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Giovani, laici e arrabbiati: linfa per un nuovo Libano?

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Sono i giovani, svincolati dal confessionalismo, la leva di un possibile cambiamento interno al Libano?

«Il vecchio mondo sta morendo.
Quello nuovo tarda a comparire.
E in questo chiaroscuro nascono i mostri».
Antonio Gramsci

Ordo ab chao. Ad un certo punto in ogni guerra o faida il tributo di sangue, le atrocità, la carestia, l’odio non sono più sopportabili. Alla fine, arriva il tempo della pace e della ricostruzione. La collettività, ridotta nei numeri e fiaccata nell’animo, si ritrova, depone le armi, ricompone i brandelli e, memore delle sevizie, cerca di ricostruire il senso di un vivere comune.

Che sia il momento di fermare le lotte intestine, di azzerare il sistema e rifondarlo anche per i libanesi? Oggi la collettività è divisa, il confessionalismo impedisce la definizione di obiettivi comuni, la politica persegue e legittima le logiche settarie che infettano ogni ambito della vita. Da più parti si chiede un nuovo patto nazionale, come negli anni ’40.

I giovani sono un elemento imprescindibile in qualunque tentativo di ricostruzione. Sono i primi a veder menomate le proprie prospettive di vita, sono i primi a tentare fortuna altrove, in ossequio ad uno spirito fenicio ancora palpitante, spesso con ottimi risultati. Ne abbiamo conosciuti e apprezzati molti durante il nostro viaggio.

Firenze-Beirut: diario di viaggio – Il Tazebao

Secondo Le Grand Continent [1] i giovani si stanno smarcando sempre di più dall’appartenenza religiosa ricusando il confessionalismo. Un sintomo è il crescente peso dei “club laici”, spesso collegati tra loro da reti di coordinamento, nelle università libanesi: liste universitarie che hanno marcato una cesura rispetto a quelle tradizionali, a loro volta percepite come emanazione del settarismo.

Un laboratorio politico maturato negli anni e in costante ascesa soprattutto dopo il 4 agosto 2020 che riflette il reale bisogno di separazione tra politica e religione in seno alla frazione più giovane della società. Tra i vari obiettivi che i club laici si pongono c’è quello di arrivare a un rapporto diretto tra cittadino e stato, non più mediato dalle istituzioni religiose.

La testimonianza che abbiamo raccolto: Sono cristiano e quindi? I Libanesi devono avere un’identità nazionale, non una religiosa – Il Tazebao

La traduzione concreta non è semplice perché le resistenze sono ancora molte ma ci stanno provando. I giovani raccolti intorno ai club laici mantengono un impegno politico assiduo a livello municipale riuscendo, talvolta, anche a pressare il Parlamento. Come si legge nell’intervista nel caso della richiesta di una reale indipendenza della magistratura (punto sottolineato Roger Eddé).

Merita una menzione quando gli intervistati sottolineano che la presenza di Macron dopo l’esplosione ha prodotto come unico risultato quello di dare fiato all’attuale classe politica: posizione coraggiosa visto che proprio Le Grand Continent produsse una corposa intervista al Presidente sulla “dottrina Macron” [2].

Un sentimento condiviso da molti, incluso un osservatore quale Raghida Dergham, Fondatrice del Beirut Institute, che lo ha ribadito su The National News [3]: “Il presidente Macron è stato complice nello sgonfiare la rabbia dei libanesi quando si è paracadutato a Beirut rilasciando vaghe promesse”. La soluzione non può venire dall’esterno ma deve germogliare all’interno.

Il ruolo della religione nella società libanese è al centro di un lungo dibattito che, come riferisce Amin Elias [4], è riesploso dopo il 2010, anno di grande sconvolgimento nel mondo arabo. Se ne discute fin dall’Ottocento, proprio dopo la guerra Drusi-Maroniti, già allora il letterato Boutros al-Boustani (1819-1883) rimarcava la necessità della separazione.

Ad ogni modo la religione non può essere rimossa di netto. La religione e il senso di appartenenza che ne deriva contribuiscono a definire l’identità, comunque dinamica e porosa, della persona. Tranciarla creerebbe un senso di vuoto, produrrebbe danni peggiori. Ecco perché, pur perseguendo una necessaria separazione tra religione e politica, possibilmente cristallizzata da un percorso di riforme condiviso, è opportuno – e lo sottolinea sempre Elias – riconoscere all’individuo un doppio status: quello di individuo, con un suo portato di diritti in quanto libanese, e quello di membro di una comunità religiosa.

English version

Young, secular, and angry: the backbone of a new Lebanon?

«The old world is dying.
The new one is slow to appear.
And in this chiaroscuro monsters are born».
Antonio Gramsci

Ordo ab chao. At some point in every war or feud, the blood toll, the atrocities, the famine, the hatred are no longer bearable. Eventually, the time of peace and reconstruction arrives. The community, reduced in numbers and weakened in spirit, finds itself, lays down its arms, puts the pieces back together and, mindful of the torture, tries to rebuild the sense of common life.

Is it time to stop the infighting, to reset the system and rebuild it for the Lebanese as well? Today the community is divided, confessionalism prevents the definition of common objectives, politics pursues and legitimizes the sectarian logic that infects every sphere of life. Many are calling for a new national pact, as in the 1940s.

Young people are an indispensable element in any attempt at reconstruction. They are the first to see their prospects for life curtailed, the first to try their luck elsewhere, in deference to a still-beating Phoenician spirit, often with excellent results. We met and appreciated many of them during our trip.

According to Le Grand Continent, young people are increasingly breaking away from religious affiliation and rejecting confessionalism. One symptom is the growing importance of “secular clubs”, often linked by coordination networks, in Lebanese universities: university lists that have marked a break with the traditional ones, which are in turn the product of sectarianism.

A political laboratory that has matured over the years and is constantly growing, especially after 4 August 2020, reflecting the real need for secularism within the youngest fraction of society. Among the various objectives, they set themselves is that of having a direct relationship between the citizen and the state and no longer mediated by religious institutions.

The concrete translation is not easy because there is still a lot of resistance, but they are trying. The young people gathered around the lay clubs maintain an assiduous political commitment at the municipal level, sometimes even managing to put pressure on Parliament. As we read in the interview in the case of a request for the independence of the judiciary.

It is worth mentioning when the interviewees point out that Macron’s presence after the explosion has produced the only result of restoring sap to the current political class: a courageous position given that Le Grand Continent itself produced a substantial interview on the “Macron doctrine”.

A sentiment shared by many, including an observer such as Professor Raghida Dergham who reiterated it in The National News: “President Macron was complicit in deflating the anger of the Lebanese when he parachuted into Beirut making vague promises”. The solution cannot come from outside but must germinate from within.

The role of religion in Lebanese society is at the center of a long debate that, as Amin Elias reports, exploded again after 2010, a year of great upheaval in the Arab world. Since the 19th century, after the Druze-Maronite war, Boutros al-Boustani (1819-1883) stressed the need for separation.

However, religion cannot be removed outright. Religion and the sense of belonging that come with it help to define a person’s identity, which is, however, dynamic and porous. To cut it off would create a sense of emptiness, which would cause worse damage. This is why, while pursuing a necessary separation between religion and politics, possibly crystallized by a shared path of reform, it is opportune – as Elias always stresses – to recognize the individual as having a double status: that of an individual, with his own set of rights as a Lebanese, and that of a member of a religious community.

Bibliografia
  1. C. Renaud-Lebret & R. Mahieu, Le Grand Continent, “Penser une nouvelle citoyenneté pour la jeunesse libanaise: les «clubs laïcs»”, 08/07/2021;
  2. Le Grand Continent, “La doctrine Macron : une conversation avec le Président français”, 16/11/2020;
  3. R. Dergham, The National News, “Is it too late to save Lebanon?”, 08/08/2021;
  4. A. Elias, Oasis Center, “Una laicità orientale e personalista per il Libano e il mondo arabo”, 26/03/2021.

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