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Chi vuole (ancora) una città così? Episodio 2

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Il secondo episodio della newsletter di riflessione sulla città di Firenze che esce ogni due settimane.

Firenze, 13 ottobre 2023 – Sta facendo discutere la delibera del sindaco Nardella contro i cosiddetti “affitti brevi”. Oltre la polemica politica e la naturale contrapposizione degli interessi (albergatori contro piccoli proprietari), interessi per altro tutti legittimi e tutti da considerare equamente – la politica è questo – in un discorso ragionato sulla città, il provvedimento merita di essere analizzato più nel dettaglio: nulla è come sembra. Come sempre. O, meglio, bisogna capire il fine reale dietro il fine manifesto.

Intanto, è bene premettere che i due mandati Nardella hanno visto la piena e definitiva penetrazione del modello della “città vetrina”, sicché è poco credibile questa resipiscenza, tardiva e scomposta, rispetto a precise scelte politiche, dunque urbanistiche. Casomai, è un tentativo, nemmeno troppo riuscito, di togliere le basi per una possibile opposizione, di svuotare preventivamente la carica di critica politica che si sta accumulando in città in ragione della generale crisi abitativa e della drammatica fine dell’urbanistica. Di cui tutti paghiamo le conseguenze. Tuttavia, non siamo tutti facili da abbindolare e siamo, bontà nostra, adusi a non credere a quel che ci viene raccontato. Da tutti.

L’intervento del sindaco, come detto, tardivo, parte da una constatazione: il centro è già saturo e più non può dare al modello della “città vetrina”, che però ha ancora fame. È stato riempito e spremuto, fino allo sfinimento, fino a renderlo altro da Firenze: se ne rendono conto anche i turisti. Dunque, si procede alla cristallizzazione dell’esistente. E fin qui tutto, più o meno, regolare.

Mentre il centro è già diventato una Disneyland del turismo di massa, da un po’ di tempo, il modello mette piede anche altrove, oltre la cerchia di Arnolfo. L’ipertrofia, la fame infinita di affari, l’insaziabilità sono così tipiche di questa faccia del capitalismo delle piattaforme, di cui Airbnb è parte.

Non solo. Questa fase suprema non poggia non solo o, meglio, non più solo sui piccoli proprietari. Come antiche piazzeforti, come le porte della città turrita, si ergono, a puntellare la cintura dei viali, nuovi casermoni fortificati, mastodontici, gli hotel “per studenti” che, in quanto centrali nel nuovo concetto di Urbs, dettano una nuova mobilità e accentrano i servizi. Non troppe persone al momento, al netto di proclami sulla “socialità”. Sono anche terribilmente brutti e distanti dal canone che Firenze ha espresso e diffuso nel mondo: non si può chiedere l’estetica a chi predica il facile guadagno.

Non è un caso che la bolla immobiliare prosegua e i prezzi delle case continuino a crescere, nonostante il crollo delle compravendite a Firenze, come su tutto il territorio nazionale (per effetto dei mutui e per le incertezze sulla normativa europea “green”), mentre le stesse diventano sempre più “introvabili”. Fino ad oggi e ancora per poco, a quanto pare, la cosiddetta periferia è stata un serbatoio di immobili a prezzi più contenuti, al pari della cintura dei comuni metropolitani.

La saturazione del centro, sposta necessariamente il modello della “città vetrina” verso Rifredi, Campo di Marte, Isolotto e tutte le zone prima escluse. E, dunque, la sostituzione, lenta e inesorabile, degli abitanti con i turisti.

In fin dei conti, questo è un modello, in quanto basato solo e soltanto sul profitto, sui, per scomodare una citazione illustre, “subiti guadagni”, che infatti sono accumulati da “gente nova”. Per sua natura, non accetta mediazioni. Così è. Non si ferma, conquista.

Negli anni ’70, grazie alle acute analisi dell’architetto Luigi Bicocchi, si rifletteva sull’inizio dello svuotamento del centro, da rintracciare nei lavori per Firenze Capitale, all’accentramento dei servizi in parallelo alla cacciata dei ceti popolari, anche dai rioni che un tempo lo erano. Ovviamente, il giudizio su quella stagione non può e non deve essere solo negativo: i lavori portarono, per esempio, alla fine del ghetto, un’onta nella storia della città che, da allora, è diventata sempre di più una città della tolleranza. Non dovrebbe dimenticarlo. Ugualmente, quella transizione è andata completandosi negli anni ’10 e ’20 del secondo millennio con la destinazione dell’intero tessuto cittadino alla monocoltura turistica. Sperando, per i promotori, che i conti tornino.

Come più volte scritto sempre su Il Tazebao, la penetrazione di Airbnb nel tessuto urbano, risponde a una duplice esigenza: in primo luogo, offrire una valvola di sfogo alle masse, compulsate dal biopotere e triturate dalle nuove forme di lavoro povero, che possono riversare i pochi spicci avanzati nella Disneyland rinascimentale duty free; di conseguenza, procedere a smontare il modello dell’abitare e della stanzialità, tipico della civiltà italiana, per reintrodurre quella precarietà abitativa tipica del mondo prima dello stato sociale. Per questo diciamo e ripetiamo tutte le volte: nessuno è al sicuro, tutti siamo sospesi, tutti siamo sulla stessa barca o baracca.

Comunque, tutto questo ha un senso ma ha sempre meno senso. Noi continueremo con rigore: questo è certo. Epperò, dobbiamo renderci conto che siamo già nella terza guerra mondiale e che tutto ciò che diciamo, dopo sabato 7 ottobre, ha un valore relativo.

L’episodio precedente: Chi vuole (ancora) una città così? Episodio 1

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