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Alessandro Sorani: “Trump, mai nessuno capace come lui di coinvolgere gli elettori. Il ban? Autogol clamoroso”

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Alessandro Sorani: “Grave bannare il Presidente in carica. Può essere l’inizio della fine per alcuni social…”

Muovere le folle con un tweet: un sogno per molti che però in pochi, e con grande fatica, riescono a concretizzare. Nonostante la pesante sconfitta patita e gli errori commessi nel post-voto, che rischiano di cancellare quanto di buono fatto nel mandato presidenziale, si parla sempre solo e soltanto di lui: Donald Trump. Per analizzare l’uso dei media e gli effetti sul voto e non solo Alessandro Sorani, Presidente di Confartigianato Firenze e Vicepresidente regionale, autore anche di “La comunicazione politica americana da Kennedy a Trump” (2020) ed esperto di comunicazione è intervenuto a Il Tazebao.

Trump è riuscito a fare quello che molti ambiscono a fare: coinvolgere i fan e guidarne i comportamenti.

“Trump ha dimostrato un potere di convocazione superiore a qualunque altro leader del mondo democratico. Nella sua campagna elettorale ha lavorato principalmente per coinvolgere i suoi: non tanto quindi per erodere i voti di Biden o come diremmo noi, per prendere voti al centro, ma per coinvolgere i suoi. Ha trasmesso, così facendo, la volontà di non scendere a compromessi. È come se volesse dire: io sono questo, sto combattendo per dei valori, non mi presto a calcoli o mediazioni, non cambio. Questa sua scelta è stata premiata dalla sua base, disposta a seguirlo sempre”.

Sarà capace di fare la celebre “traversata nel deserto” portandosi dietro un Partito Repubblicano sempre più operaio?

“Sono convinto che Trump abbia delineato la più grande spaccatura in seno al partito Repubblicano. È bene ricordare che il principale avversario di Trump alle primarie del 2016 era proprio Bush che rappresentava quell’aristocrazia finanziaria simbolo del GOP di allora. Oggi abbiamo un partito che parla all’America profonda che non ha mai avuto accesso al sogno americano (come ha detto anche Massimo Rocca) e anche a quelle porzioni di America che magari hanno creduto al sogno di Obama come possibilità di riscatto e sono rimaste deluse. A quell’America avrebbe potuto parlare solo Trump e non certo Romney o Bush. Sicuramente quella trumpiana diventerà una corrente per lo meno determinante nel Partito Repubblicano. Trump ha in mano il partito e non gli conviene certo tentare iniziative personali: tutti dentro il GOP dovranno passare da lui”.

I social hanno un ruolo oramai consolidato nelle democrazie. È giustificabile la decisione di sospendere gli account di un Presidente, comunque, ancora formalmente ma non solo, in carica?

“Penso sia un autogol totale da parte dei social media. Questo rafforza soltanto le teorie che Trump ha sempre sostenuto: uno dei pilastri della sua campagna è stato denunciare quelle che, a suo dire, erano le fake news prodotte dal sistema dei media. Censurandolo così loro stessi si sono collocati come media di sistema. Sono passati da essere un’isola di libero pensiero a un luogo che esclude, dividendo chi può parlare da chi no. È stata anche una scelta molto ruffiana: hanno scelto di estremizzare il politicamente corretto. Questo è quanto di più lontano ci sia dalla comunicazione. È un atto grave perché si tratta comunque di un Presidente ancora in carica. L’idea che il consiglio di amministrazione di un’impresa privata possa censurare il Presidente degli USA è preoccupante. Ed è molto lontana dai fondamenti stessi della democrazia in America. Lui dal canto suo, per mantenere il contatto con i suoi milioni di votanti, troverà altri mezzi, paradossalmente ha il potere economico per crearne uno tutto suo a sua immagine e somiglianza. Forse è l’inizio di un declino di certi social media…”

Comunicativamente su cosa si è basata la vittoria di Biden?

“Biden ha puntato essenzialmente sulla paura che Trump ha diffuso negli americani ma anche nei partner degli Stati Uniti. E questo è un caso interessante. È stata la prima volta che gli americani sono stati fortemente influenzati dai sentimenti degli altri paesi. Prima cosa pensavano gli USA era determinante per il mondo. Per la prima volta gli Americani hanno letto e interpretato cosa il mondo si aspettasse da loro. Nutro un certo timore verso questa Presidenza. Abbiamo il presidente più anziano della storia. Anche Ronald Reagan quando fu eletto era il più anziano ma era comunque un uomo di carisma. Biden non ha la stessa energia. Ho timore ci aspettino quattro anni alla Jimmy Carter.

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Tornando a Trump, bisogna ammettere che ha avuto il coraggio di dire quello che molti pensano sulla Cina ma non hanno avuto il coraggio di dire. Riconosciamogli anche alcuni meriti in politica estera. Ha saputo normalizzare i rapporti con la Corea del Nord, che prima era considerata uno stato canaglia. È stato un Presidente che ha avuto una visione dell’America ancora come impero. Una visione che Biden ha meno, comunque modellata sull’esempio di Obama e le sue alleanze variabili (noi come Italia ne abbiamo fatto anche le spese, non dimentichiamolo!). Certo è che una riapertura alla Cina può essere problematica. Trump aveva degli obiettivi chiari, non si può dire che Biden li abbia altrettanto chiari. Ed è un segnale di debolezza”.

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Presidente, abbandoniamo i fatti della Grande Storia per concentrarci di più su casa nostra. Come sta affrontando la crisi Confartigianato e come possono uscirne gli artigiani?

“Tra chi ci dava per morti e chi ci voleva morti, in molti per anni hanno straparlato della crisi e della fine dei corpi intermedi, l’emergenza invece ha fatto riemergere la centralità della rappresentanza e quindi delle associazioni di categoria come la nostra. I nostri iscritti sentivano la necessità di vicinanza. Un dato? Di solito era fisiologico registrare delle cancellazioni: quest’anno si sono dimezzate le dis-iscrizioni. Anche questo è un segnale: c’è bisogno di associarsi e fare squadra. Oggi più che mai. Per gli artigiani sarà determinante la capacità di promuovere il prodotto visto che le restrizioni continueranno. E la strada è una transizione mediata e attenta verso i nuovi media: un artigiano non vende solo un prodotto ma un’esperienza, la sfida è raccontarla con i mezzi del presente. In tal senso ho molta fiducia nei giovani artigiani”.

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