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Pillole di Estremo Oriente. Il tè e la sua filosofia

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Pillole di Estremo Oriente, a cura di Maria Chiara Donnini. Oggi parliamo di una tra le bevande più apprezzate e con una storia affasciante: il tè.

Nei dipinti cinesi la figura di Bodhidharma (ritenuto il primo patriarca del Buddismo detto Ch’an in cinese, o ch’an-na che è la trascrizione in sanscrito Dhyana, parola tradotta come meditazione) viene sempre ritratto con gli occhi sbarrati. La leggenda vuole che si fosse tagliato le palpebre per impedire il suo assopimento. Si narra, infatti, che incautamente durante una meditazione si fosse addormentato, allora dalle sue palpebre cadute a terra sembra che siano nate le prime piantine del tè.

La dinastia Tang e una codificazione del tè

Lu Yu è da considerarsi l’altra figura determinante del capitolo sulla storia del tè, con molta provabilità è vissuto durante la dinastia Tang,(618-906 d.C.) e a lui si deve la stesura del Canone del tè, Il Chajing. Esso comprende la coltivazione, la lavorazione e la degustazione ed è considerato il più antico testo al mondo in ambito cinese su questo argomento, il capostipite dei trattati sul tè chiamati cháshsǔ.

Nel suo trattato Lu Yu scrive nel Canone del Tè: “Il tè si presenta nelle seguenti forme: grossolano, in foglie, in polvere in pani. Viene trinciato, riscaldato, si conserva in vasi di terracotta o otri dalla bocca stretta. Se si versa sopra dell’acqua bollente, questo si chiama yecha, alcuni aggiungono cipolle, zenzero, giuggiole, scorza di mandarino, coriandolo e altro e lo fanno bollire con cento bolliture”.

La dinastia Tang  è da considerarsi uno dei momenti di massimo splendore dell’arte cinese, in cui furono stesi bene otto trattati sul tè, benché solo tre ci sono pervenuti. Inoltre nello stesso periodo storico la cerimonia del tè fu introdotta in Giappone, ma è in Cina con la dinastia Sung (960-1279) che ebbe la massima diffusione, ed è proprio qui, che fu associata dai monaci alla cultura Zen (così detta in giapponese dottrina che ispirò la poesia, l’arte di disporre i fiori, il giardino, l’arte della calligrafia, la pittura, il teatro, l’arte culinaria, le arti marziali, l’arte della spada e del tiro con l’arco).

Le connessione con la dottrina Zen

I monaci erano soliti sorseggiare il tè durante le meditazioni che duravano lungamente, ed era loro abitudine passarsi una grande ciotola in gres semplice, ma perfetta nelle sue forme, l’uno con l’altro, mentre sedevano nella grande sala della meditazione fatta di forme architettoniche essenziali per sottolineare l’esercizio spirituale che stavano svolgendo, concentrati essenzialmente su se stessi e non sull’aspetto esteriore dell’ambiente che li accoglieva. Lo scopo essenziale dello Zen era quello di liberare la mente dalle distrazioni e di non pensare al corpo, ma concentrare le proprie attenzioni ad un unico scopo.

Nel corso del tempo i monaci associarono il gusto del tè e il suo rito con gli ideali estetici dello Zen e a quegli aspetti spirituali che davano pace e tranquillità e quindi conseguentemente alla salute del proprio corpo. Per comprendere bene questo momento di grazia è bene sottolineare come le forme del vivere quotidiano fossero unite in una comune estetica che spesso si integravano le une con le altre per la comunione concettuale. Il giardino, per esempio, notoriamente univa l’interno e l’esterno dell’abitazione come espressione del rapporto tra uomo e natura, divenne anch’esso un’appendice e componente scenografica della cerimonia del tè.

Una stanza dedicata al tè

Infatti, i monaci nel tempo abbandonarono la stanza della meditazione, e trasferirono la cerimonia in una parte periferica del giardino attiguo al monastero, che consisteva in una struttura coperta da paglia di riso. Fu introdotta così la Casa del tè, chaseki, per un momento di contemplazione, per armonizzare la propria essenza spirituale e assaporare il pathos delle cose semplici e perfette che la componevano. In Giappone la stanza del té, anche oggi, è largamente diffusa nel suo uso, e può avere varie dimensioni e può essere anche piccola, le finestre spesso sono schermate, dove la luce filtra molto diffusa conferisce un fascino particolare agli oggetti esposti che sono essenziali nella loro composizione: per esempio, un kakemono, cioè un rotolo con un dipinto, oppure uno con soggetto calligrafo, mentre  in un angolo è presente una composizione floreale lateralmente su un pilastro di legno grezzo che sorregge il soffitto è appeso un piccolo vaso con un unico fiore reciso per apprezzarne la sua totale bellezza.

La stanza del tè è un luogo spirituale, è il luogo rappresentativo dell’estetica della cultura Zen, dove i pochi elementi sono messi in evidenza e vivono in uno spazio, fatto di vuoti, dove il vuoto fisico corrisponde a quello psicologico. Gli attori che vivono gli accadimenti della cerimonia del tè, sono lontani dal mondo reale e dalla mondanità per un momento di silenzio fatto d’intensità spirituale .

Quattro sono i principi spirituali fondamentali come componenti base per il rito del tè: l’armonia, estesa all’ambiente naturale alle persone e agli oggetti usati, anche se nell’uso quotidiano di questi ultimi hanno assunto dei difetti o delle rotture, ugualmente sono apprezzati per l’estetica e per l’occasione a cui sono destinati. Il rispetto è riservato verso tutte le cose esistenti, per la capacità che hanno di trasmettere la serenità alla vita. La purezza considerata la qualità interiore con la quale si affrontano gli accadimenti di quest’ultima. La tranquillità che è conseguente ai principi precedenti. Insieme alla spontaneità, che deriva dall’aver interiorizzato tali concetti e che permette di espletare un rito così altamente spirituale da risultare di estrema semplicità e di eleganza acquista.

La pianta di Camelia sinensis che è coltivata in Cina e Giappone, India, Sri Lanka, e Kenya è la pianta da cui viene ricavato con vari procedimenti quello che comunemente si intende per tè. Esso ha un gusto leggermente amaro, ma che si armonizza perfettamente con altri ingredienti per creare varie bevande da sorseggiare in varie stagioni dell’anno e a varie altitudini terresti. Si possono classificare sei tipi di tè, provenienti tutti da una medesima pianta, ma con diversi trattamenti possiamo classificarli in tè nero-tè verde- tè oolong-tè bianco-tè giallo -il tè Pu’er o tè post-fermentato. La classificazione è data dall’ossidazione delle foglie. I tè neri sono fermentati e completamente ossidati, mentre i tè verdi non lo sono e gli oologia sono semi fermentati. Il tè è una bevanda che contiene caffeina, un alcaloide stimolante del sistema nervoso centrale, teatina, la catechina un antiossidante presente soprattutto nel tè verde. Gli effetti della bevanda derivano dalla durata dell’infusione , dalla temperatura dell’acqua, per esempio una infusione breve di 2 minuti estrae la caffeina che ha un effetto stimolante. Mentre una fusione più lunga 3-5 minuti estrae l’acido tanninico che disattiva la caffeina e rende amaro il gusto del tè disattivando l’effetto stimolante.

Lu Yu nel suo trattato illustra i benefici del tè: “Se si soffre di disidratazione, melanconia, dolori di testa, aridità degli occhi, dolori alle quattro membra, rigidità delle cento articolazioni, se ne prendono quattro o cinque sorsi…” (Dal già citato canone del Tè). Questa bevanda che è diventata estremante diffusa in tutto il mondo, ha avuto la capacità di creare un estetica del gesto e delle buone maniere legate, essenzialmente alla cultura orientale come Cina e Giappone. In quest’ultimo paese la sua cultura è legata soprattutto al mondo mitico delle Geishe “La cerimonia del tè è una parte molto importante nel tirocinio di una Geisha. Capita abbastanza spesso che un ricevimento in una residenza privata inizi con una breve funzione di questo tipo” (Da “Memorie di una Geisha” di Artur Golden).

La passione europea per il tè

La bevanda del tè fu introdotta in Occidente tramite la Compagnia delle Indie, con questo termine si identificano un insieme di società costituite intorno al XVII secolo alle quali fu affidato il commercio di spezie, di tè, seta, porcellane, cioè tutto quello che identificava il gusto qualificato delle manifatture dell’estremo oriente.

La compagnia Inglese delle Indie Orientali fu fondata nel 1600, mentre quella olandese nel 1602. Questi commerci oltre a introdurre in Occidente nuove mercanzie e di conseguenza anche nuovi gusti e a diffonderne il loro uso, introdussero soprattutto quello delle porcellane, che risultò essere estremante raro e costoso a quel tempo e acquisito solo da nobili casati, e ricchi mercanti, ma diffusa anche tra la gente comune con oggetti di uso meno ricercati.

Il tè e la porcellana: binomio inscindibile

La Cina creò delle porcellane per l’esportazione, che genericamente viene detta “Compagnia delle Indie”, denominazione nata in Francia, mentre nel 1862 Jacquemart nel suo trattato “Historie Artisique Industielle et Commercialle de la porcellaine” introduce la metodologia del primo studio sistematico proprio per identificare questo tipo di manifattura creata per l’Europa e la suddivisione in famiglia verde, gialla, rosa nera in base al colore di fondo che era predominante nella composizione delle decorazioni. Infatti nel XVII secolo la Compagnia delle Indie Orientali Olandesi divenne la più grande esportatrice per l’Europa di porcellane, oltre al tè e spezie, etc.

Così anche il tè entrò con grandi onori nelle abitudini dell’aristocrazia in particolare in quella inglese e olandese, i nobili amavano degustare la bevanda nelle raffinate tazze cinesi e molti di loro si fecero ritrarre da famosi artisti proprio in questo particolare momento della giornata ,che nel tempo notoriamente è stata individuata intorno alle five o’clock.

L’uso del tè è legato a quello della porcellana, Lu Yu nel suo canone del 732 introduce questo argomento: “Le tazze (del tè ) wan prodotte a Yuezhou sono le migliori. Vengono poi, nell’ordine quelle delle manifatture di Dinzhou, Wuzhou, dell’altra Yuezhou, di Shouzhou e Hongzhou. Secondo alcuni quelle prodotte a Xingzhou sono migliori di quelle Yuezhou, ma non è affatto così. Se la porcellana Xing è come l’argento, quella Yue è come la giada, e questa è la prima differenza tra i prodotti di Xing e quelli di Yue”.

Così nel trascorrere del tempo con la diffusione delle varie Compagnie delle Indie, la notizia del tè si divulgò rapidamente in Occidente. Nel 1650 gli olandesi introdussero il tè a New Amsterdam, oggi New York negli attuali Stati Uniti d’America.

Questa gustosa bevanda diventò così importante nella vita delle persone tanto da essere la causa nel 1773 nella città di Boston negli Stati Uniti d’America dell’inizio della Rivoluzione Americana (Boston Tea Party), gli abitanti, rovesciarono le casse del tè nelle acque del porto per protestare contro la tassa introdotta dalla Compagnia delle Indie Inglesi, episodio che cambiò la vita di molte generazioni e fu l’inizio della fine della Compagnia delle Indie.

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