglie sgomberate dalle case IACP occupate di via Tibaldi. Un grande architetto ed un uomo generoso, un riformista, vicino a Craxi ed al suo rinnovamento”.

Nel suo discorso a Domus Forum, Bonini disse: «Concedetemi a questo proposito un amarcord, visto che siamo a Milano, un fatto che ebbe un grande risalto sui giornali: l’occupazione della Facoltà di Architettura nel 1971 da parte degli studenti e delle famiglie sgomberate dalle case IACP occupate di via Tibaldi, col permesso di Paolo Portoghesi e la solidarietà del consiglio di facoltà di cui era Preside. Un’idea-forza, quella della progettazione partecipata inabissatasi poi carsicamente per riapparire oggi, nel 2016 alla Biennale di Venezia, come non di rado succede nella storia, dopo essere stato soffocata dalla sovrapposizione della rendita immobiliare con la scuola dell’edilizia popolare del socialismo reale. Una combinazione inevitabilmente vincente per le forze allora in giuoco, che relegò nel dimenticatoio anche La Casella, nonostante fosse arrivata all’atto finale in Consiglio Comunale dopo aver superato l’intero iter di approvazione urbanistica, finanziamenti compresi. Paradossalmente fu proprio la tensione politica progressista di quel momento storico, eravamo nel 1975, a decretare la sua deriva e però a questa politica urbanistica dobbiamo il caos delle nostre periferie, prive di forma e di funzionalità e la cultura antropica da esse prodotta, il male che divora l’unicità del nostro paesaggio urbano e ne smarrisce il genius loci».

Massimo Mazza: “Un grande architetto e un grande pensatore che con il postmoderno ha permesso all’architettura di uscire dalle gabbie delle teorizzazioni marxiste e razionaliste. Poi purtroppo arrivarono le Narcistar…”

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