“Nessun potere può considerarsi immune al giudizio del popolo”

È romeno, ma è “di Praho”. E ama il tricolore italiano al pari di quello del paese natio. Claudiu Stanasel è consigliere comunale della Lega a Prato (molto attivo e rieletto alle amministrative del giugno scorso), ed è vicepresidente del Consiglio. Stanasel si è subito schierato per il ripristino della democrazia in Romania dopo l’esclusione del candidato Georgescu. A margine di un evento molto partecipato a Bologna, nel corso del quale ha denunciato il grave vulnus democratico rappresentato dalla decisione della Corte Costituzionale, proprio Stanasel ha concesso alcune riflessioni a Il Tazebao.
A dicembre sono stati i 35 anni dalla caduta del regime. Ricordiamo che la Romania ha sperimentato una dittatura di destra e una comunista. Forse nel percorso di edificazione della democrazia qualcosa non è andato per il verso giusto, anche se il popolo romeno ha sempre dimostrato di voler combattere per i suoi diritti. Cosa ne pensa?
La caduta del regime comunista in Romania nel 1989 ha rappresentato un momento di svolta storica, ma anche l’inizio di un percorso complesso verso la costruzione di una democrazia stabile e funzionante. La Romania, dopo aver attraversato un periodo di dittatura di destra negli anni ’40 e decenni di regime comunista sotto Ceaușescu, si è trovata a dover affrontare una transizione difficile, caratterizzata da sfide economiche, sociali e politiche. Nonostante la rivoluzione abbia portato alla fine del totalitarismo, il passaggio verso una democrazia compiuta non è stato privo di ostacoli. Corruzione, disuguaglianze sociali e un lento processo di riforme istituzionali hanno frenato lo sviluppo del Paese.
Uno dei problemi principali è stato l’eredità del regime comunista, che ha lasciato una società frammentata e una classe politica spesso incapace di rispondere alle esigenze dei cittadini. Inoltre, la mancanza di una cultura democratica consolidata ha reso difficile per molti romeni comprendere appieno i loro diritti e responsabilità come cittadini. Tuttavia, l’adesione all’Unione Europea nel 2007 ha rappresentato un importante passo avanti, fornendo alla Romania un quadro di riferimento per le riforme necessarie e un accesso a risorse fondamentali per lo sviluppo.
Nonostante i progressi, rimangono delle sfide. La lotta contro la corruzione, ad esempio, è un tema cruciale, e la società civile ha giocato un ruolo fondamentale nel chiedere maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle istituzioni. Credo che il futuro della Romania dipenda dalla capacità di coinvolgere le nuove generazioni, di investire nell’istruzione e di rafforzare lo stato di diritto. I giovani, in particolare, rappresentano una risorsa preziosa: sono loro che possono portare avanti i valori della democrazia e garantire che il Paese non torni mai più indietro. La storia della Romania ci insegna che la democrazia non è mai un traguardo definitivo, ma un processo continuo che richiede impegno, vigilanza e partecipazione.
Abbiamo assistito, con un certo stupore, a fatti che non ci aspetteremmo di vedere in un paese europeo, come la Romania. Di recente il premier francese ha addirittura dichiarato che quanto avvenuto in Romania – un intervento esterno per “correggere il voto” – potrebbe essere replicato anche altrove! Da cittadino romeno come ha vissuto questo frangente?
Quanto accaduto in Romania, con l’annullamento delle elezioni presidenziali da parte della Corte Costituzionale il 6 dicembre 2024, ha suscitato una forte reazione tra i cittadini romeni, che oggi chiedono giustizia, trasparenza e un ritorno immediato alla democrazia. Il giorno stesso del secondo turno delle presidenziali per i romeni all’estero, l’azione della Corte ha sollevato un’incredibile incertezza sulla legittimità del processo elettorale, ma ad oggi non sono state presentate prove che giustifichino tale sentenza. Questo ha generato un diffuso senso di ingiustizia tra la popolazione, che ora esige che le istituzioni restituiscano loro il diritto di esprimersi democraticamente e senza ulteriori ritardi.
I cittadini romeni non accettano che il ritorno alle urne venga fissato solo per maggio 2025, come stabilito dall’attuale Governo. La richiesta di un ritorno immediato alla democrazia è forte e chiara: la nazione non può permettersi di aspettare ancora mesi per risolvere una crisi che mina la fiducia nelle istituzioni. La democrazia, come valore fondamentale, non può essere posticipata; ogni giorno che passa senza un intervento chiaro e deciso per ristabilire il corretto svolgimento delle elezioni è un giorno che alimenta il disincanto e la sfiducia.
Oltre alla questione politica, l’annullamento delle elezioni comporta anche un grave spreco di risorse pubbliche. Sebbene non siano ancora disponibili i dati precisi sui costi dei primi e secondi turni delle presidenziali del 2024, le elezioni generali in Romania hanno avuto un costo significativo. Le elezioni parlamentari del 2020, ad esempio, sono costate circa 100 milioni di euro. Un nuovo ciclo elettorale, con il rischio di ripetere tutto da capo, comporta un aggravio economico che il paese non può permettersi, soprattutto in un periodo di incertezze politiche ed economiche.
Come cittadino romeno, ho vissuto questa situazione con preoccupazione e, al tempo stesso, determinazione. La preoccupazione nasce dalla gravità di un evento che mina la credibilità delle istituzioni democratiche, mentre la determinazione è quella di continuare a difendere i principi di democrazia, giustizia e trasparenza, che sono alla base di ogni Stato di diritto.
Ad oggi, la Romania è guidata da un presidente il cui mandato è scaduto il 21 dicembre 2024, e che continua a occupare la presidenza in una situazione di illegittimità istituzionale. Questo non solo mina la stabilità politica, ma crea un vuoto di legittimità che è insostenibile. La comunità romena in Italia, insieme alla diaspora mondiale, sta al fianco dei cittadini romeni in questa battaglia per la giustizia. È fondamentale che le voci dei romeni all’estero vengano ascoltate e che tutta la politica europea si impegni a risolvere questa situazione con urgenza, per ristabilire un sistema elettorale trasparente e giusto. Solo attraverso un ritorno immediato alla democrazia, senza ulteriori ritardi, sarà possibile ristabilire la fiducia nelle istituzioni e costruire un futuro migliore per tutti i cittadini romeni e dare un segnale di estrema importanza per tutto il vecchio continente.
Cosa – se lo sa – pensa di fare il candidato escluso?
Călin Georgescu, il candidato escluso, rappresenta un caso emblematico di come le dinamiche politiche possano interferire con la volontà popolare. La sua esclusione ha sollevato interrogativi sulla trasparenza del processo elettorale e sull’influenza delle élite politiche e giudiziarie nelle scelte democratiche. Georgescu, noto per le sue posizioni conservatrici e il suo approccio pragmatico, ha dichiarato che non si arrenderà e intende contestare questa decisione sia legalmente che politicamente.
Questa esclusione, però, solleva anche gravi dubbi sul ruolo della Corte Costituzionale della Romania. La Corte, composta da giudici che rappresentano i partiti politici dell’establishment romeno al potere prima delle recenti elezioni, ha preso decisioni che hanno sollevato seri dubbi sulla loro imparzialità. In particolare, alcuni giudici della Corte sono stati accusati di aver agito in difesa degli interessi di gruppi politici che potrebbero aver avuto interesse a escludere determinati candidati dalla competizione elettorale. Secondo quanto riportato, la Corte ha agito in modo tale da ignorare il diritto dei cittadini romeni, soprattutto quelli all’estero, di partecipare liberamente al processo elettorale, annullando di fatto il loro voto. Questa mancanza di trasparenza e la percezione di conflitti di interesse all’interno della Corte hanno contribuito a minare la fiducia nelle istituzioni giuridiche e politiche del paese.
Dal punto di vista strategico, Georgescu potrebbe sfruttare questa crisi come un’opportunità per rafforzare il suo messaggio politico. La sentenza della Corte lo pone nella posizione di reale vittima di un sistema che sembra voler escludere voci scomode, un ruolo che potrebbe mobilitare una base elettorale sempre più stanca delle ingiustizie percepite. Tuttavia, la sua capacità di trasformare questa sfida in una vittoria dipenderà dalla sua abilità nel costruire alleanze e nel comunicare un programma politico chiaro e convincente, che risponda alle esigenze della popolazione.
Questa situazione solleva anche una questione più ampia: l’importanza di garantire elezioni libere e giuste in ogni circostanza. Come rappresentante delle istituzioni, ritengo che il diritto di ogni candidato di partecipare alle elezioni sia fondamentale per la democrazia. Se questo diritto viene minato, si rischia di compromettere non solo la credibilità del processo elettorale, ma anche la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. La lotta di Georgescu potrebbe portare a un dibattito più ampio sulle riforme necessarie per rafforzare il sistema democratico in Romania, mettendo in discussione il ruolo delle élite politiche e giuridiche e proponendo un ritorno alla trasparenza e all’indipendenza delle istituzioni.
Desidero sottolineare e apprezzare il fatto che, dalla sentenza ad oggi, Georgescu non ha mai incitato alla violenza i suoi sostenitori. Anzi, ha chiesto ripetutamente pace, rispetto della legge, manifestazioni pacifiche e fiducia nella giustizia e nelle istituzioni, pur portando avanti le sue istanze contro la sentenza. Ha presentato ricorsi non solo alla giustizia romena, ma anche agli enti della giustizia europea e mondiale, cercando giustizia attraverso tutti i canali legali disponibili. Questo comportamento responsabile e rispettoso delle istituzioni, anche in un momento di grande difficoltà, è un esempio di come la politica dovrebbe essere condotta, con fermezza e rispetto per le regole democratiche.
I romeni, quando vanno in piazza, basta ricordarsi l’89, possono far male al potere. Cosa dimostrano queste piazze?
Le piazze romene rappresentano il cuore pulsante della democrazia del Paese, un luogo dove la volontà popolare si esprime con forza e determinazione. La rivoluzione del 1989, che ha segnato la caduta del regime comunista di Ceaușescu, è il simbolo più potente di questa capacità del popolo di cambiare il corso della storia. Da allora, i romeni hanno dimostrato più volte di essere pronti a scendere in piazza per difendere i loro diritti e denunciare le ingiustizie. Le grandi proteste del 2017 contro le riforme giudiziarie che avrebbero indebolito la lotta alla corruzione sono un esempio recente di come la società civile sia rimasta vigile e attiva.
Queste piazze dimostrano che il popolo romeno ha una profonda consapevolezza del proprio potere e del valore della libertà. È una lezione importante non solo per la Romania, ma per tutta l’Europa, che spesso tende a sottovalutare il ruolo della mobilitazione popolare nella difesa della democrazia. La capacità dei romeni di unirsi, superando divisioni politiche e sociali, è un segnale forte: la democrazia non è solo un sistema istituzionale, ma una responsabilità condivisa che richiede partecipazione e impegno continuo.
Come cittadino romeno e come rappresentante istituzionale, vedo in queste piazze una fonte di ispirazione. Esse ci ricordano che la politica deve rispondere alle esigenze reali delle persone e che nessun potere può considerarsi immune al giudizio del popolo. La diaspora, in particolare, gioca un ruolo fondamentale in questo processo, portando con sé l’esperienza di altre democrazie e contribuendo a rafforzare il legame tra il popolo e le istituzioni. Le piazze romene sono un esempio di resilienza e speranza, un segnale che il cambiamento è possibile quando c’è unità e determinazione.
Nelle ultime settimane, le piazze romene sono state teatro di manifestazioni significative con decine di migliaia di persone in piazza in tutto il Paese. La più recente è quella del 24 gennaio 2025, in occasione della Giornata dell’Unione dei Principati, migliaia di persone si sono radunate in tutte le principale Piazze della Romania per protestare contro la Sentenza della Corte e contro le recenti ordinanze del nuovo Governo che hanno suscitato ampie critiche. I manifestanti hanno espresso il loro disappunto per quella che definiscono “l’ordinanza della povertà” e per l’annullamento di elezioni che avevano ottenuto un ampio consenso popolare, accusando le autorità di ignorare la volontà del popolo.
Italia e Romania vantano un interscambio intorno ai 12 miliardi. Come si può migliorare la già buona cooperazione tra i nostri “due tricolori”?
L’Italia e la Romania condividono un legame storico, culturale ed economico che ha permesso di sviluppare una relazione solida e proficua. Con un interscambio commerciale di circa 12 miliardi di euro, l’Italia è uno dei principali partner economici della Romania. Tuttavia, c’è ancora un enorme potenziale inespresso che può essere sfruttato per rafforzare ulteriormente questa cooperazione.
Un primo passo fondamentale è incentivare gli investimenti reciproci. Le imprese italiane, già molto presenti in Romania, possono espandere le loro attività in settori strategici come l’energia rinnovabile, l’agroalimentare e la digitalizzazione. Allo stesso tempo, le aziende romene possono trovare in Italia un mercato ricettivo per i loro prodotti, soprattutto nell’ambito delle nuove tecnologie e dell’artigianato di qualità.
Un altro aspetto cruciale è il rafforzamento delle collaborazioni culturali ed educative. Programmi di scambio tra università, progetti congiunti nel settore della ricerca e iniziative culturali possono favorire una maggiore comprensione reciproca e creare nuove opportunità per i giovani. La diaspora romena in Italia, che rappresenta una delle comunità straniere più numerose e integrate, può fungere da ponte naturale per facilitare questi scambi.
Inoltre, è importante promuovere una maggiore cooperazione istituzionale. I governi dei due Paesi possono lavorare insieme per semplificare le procedure burocratiche, favorire l’accesso ai fondi europei e sviluppare progetti infrastrutturali comuni. La creazione di tavoli di lavoro congiunti tra le amministrazioni locali, come i gemellaggi tra città, può essere un modo efficace per portare avanti iniziative concrete e rafforzare il legame tra i “due tricolori”.
Il recente vento sovranista, partito dall’Italia e rafforzato dall’elezione di governi di centrodestra in tutta Europa, apre prospettive straordinarie per una cooperazione ancora più stretta tra i due Paesi. Le forze europee di centrodestra rappresentano una leadership forte e determinata, in grado di rilanciare le economie nazionali e consolidare le relazioni bilaterali attraverso politiche mirate e una visione comune. L’elezione di Giorgia Meloni in Italia non solo ha segnato un momento storico per l’Italia ma ha fatto, allo stesso tempo, da catalizzatore per ulteriori vittorie conservatrici in Europa. Questo scenario crea un terreno fertile per una collaborazione più profonda tra Italia e Romania, non solo sul piano bilaterale ma anche all’interno dell’Unione Europea, dove entrambi i Paesi possono giocare un ruolo chiave nella promozione di valori comuni, nella difesa della sovranità nazionale e nel rafforzamento delle identità culturali.
In questa cornice, il consolidamento di un’alleanza strategica tra i due governi può portare a nuove sinergie, sia in ambito economico che politico, contribuendo a plasmare il futuro dell’Europa su basi più solide e coerenti con le aspirazioni dei cittadini.
Caro Stanasel, lei è consigliere in una delle città più importanti del Centro Italia, nota nel mondo per l’industria e la sua voglia di lavorare. Non senza contraddizioni. Come va l’integrazione della comunità romena?
L’integrazione della comunità romena a Prato è una storia di successo, ma anche di sfide ancora da affrontare. Con oltre 3.000 cittadini romeni residenti a Prato, la nostra comunità è una delle più numerose e dinamiche della città. Questo testimonia non solo l’importanza della presenza romena, ma anche il suo contributo significativo alla vita economica, sociale e culturale di Prato.
I dati Istat confermano che la comunità romena in Italia è la più numerosa tra le comunità straniere a livello nazionale, con oltre 1.073.000 cittadini romeni residenti al 1º gennaio 2024, pari al 20,4% del totale degli stranieri nel paese. A livello nazionale, siamo la principale comunità straniera, rappresentiamo la seconda forza lavoro dopo gli italiani e parliamo la seconda lingua più diffusa in Italia, dopo l’italiano.
Dal punto di vista economico, molti romeni sono attivi in settori chiave come l’edilizia, il tessile e i servizi. La loro dedizione e il loro spirito imprenditoriale hanno contribuito a rafforzare il tessuto economico locale. Tuttavia, è fondamentale continuare a lavorare per garantire che i lavoratori romeni abbiano accesso a condizioni di lavoro dignitose e a opportunità di crescita professionale.
Sul piano culturale, la comunità romena ha portato una ricchezza di tradizioni, lingua e valori che arricchiscono il panorama multiculturale di Prato. Eventi come festival culturali e celebrazioni religiose sono occasioni importanti per promuovere il dialogo e la comprensione reciproca tra le diverse comunità della città. Tuttavia, l’integrazione non è solo una questione di partecipazione economica e culturale. È essenziale lavorare sull’educazione e sull’inclusione sociale, in particolare per le nuove generazioni. Le scuole di Prato stanno già svolgendo un ruolo fondamentale in questo senso, ma è necessario investire ulteriormente in programmi di supporto linguistico e orientamento per i giovani romeni e le loro famiglie.
Come punto di riferimento istituzionale della comunità, mi impegno quotidianamente per costruire ponti tra i cittadini romeni e le istituzioni locali. Credo che l’integrazione sia un processo bidirezionale: richiede impegno sia da parte della comunità ospitante sia da parte della comunità immigrata. Solo attraverso il dialogo, la collaborazione e il rispetto reciproco possiamo creare una società inclusiva, in cui ogni cittadino, indipendentemente dalla sua origine, possa sentirsi parte di un progetto comune.