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La crisi del Libano e le possibili vie d’uscita secondo Wissam Fattouh (Unione delle Banche Arabe)

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Lorenzo Somigli e Roberta Vaduva hanno intervistato Wissam Fattouh, Segretario Generale dell’Unione delle Banche Arabe.

È una crisi complessiva. È il collasso di un sistema che non ha saputo sfruttare gli anni d’oro e non ha fatto le riforme necessarie. Il Libano vive uno dei momenti più bui della sua storia recente. A delineare un quadro preoccupante è Wissam Fattouh, Segretario Generale dell’Unione delle Banche Arabe che ci accoglie nel suo ufficio nel distretto di Mina Al Hosn di Beirut.

L’Unione delle Banche Arabe, nata nel 1973 a Beirut, è un attore prezioso perché si prefigge di fare da ponte tra le banche arabe e il sistema finanziario globale. Oltre alle banche libanesi, vi aderiscono quelle di Algeria, Egitto, Iraq, Giordania, Bahrain, Marocco, Arabia Saudita, Kuwait, Libia, Palestina, Qatar, Mauritania, Oman, Sudan, Siria, Emirati Arabi Uniti, Tunisia, Yemen, Djibouti, Somalia.

Una crisi complessiva, di cui anche gli altri paesi devono preoccuparsi

Le informazioni che condivide con noi, frutto di un rapporto di agosto 2021, fotografano un’economia distrutta: indice di povertà al 55% nel 2020, tasso di disoccupazione che passa dal 18,5% nel 2019 al 36,9% nel 2020 e atteso al 41,4% a fine 2021, in un anno e mezzo si sono dimezzate le riserve di moneta estera, il settore bancario ha registrato una contrazione del capitale totale calando di poco più di 4 miliardi di dollari miliardi di dollari nell’arco di appena un anno e mezzo (ottobre 2019-maggio 2021), l’acquisto di titoli in moneta estera cala del 44% nello stesso periodo.

A questo, come ci illustra, si sommano i ritardi strutturali del Libano ovverosia “l’assenza di una rete infrastrutturale accessibile, l’elettricità, essenziale per ogni attività, che salta (come ci ha spiegato anche Mouin Hamze), la rete internet che non funziona” ma anche “un’agricoltura debole e ancora molto arretrata e un manifatturiero quasi del tutto inesistente”, sintomi di una mancata diversificazione che, in momenti di crisi generale, si fa sentire.

A risentire di questa crisi è il settore privato che secondo Fattouh dovrebbe essere, invece, incoraggiato in quanto elemento di rinnovamento e dinamismo nella società tanto da proporre nuove privatizzazioni perché il pubblico si è dimostrato inadeguato e corrotto.

Anche per questo, sottolinea Fattouh, la situazione del Libano dovrà essere presa in esame durante il prossimo G20 di Roma in programma il 30 e 31 ottobre.

Può essere questa l’occasione per l’Italia di aiutare concretamente il Paese dei Cedri: “Al momento solo la Francia si spende per il Libano facendo passare la sua posizione come quella di tutta l’Europa. Il loro atteggiamento, però, è molto più predatorio di quello di altri paesi come l’Italia. Mi piace ricordare di quando nel 2006 grazie a Prodi si fermarono gli attacchi di Israele contro il nostro paese. Questo è un aiuto concreto e di cui abbiamo bisogno”.

Continuando con i dati, facendo un rapido paragone fra la crescita – nel caso libanese si parla di decrescita – del PIL nel 2019 e quella del 2020, lo scenario che si palesa non è per nulla rassicurante: nel 2019 il PIL ha registrato una decrescita di -6.7% mentre nel 2020, la contrazione è stata del -25%, passando da 52.6 miliardi di dollari a 19.1 miliardi, sempre in moneta americana. È superfluo aggiungere che nessuno si aspetta una crescita per l’anno corrente.

È troppo tardi – gli domandiamo – per salvare il sistema bancario libanese? “Non è mai troppo tardi, dipende tutto dalla politica, una politica che ha allocato male le risorse dei libanesi e che continua a farlo indebitandosi con la Banca Centrale. Banca Centrale che, nonostante sia consapevole dell’impossibilità di avere indietro i soldi, continua a prestarli al governo. In fin dei conti, se non ti puoi fidare del tuo governo, di chi allora?”

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English version

It is an overall crisis. It is the collapse of a system that has not been able to exploit its golden years. Lebanon is experiencing one of the darkest moments in its recent history. Wissam Fattouh, Secretary General of the Union of Arab Banks, outlines a worrying picture, welcoming us to his office in the Mina Al Hosn district of Beirut. The Union of Arab Banks, founded in 1973 in Beirut, is a valuable player aiming to act as a bridge between Arab banks and the global financial system. In addition to Lebanese banks, its members include banks from Algeria, Egypt, Iraq, Jordan, Bahrain, Morocco, Saudi Arabia, Kuwait, Libya, Palestine, Qatar, Mauritania, Oman, Sudan, Syria, United Arab Emirates, Tunisia, Yemen, Djibouti and Somalia.

The information he shares with us, from a report of August 2021, depicts a broken economy: poverty index at 55% in 2020, unemployment rate rising from 18.5% in 2019 to 36.9% in 2020 and expected to top 41.4% at the end of the year, foreign currency reserves halved in a year and a half, the banking sector experienced a contraction of total capital dropping by just over $4 billion between October 2019 and May 2021, the purchase of foreign currency securities dropped by 44% in the same period.

In addition to this, as he explains, there are Lebanon’s structural delays, namely “the lack of an accessible infrastructure network, electricity, which is essential for any activity, is cut off, the internet does not work”, but also “a weak and still very backward agriculture and manufacturing that is almost completely non-existent”.

All of them are symptoms of a lack of diversification that is felt at times of general crisis. According to Fattouh, the private sector should be encouraged as an element of renewal and dynamism in society, and new privatisations should be proposed because the public sector has proved itself inadequate and corrupt.

This is another reason why the “Lebanese question” should be put on top of the agenda during the G20 meeting in Rome on 30 and 31 October.

This could be an opportunity for Italy to concretely help the Country of the Cedars:

“At the moment, only France is committed to Lebanon, passing its position off as European’s one. Their attitude, however, is much more predatory than that of other countries like Italy. I like to recall that in 2006, thanks to Prodi, Israel’s attacks on our country were stopped. This is a concrete help that we need”.

Continuing analysing the data, making a quick comparison between the growth – in the Lebanese case we speak of decrease – of the GDP in 2019 and that of 2020, the scenario that emerges is not at all reassuring: in 2019, the GDP recorded a decrease of -6.7% while in 2020, the contraction was -25%, from $ 52.6 billion to $ 19.1 billion, always in US currency. Needless to say, no one expects growth in the current year.

Is it too late to save the Lebanese banking system?

“It is never too late, it all depends on politics, a politics that has misallocated the resources of the Lebanese people and continues to do so by getting into debt with the Central Bank, a Central Bank that, despite being aware of the impossibility of getting the money back, continues to lend it to the government. At the end of the day, if you can’t trust your government, then who can you trust?”


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