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Le anime morte – Giorgio Agamben su Quodlibet

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QuodlibetNabokov, nel suo libro su Gogol’, ha provato a definire che cos’è il pošlost’, lo squallore dozzinale e smaccato in cui vivono i personaggi di quell’immenso scrittore dal cappotto del quale, diceva Dostoevskij, «noi tutti siamo usciti». Del pošlost’, emblema, sbirro e, insieme, incarnazione è Čičikov, l’ineffabile compratore di anime morte, cioè di quei defunti servi della gleba, per i quali il padrone continuava a pagare il testatico, procurando così loro una specie di fasulla sopravvivenza. Non credo di proporre nulla di stravagante, suggerendo che Čičikovsia per noi il simbolo di coloro che oggi governano – o credono di governare – la vita degli uomini. Come Čičikov, essi manipolano e trafficano, infatti, anime ormai morte, la cui sola parvenza di vita è che pagano esse stesse il testatico e acquistano i beni di consumo che gli si dice di comprare. Se poi queste anime siano veramente morte o se tali appaiano soltanto a coloro che li governano, non fa troppa differenza, dal momento che essenziale è che esse si comportino – e lo fanno così bene – come se fossero morte.

«Sì, certo sono morti» dice Cicikov delle sue anime «ma d’altra parte che cosa si ricava dai vivi di oggi? Che razza di uomini sono?», e all’interlocutore che gli obietta che questi almeno sono vivi, mentre le sue anime sono soltanto una finzione, risponde sdegnato: «Una finzione? Ma proprio! Se solo li aveste veduti… vorrei proprio sapere dove trovereste una finzione simile».

È bene riflettere su che cosa sia un tale stato-pošlost’, in cui tutto è organizzato in ogni particolare presumendo di aver a che fare soltanto con delle anime morte, che occorre puntualmente registrare, contare, timbrare e orientare nella direzione voluta. Se qualche anima sfugge alla conta e risulta invincibilmente viva si provvederà, quando non sia necessario eliminarla, a isolarla o a respingerla nei margini. Un tale stato-pošlost’ ha, infatti, unicamente bisogno di anime morte e guai a chi si ostina a essere vivo, a non obbedire ai decreti televisivi e alle prescrizioni del cellulare che è stato provvidenzialmente inserito nella sua bara.

Eppure anche Čičikov non riesce a farla franca fino alla fine, chi ha comprato solo anime morte si ritrova in ultimo a mani vuote e solo con la fuga riesce a sottrarsi al castigo. Un giorno, anche se non si sa quando, le anime che si sono lasciate finallora trattare come morte bruscamente si desteranno e non è detto che questa volta Čičikov riuscirà a salvare la pelle.

Fonte: Le anime morte, di Giorgio Agamben per la rubrica “Una voce” su Quodlibet

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