Nel volgere di poco, le piattaforme digitali hanno iniziato a mostrare il fine reale. Non hanno espanso l’orizzonte della “democrazia liberale” con le “piazze virtuali” dei social, che non hanno allargato la conoscenza né i contatti (le aziende vendono nemmeno se spendono), al più hanno confinato e ristretto; non hanno creato nuove “opportunità” di lavoro, al più sono servite come leva per la dismissione o mezzi di sorveglianza, una volta preso il controllo assoluto di un determinato ambito. I social network hanno creato lavoro all’inizio e poi hanno liquidato, mentre hanno espanso le frontiere del “lavoro gratuito” – l’espressione è di un sociologo – a mezzo di un esercito di creatori di contenuti a tempo perso.
Ovviamente, da gratuite che erano in principio e in pubblicità, le piattaforme sono diventate a pagamento ma la fuga di utenti non è un problema in quanto l’obiettivo è entrare, formattare e dismettere, non creare ricchezza. Bisogna riflettere su questa nuova dimensione del capitalismo.
Dopo Airbnb, che è stato leva per smantellare il modello della stanzialità e dell’abitare, oltre che per censire un po’ di proprietà (e per cristallizzare la rendita di pochissimi), altro caso da seguire è quello di Dazn che, quando si appalesò nel mercato italiano, prometteva una nuova fruizione gioiosa, condivisa e moderna del pallone, oggi raddoppia il costo degli abbonamenti.
Mentre si propaga la narrazione sullo sport al femminile, mentre i campioni volano altrove, mentre resiste diligentemente il modello della Premier League, che è parte integrante della Global Britain, mentre le squadre italiane sono bistrattate in Europa, il calcio perde la sua funzione di scarica e aggregante; oggi non serve più ad ammansire le masse, ché il potere ha trovato nuove e altre efficaci formule.
In tutto questo, Rocco B. Commisso rappresenta un contro-esempio di modello sportivo con l’investimento per il nuovo centro sportivo a Bagno a Ripoli. A Firenze, ma fuori Firenze.