A colloquio con Giulio Centemero, Deputato eletto nelle file della Lega e da sempre molto vicino al Libano.
Abbiamo letto e apprezzato molto, al pari di tanti libanesi, il suo tweet in occasione del 4 agosto. Da amico del popolo libanese, come ha vissuto la tragedia del 4 agosto? Come mai è tanto difficile ottenere giustizia?
“Ricordo che appresi la notizia e il giorno successivo (presiedeva Mara Carfagna) volli segnalare l’accaduto intervenendo alla Camera in apertura dei lavori. È stato un colpo al cuore vedere quella città, che è stata protagonista e testimone di tanti momenti felici della mia vita, dilaniata da un’esplosione tanto potente e distruttiva. È stato un colpo al cuore pensare che i libanesi, già provati da tanti accadimenti, dovessero affrontare anche questo. È sempre difficile ottenere giustizia anche in stati di diritto come il nostro, figuriamoci in uno stato, come il Libano, dove mille equilibri spesso di natura “settaria” vengono mantenuti anche con la coercizione e l’uso della violenza”.
La cooperazione tra i popoli del Mediterraneo è essenziale. È un terreno nel quale l’Italia si è sempre distinta, come ci ha ricordato il Professor Mouin Hamze del CNRS, che ha citato il caso del battello Cana.
Possiamo sapere di più del suo impegno nel PAM e in generale dei parlamentari italiani?
“Ricordo bene il battello Cana, me ne parlò l’ex Ambasciatore d’Italia a Beirut Marotti. Di sicuro fu un’esperienza molto positiva, un punto di partenza di collaborazione tra le nostre comunità scientifiche. L’Italia inoltre è molto presente in Libano con la propria cooperazione e soprattutto con il proprio contingente in Unifil, di stanza a sud della città di Tiro. Seguendo il canale twitter della nostra ambasciata si possono vedere tutte le iniziative messe in campo (@ItalyinLebanon). A livello di PAM le attività non si fermano mai; personalmente coordino il panel economico e per esempio visitai il Beirut Digital District e alcuni esponenti della community di startuppers di Tripoli al fine di individuare potenziali attori per lo “startup market del Mediterraneo”, un progetto che lanceremo questo autunno con una conferenza stampa a Salerno”.
Il Libano vive una crisi complessiva. Non solo finanziaria (come spiegatoci da Wissam Fattouh) ma anche economica, data dalle carenze del sistema produttivo, cui si assommano le profonde divisioni e il deficit infrastrutturale.
Quali riforme, che comunque richiedono tempo, dovrebbe attuare il Paese?
“Guardi, mi sento di essere ottimista. Il Libano è talmente piccolo che le riforme si farebbero in poco tempo e con effetti visibili a breve. La più grossa e importante riforma sarebbe la secolarizzazione del Paese in ottica di certezza del diritto. Si può anche semplicemente partire da un minimo di devoluzione dei poteri (come sostenuto anche da Roger Eddé) in materie specifiche: energia, trasporti, ambiente per esempio. Un po’ di democrazia diretta, senza l’intermediazione dei soliti balletti di equilibri “settari”, porterebbe a uno sviluppo e competizione tra territori. Impossibile già ora non individuare le differenze tra municipalità come Jbeil o Zahle un po’ meglio organizzate della media delle municipalità libanesi”.
I cristiani svolgono da sempre una funzione essenziale nella società e sono apprezzati anche dalle altre comunità religiose. Ce ne siamo resi conto con la comunità maronita della Montagna. Il Libano è l’ultimo paese del Medioriente dove possono vivere e professare sereni la propria Fede.
Cosa dobbiamo fare per tutelarli?
“Dobbiamo fare in modo che rappresentino la parte più avanzata della società libanese. Per esempio Franca Giansoldati nel libro “L’alfabeto verde di Papa Francesco” mostra come la Chiesa possa sensibilizzare centinaia di milioni di persone su temi come la sostenibilità. Proseguendo nell’esempio un Libano sostenibile e autosufficiente da un punto di vista energetico è un obiettivo raggiungibile visto il significativo irraggiamento solare. Un Libano sostenibile e autosufficiente limiterebbe le importazioni e aumenterebbe la presenza di società (e lavoratori) libanesi nel settore, decrementando la dipendenza dall’estero (anche politica), spezzando il cartello delle mafie e mafiette (spesso legate ai capi bastone dei partiti politici) dei generatori. Si giustificherebbe anche una modifica della politica monetaria in generale: il Libano deve trasformarsi da deficit a surplus country, ossia da importatore a esportatore. Dobbiamo inoltre cominciare a parlare di Libano in maniera positiva, evidenziandone i talenti, come Nubar Afeyan, armeno di Beirut che dagli USA ha fondato Moderna o l’avvocato Amal Clooney, giusto per rimanere sull’attualità. Nessuno, per esempio, ricorda mai che Nassim Taleb è libanese”.
Italia e Libano, paesi e popoli amici. È chiaro che se il Libano collassa tutto il Medioriente, tutto il Mediterraneo, ne risentono. Abbiamo visto che Francia e, fatto notevole, anche Germania, si stanno muovendo.
Cosa può fare materialmente il nostro Paese per il Libano? Il governo Draghi ha a cuore le sorti del popolo libanese?
“L’Italia è presente come colonna portante della missione Unifil e non passa mese che la nostra cooperazione non realizzi un’opera o porti avanti un progetto nel Paese dei Cedri. Vanno rafforzati questi legami anche tramite gemellaggi tra le amministrazioni pubbliche, a cominciare dai parlamenti e da enti quali Consob e Banca d’Italia al fine di aumentare la trasparenza del sistema. Il primo ministro Draghi si è già esposto nei confronti di Erdogan e questo dimostra di per sé la rinnovata attenzione per quelle geografie e i propri abitanti, probabile conseguenza della rinnovata attenzione statunitense sul Mediterraneo. Dobbiamo però fare di più. L’Italia può giocare un ruolo fondamentale”.
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