Bonini: “Trump-Biden è stato uno scontro tra due visioni dell’Impero”.
Dopo quattro anni, le ultime notizie che giungono dagli Stati Uniti si prestano a interpretazioni scandalistiche di ogni sorta. Ne abbiamo parlato con Gianni Bonini, ispiratore de Il Tazebao e storico “per passione” dice lui, e mettere così in piedi una lettura dello scontro politico che ha segnato l’ultima fase della presidenza Trump, questo ultimo colpo di scena, che è solo uno dei momenti di una transizione di potere complessa e tormentata.
Si parla di attentato alla democrazia, di colpo di Stato. Per gli Stati Uniti, che hanno fatto della democrazia una questione identitaria, è davvero la fine?
“Sono state fatte delle letture approssimative della situazione. Chiariamo subito un punto fondamentale: il conflitto reale è su come mantenere la guida dell’impero in questa fase di crisi, sul destino imperiale degli Stati Uniti (governati dalla stessa oligarchia da oltre due secoli). Non sono d’accordo con chi sostiene che il passaggio di consegna alla Cina sia un fatto. Non credo proprio che si possa dichiarare finito il dominio degli Stati Uniti degli ultimi 75 anni. Godono ancora di uno straordinario potere militare (una decina di portaerei, una talassocrazia sperimentata etc…). Però non è un caso che, mentre l’America è in difficoltà, la Germania si appresta a far fare all’Europa un passo decisivo verso un accordo di reciprocità commerciale con la Cina.
Il paragone un po’ azzardato che è stato fatto con il III sec. d.C. dell’Impero Romano, il secolo della crisi militare, è per alcuni versi suggestivo. La pressione sul limes mediorientale, per giuocare alla geopolitica antica, dei Parti e dei Sassanidi che arrivano addirittura a catturare l’Imperatore Valeriano, trovano un terreno fertile nello scollamento fra una classe di contadini, militari e contribuenti nella periferia e un’aristocrazia cittadina. Ad essa si aggiungono le scorrerie dei Goti che penetrano in profondità, perfino ad Atene, le continue forzature del limes pannonico e renano, senza considerare i ricorrenti putch militari che portano all’autonomia intere regioni, su cui forse in qualche modo si plasmerà la tetrarchia di Diocleziano. Insomma, si tratta di una situazione di multipolarismo aggressivo al limes romano.
Multipolarismo che può ricordarci la situazione odierna, la quale va generando una serie di focolai conflittuali nel mondo. Il multipolarismo si sostituisce al bipolarismo della Guerra Fredda, dove i conflitti erano regolati lungo delle direttrici e all’interno di una logica di accordo bipolare. Ciò non significa che i conflitti fossero meno intensi, si pensi alla guerra del Vietnam, chiusasi solo nel 1975, e seguita comunque da una nuova guerra fra Cina e Vietnam dalla metà degli anni Settanta eredità della politica del ping pong fra Nixon e Mao”.
Eccoci, quindi, in una situazione di “imperial overstretch”, che si traduce in uno scontro politico al Campidoglio. Perché Trump è arrivato a tanto nel tentare di mantenere il potere, arrivando a bruciarsi politicamente?
“Qui la battaglia è fra un’ipotesi che punta sul rinsaldare la coesione economica sociale interna, diminuendo anche la dipendenza energetica dall’estero e una visione ‘cosmopolita’. Tutte le storie sul carbone, lo shale gas, la promessa di deregolamentazione dei combustibili fossili, la lotta contro i provvedimenti relativi al cambiamento climatico hanno dietro proprio questa visione, cioè rafforzare l’industria energetica tradizionale, roba da film Il Petroliere, che comunque alimenta il vecchio sogno americano della Frontiera. Che però non trascura le alleanze globali, se si pensa all’appeasement con Putin. Proprio in questi giorni, Mike Pompeo ha annunciato la rimozione delle sanzioni a Taiwan, il tutto parte di una corsa all’accordo commerciale prima della transizione presidenziale.
Trump si contrappone a questa visione ‘cosmopolita’ che punta ad associarsi alle élite cinesi, cooptandole nella transizione all’era cibernetica. Lo scontro tra gli oligarchi cinesi, ed il Partito Comunista della Repubblica Popolare, la crescita cinese quest’anno per inciso è già sopra il 7% con buona pace del Covid: sta tutto dentro questa prospettiva su cui scommettono le Big Tech e i Dem. Ed il futuro di questa scommessa si giocherà nello spazio, nella ionosfera intanto che Jeff Bezos ha già investito 10 miliardi per il Project Kuiper, già approvato dalla Federal Communication Commission, una mega-costellazione di 3236 satelliti. È la strategia di controllo della banda larga, attraverso cui la digitalizzazione può arrivare negli angoli più remoti della Terra. La fantascienza non è più tale e la riformattazione tecnologica della vita investe l’essenza della geopolitica per trasformarsi in confronto tecnopolitico per il controllo del tempo sulla Terra, che secondo le proiezioni ONU nel 2050 dovrebbe gestire il peso di 9 miliardi di individui dai consumi in crescita esponenziale: una sfida oggettivamente insostenibile per l’ambiente e gli esseri viventi. Una predizione che sta mutando la visione demografica della stessa Chiesa di Bergoglio, la cui ultima uscita sulla liceità dei vaccini da cellule di feti abortiti è un segno dei tempi”.
Quali gli errori di Trump in questa ultima fase?
“Alla luce di questo scontro reale, possiamo commentare i fatti di Capitol Hill in maniera diversa. Gli sbagli commessi da Trump? Sarebbe troppo lungo come argomento. Certo è che, perdendo man mano tutti i pezzi della sua classe dirigente, non è riuscito a riorganizzarsi nell’ultima fase della Presidenza. Clamorosa, ad esempio, dopo i suoi annunci la rinuncia di Pence a contestare unilateralmente le schede dei singoli Stati. Gli stessi governatori repubblicani si sono rifiutati di seguirlo, probabilmente sia per un senso di responsabilità istituzionale – il vero tallone d’Achille di Trump – sia per preservare la possibilità di rimanere potabili all’interno del sistema.
A riguardo, segnalo l’intervista di Giovanni Orsina, Presidente del comitato scientifico della Fondazione Craxi. Al di là della situazione fuori controllo, questo è un momento di crisi per il Partito Repubblicano (che secondo Massimo Rocca è diventato il partito degli operai). Avendo appurato la sconfitta di Trump, non hanno osato seguirlo al di fuori di un perimetro istituzionale. Ma, così facendo, hanno lasciato indietro una grande fetta di popolazione che è stato alla base delle loro fortune elettorali. Basti pensare quanto il ban di Trump su Twitter sia costato agli azionisti.
Da parte di Trump c’è stato un errore anche nella scelta del team legale per la contestazione delle elezioni, di cui oltre 50 perse nei singoli Stati (altre sono ancora in corso, ndr). Questa era una battaglia politica, come ci insegna Marx, la legge è una ratifica dei rapporti reali di forza. Avrebbe, se non altro, dovuto ‘svecchiare’ il team: quel Rudy Giuliani a cui cola la tintura di capelli sicuramente ha fatto sorridere, ma ha anche contribuito a una narrazione che è stata la sua disfatta”.
Un Trump che perde il filo, un Trump inaccettabile… Una narrazione che ora giustifica l’utilizzo del 25esimo emendamento o dell’impeachment.
“Sì, la narrazione del Trump golpista, con grande mobilitazione di tutta l’industria culturale, gli ha scagliato contro tutta la parte di popolazione che al contempo fruisce e produce cultura di massa, il mondo dell’intrattenimento che tende ad ammassarsi sulle due coste. L’insediamento del 20 gennaio, a cui pare che Trump non parteciperà, non farà che alimentare questa storytelling, per usare un terminologia che aborro. In merito, segnalo la recente intervista realizzata per Il Giornale da Fiamma Nirenstein, un’amica e un’analista geopolitica di grande spessore, che da Gerusalemme cerca di analizzare la situazione in maniera equilibrata. Vedendo alcuni meriti di Trump in politica estera – sottolineati anche da Berlusconi – nota che l’assetto del Senato possa alimentare un estremismo Dem che certo non fa bene alla presidenza Biden.
Pietrangelo Buttafuoco, uno degli ultimi intellettuali italiani che non ha venduto l’anima al cosmopolitismo cialtrone, parla di una soluzione teatrale surrealista. Trump non può che uscire di scena così, riprendendo l’Enrico IV di Pirandello, quello che si convince di essere re e tutti che lo assecondano”.
Abbiamo visto come la sinistra italiana cerchi la protezione di Biden, e come la sinistra e la destra italiane si stiano omologando alle loro versioni americane.
“Nello stesso modo in cui tutti cercavano l’endorsement di Trump, ora vediamo Conte cercare l’endorsement di Biden. Si cerca un Padrino e si prende atto che siamo un Paese a sovranità molto, molto limitata, il che se vogliamo è anche un atto di furba ammissione politica. I casi Moro e Craxi, apparentemente diversi nella narrazione “politicamente corretta” portano il segno di questo dimensione “coloniale”, che da una sorta di vicariato nella NATO si traslata nella nuova sudditanza all’Europa teutonica, un processo da cui è ormai quasi impossibile districarci.
Destra e sinistra sono ormai ideologie completamente obsolete… La sinistra non è più quella tradizionale della nostra bella gioventù! Da Mani Pulite, ma direi da quando con Berlinguer si è passati dalle categorie della lotta di classe alla “questione morale”, una svolta “puritana” su cui gli storici dovrebbero indagare più e meglio, sulla traccia dell’analisi di Augusto Del Noce. La cosiddetta destra italiana per converso vuole rappresentare le masse in qualche modo emarginate dalla ribellione delle élite, come l’omonima opera di Christopher Lasch, che naturalmente non ha letto, ed ha adottato il termine sovranista, impropriamente per due ragioni. La prima: dalla Seconda Guerra Mondiale, dall’8 settembre del 1943 se ci piace una data iconica, l’Italia ha perso la sovranità, peraltro già irreversibilmente compromessa dall’assoluto germanico, per dirla con Tacito, di Hitler. Secondo, il sovranismo dipende dagli interessi nazionali e mal si adatta a essere mutuato da un sistema imperiale, sia quello americano od altro. È praticamente impossibile pensare a un sistema di alleanze sovraniste in Europa, anche se nella storia c’è stato…ma di questo eventualmente parleremo un’altra volta”.
I quaderni del Tazebao/1 – Per un’ecologia civica del Mediterraneo