“We’ll be back soon”

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Il “governo del cambiamento” alle prese con i numeri, con un programma suscettibile a rapidi cambiamenti e incastonato in un sistema politico che porta ancora la firma di Netanyahu.
La caparbietà di considerare l’Iran l’unico vero pericolo, rende lo stato israeliano miope a quelli che sono i problemi interni, uno in particolare: la divisione comunitaria di Gerusalemme Est.
Forse la presenza di Ra’am nella coalizione governativa servirà a placare le acque, chissà…

«Ritorneremo presto». Rivolgendosi a una piccola folla alla Joint Base Andrews, nel Maryland, durante il suo ultimo discorso nei panni di presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, rivolgendosi alla folla che lo acclamava, ha pronunciato quanto segue: “Have a good life. We will see you soon […] We will be back in some form” [1] (“Vi auguro una buona vita. Ci rivedremo presto. Ritorneremo in qualche modo”). Dopo di che, ha lasciato il palco al suono riconoscibile di ‘YMCA’ dei Village People, che ha usato spesso per i discorsi durante la campagna elettorale del 2020.

Allo stesso modo, Benjamin Netanyahu, amico personale dell’ex inquilino della Casa Bianca, spesso paragonato a quest’ultimo per le sue politiche e la sua spregiudicatezza nell’implementarle, alla fine del suo discorso in ebraico alla Knesset, ha emulato l’amico oltreoceano affermando in inglese: «We will be back soon». [2]

Vediamo velocemente come si è svolta la seduta della Knesset di sabato 12 giugno, giorno in cui il nuovo governo ha votato e ottenuto la fiducia, ponendo fine a quella che molti hanno definito come “era Netanyahu”.

Il discorso del nuovo Primo ministro d’Israele: Naftali Bennett

Il dibattito speciale nel plenum si è aperto alle 16:00, con il discorso di apertura del primo ministro designato Naftali Bennett, che è stato disturbato più volte e quasi interrotto dall’opposizione. È stato seguito dal vice primo ministro e ministro degli esteri designato, Yair Lapid, che si è accontentato di una breve e toccante dichiarazione.

Nelle sue osservazioni di apertura, Bennett ha ringraziato il primo ministro Netanyahu per il suo lavoro.

“Grazie a Netanyahu per i suoi molti anni di servizio a Israele”, ha detto, aggiungendo che “affrontiamo anche una sfida interna, la spaccatura in corso nella nazione”. [3]

All’inizio, le grida e i fischi provenivano dai banchi dei membri della Knesset del sionismo religioso, guidati da Bezalel Smutrich, che è stato immediatamente espulso dal plenum, ma in seguito si sono sentite grida dai membri e ministri del Likud.

Nel suo discorso, Bennett ha sottolineato che una commissione d’inchiesta dovrebbe essere istituita per il disastro di Meron e ha raccontato la storia di una delle vittime. Poi è passato a parlare della questione iraniana e ha chiarito che lottare per un altro accordo nucleare con la Repubblica Islamica è un disastro.

“Il rinnovo dell’accordo nucleare è un errore che manderà un messaggio problematico al resto del mondo. Israele non è parte dell’accordo e continuerà a mantenere la libertà d’azione” [4], ha chiarito.

Dopo il discorso di Bennett, il vice primo ministro e ministro degli esteri, Yair Lapid, avrebbe dovuto tenere un discorso, ma ha scelto di rinunciarvi, e ha raccontato brevemente la storia della madre, nata quando lo stato ebraico non esisteva ancora. La donna è testimone oculare di tutta la storia dello stato d’Israele e di questo imminente e sentito cambiamento che lo stato necessita al momento (si intende la fine di Netanyahu!).

Benjamin Netanyahu: ultimo discorso da Primo ministro o primo da capo dell’opposizione?

Dopo di lui, il capo designato dell’opposizione, Benjamin Netanyahu, è salito sul palco.

Nel suo apparentemente ultimo e lungo discorso come primo ministro di Israele prima del giuramento di un nuovo governo domenica sera, Benjamin Netanyahu ha scatenato la sua furia sul primo ministro designato Naftali Bennett e ha giurato di lavorare instancabilmente per rovesciare la nuova coalizione e che sarà presto di ritorno sulla scena politica israeliana da protagonista. Ha, infatti, etichettato sia il partito Yamina di Bennett, sia New Hope come “fake right”, finte destre, accusandoli di aver tradito il voto degli elettori allenandosi con i centristi, la sinistra e i partiti arabi. Non poteva di certo mancare un riferimento all’Iran: secondo il primo ministro uscente, il nuovo primo ministro non è in grado di far fronte alla minaccia iraniana, da lui definita una existentian threat, una minaccia esistenziale.

E ancora:

“I’ve heard what Bennett said [about standing firm against Iran], and I’m concerned, because Bennett does the opposite of what he promises. He will fight Iran the same way he won’t sit with [Yesh Atid leader Yair] Lapid, Labor and Ra’am”. [5]

“Ho sentito quello che ha detto Bennett [sulla fermezza contro l’Iran], e sono preoccupato, perché Bennett fa il contrario di quello che promette. Combatterà l’Iran nello stesso modo in cui non si siederà con [il leader di Yesh Atid Yair] Lapid, i laburisti e Ra’am”.

Nell’invettiva contro Bennett è stato davvero austero e senza freni cercando di metterlo in cattiva luce. Lo ha accusato di non avere né il supporto internazionale, né la capacità di ottenerlo per portare avanti questioni di vitale importanza per Israele. Bennett, nel discorso di Bibi, non ha la stoffa da primo ministro israeliano, carica che implica la responsabilità e il coraggio di dire “no” anche al presidente degli Stati Uniti se di mezzo c’è la sicurezza nazionale. Bibi, qui, allude al discorso che lui tenne nel 2015 davanti al Congresso americano in opposizione all’accordo sul nucleare con l’Iran, discorso boicottato da molti democratici. Persino in Iran lo hanno capito, ecco perché stanno festeggiando oggi” ha continuato riferendosi alle parole di Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministro degli esteri iraniano Zarif: “Iran’s enemies are gone and powerful Iran is still here. I don’t think Israel’s policies will change with the new government”. [6] (“I nemici dell’Iran se ne sono andati e l’Iran potente è ancora qui. Non credo che le politiche di Israele cambieranno con il nuovo governo”).

Proprio per questo, ha voluto, anche, mandare un messaggio chiaro all’Iran e ai suoi proxies facendo loro notare che l’opposizione israeliana ha e avrà una posizione e una voce forte contro la repubblica islamica, in contrapposizione al debole, embrionale e instabile nuovo governo.

Non ha risparmiato neanche il presidente americano Joe Biden confessando alla Knesset che l’amministrazione Biden gli ha calorosamente chiesto di non rendere pubblico il malumore israeliano in merito all’accordo sul nucleare iraniano. Ha paragonato gli sforzi degli Stati Uniti di rientrare nell’accordo nucleare alla decisione dell’allora presidente americano Franklin Roosevelt di non bombardare i binari del treno per Auschwitz nel 1944.

“We waited for salvation from others, and it didn’t come. Against the threat of annihilation, we had no savior… we didn’t have a country then and we didn’t have an army. But today we have a voice, we have a country and we have a defending force”. [7]

“Aspettavamo la salvezza da altri, e non è arrivata. Contro la minaccia di annientamento, non avevamo un salvatore… non avevamo un paese allora e non avevamo un esercito. Ma oggi abbiamo una voce, abbiamo un paese e abbiamo una forza di difesa”.

Ha accennato alla decisione americana di riaprire il consolato statunitense a Gerusalemme Est. Decisione questa che lui reputa pericolosa per il paese intero oltre che per la sola città di Gerusalemme, perché riaccenderà le divisioni tra le comunità che vi abitano.

Ha dedicato gran parte del suo discorso a raccontare i suoi successi degli ultimi 12 anni in carica. “I had the privilege of working for my beloved state” (“Ho avuto il privilegio di lavorare per il mio amato paese”). Ha elencato le sue riforme in campo economico, l’abbassamento delle tasse, l’aumento del salario minimo, l’aumento dell’occupazione, così come gli sviluppo della piattaforma di gas offshore Tamar, la preservazione dei siti del patrimonio di Israele, la lotta ai monopoli e ovviamente il fiore all’occhiello del suo ultimo governo, ovvero gli accordi di normalizzazione con gli Emirati Arabi Uniti, il Bahrain, il Marocco e il Sudan.

Termina il discorso con una richiesta alla nuova coalizione governativa:

“I have just one, modest request. Try to ruin the economy that we are leaving you as little as possible, so that we can fix it as quickly as possible when we return to power”. [8]

“Ho solo una modesta richiesta. Cercate di rovinare il meno possibile l’economia che vi stiamo lasciando, in modo da poterla riparare il più rapidamente possibile quando torneremo al potere”.

Il leader di Ra’am: primo partito arabo di governo

Il leader del Ra’am, Mansour Abbas, il cui sostegno ha fornito l’appoggio chiave necessario per la maggioranza del governo del cambiamento, ha giurato di reclamare la terra in Israele che è stata “espropriata” [9] agli arabi israeliani. Passando all’ebraico per la fine del suo discorso, Abbas ha notato che “veniamo da diverse nazioni, diverse religioni e diversi settori. C’è una cosa che collega tutti i cittadini di Israele ed è la cittadinanza”. Abbas ha respinto le affermazioni della destra che il nuovo governo ha “venduto il sud di Israele” al suo partito.

“The citizens of the south are citizens of the State of Israel. There is a disagreement about the ownership of the lands, this happens in all modern countries that deal with situations like this”. [10]

“I cittadini del sud sono cittadini dello Stato d’Israele. C’è un disaccordo sulla proprietà delle terre, questo accade in tutti i paesi moderni che trattano situazioni come questa”.

L’accordo di coalizione firmato da Ra’am e Yesh Atid include il riconoscimento formale di tre comunità beduine nel sud, così come l’estensione del congelamento della legge Kaminitz che reprime l’edilizia illegale, fino alla fine del 2024.

Il leader del Ra’am ha detto che unirsi alla nuova coalizione colmerà anche le lacune a livello nazionale e a livello religioso, e “ci porterà a un dialogo che ci aiuterà a capirci e a non vederci come nemici” [11].

Mansour Abbas ha insistito affinché la sua intera fazione di quattro seggi facesse parte della nuova coalizione, nonostante uno dei suoi membri si sia astenuto dal critico voto di conferma alla Knesset. Con Said al-Harumi che non ha votato, il Parlamento israeliano ha approvato il governo con una maggioranza di 60 voti su 120. Ma l’astensione di al-Harumi, per la sua opposizione alle demolizioni pianificate delle case beduine nel Negev, ha sollevato domande sull’impegno del partito, e in particolare di al-Harumi, nel governo entrante. Abbas ha spiegato che al-Harumi ha agito in quel modo perché c’erano ancora alcuni dettagli finali da sistemare per quanto riguarda la regione del Negev nel sud del paese, dove c’è una grande comunità beduina.

Tuttavia, Abbas ha detto che il voto di protesta di al-Harumi è stato coordinato in anticipo e che i leader della coalizione Naftali Bennett e Yair Lapid ne erano a conoscenza. Inoltre, ha specificato che al-Harumi sarebbe stato pronto a sostenere il governo se ci fosse stata la possibilità che non passasse il voto.

Il leader della Joint List, Ayman Odeh, il cui partito non ha sostenuto il governo entrante, ha definito la nuova coalizione “un cattivo governo”. Odeh si è lemntato lamentato che i ministeri degli Interni, della Giustizia e delle Finanze sono tenuti da rappresentanti “dell’estrema destra” rispettivamente Ayelet Shaked di Yamina, Gideon Sa’ar di Nuova Speranza e Avigdor Liberman di Yisrael Beytenu.

“Stiamo cercando un diverso tipo di cooperazione tra ebrei e arabi, basata sulla pace, l’uguaglianza, la democrazia e la giustizia sociale che non è in questo governo.” [12]

Il ministro della Difesa Benny Gantz, già partner di coalizione di Netanyahu, lo ha ringraziato per i suoi contributi a Israele nonostante il cattivo sangue tra loro.

Conclusioni: i vari Edipo hanno finalmente ucciso il Padre

Dopo un quarto di secolo ai più alti livelli della politica israeliana, nessuno si aspetta che il 71enne Netanyahu, il “Re di Israele”, si ritiri tranquillamente nella sua casa privata nella città balneare di Cesarea. Come leader dell’opposizione e capo del più grande partito in parlamento, ci si aspetta che Netanyahu continui a fare tutto ciò che è in suo potere per far cadere il governo. La sua migliore speranza per evitare la condanna per gravi accuse di corruzione è quella di combatterle dall’ufficio del primo ministro, con una coalizione di governo che potrebbe potenzialmente garantirgli l’immunità. Ma la sua presenza dominante potrebbe continuare a legare i suoi avversari.

Bennett, già bollato come traditore da gran parte della base di destra (i leader ultra-ortodossi lo hanno condannato in termini duri, chiedendogli di rimuovere la sua kippa) che condivide con Netanyahu, è a capo di un piccolo partito ed è improbabile che abbia un’altra possibilità di ottenere il posto al vertice.

Netanyahu potrebbe nel frattempo affrontare una sfida dall’interno del suo sconfitto partito Likud, che include un certo numero di aspiranti successori. Essi sanno che senza la polarizzazione intorno a Netanyahu, il Likud sarebbe in grado di assemblare un governo di destra forte e stabile. Ma Netanyahu mantiene una forte presa sulle istituzioni del partito e sulla sua base, ed è improbabile che i membri anziani lo sfidino a meno che la sua caduta sia assicurata.

Bibliografia

[1] Nick Reilly, “Trump tells supporters “we will be back in some form” in bizarre farewell speech”, NME News del 20/01/2021.

[2] AMY SPIRO, “In fiery exit, Netanyahu assails Bennett, says he can’t stand up to Iran, Biden”, The Times of Israel del 16/06/2021.

[3] N12 Staff, “History in pictures: The day Naftali Bennett was sworn in as the 13th Prime Minister of Israel”, N12 del 13/06/2021.

[4] “In fiery exit, Netanyahu assails Bennett, says he can’t stand up to Iran, Biden”, The Times of Israel del 16/06/2021.

[5] Ibidem.

[6] Parisa Hafezi, “Iran says Israel’s policy will not change with new government”, Reuters del 14/06/2021.

[7] “In fiery exit, Netanyahu assails Bennett, says he can’t stand up to Iran, Biden”, The Times of Israel del 16/06/2021.

[8] Ibidem.

[9] Amy Spiro e Aaron Boxerman, “In speech before swearing-in, Ra’am leader vows to ‘reclaim expropriated lands’”, The Times of Israel del 13/06/2021.

[10] Ibidem.

[11] Ibidem.

[12] Ibidem.


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