Il Tazebao – Il raggiungimento di un cessate il fuoco tra i rappresentanti della Repubblica Democratica del Congo e del Ruanda ha ridato fiato alle trombe della propaganda trumpiana, decisamente fiaccate e coperte di fango dopo i recenti bombardamenti americani su Yemen prima e Iran poi. Iran e Israele, India e Pakistan e addirittura Serbia e Kosovo: questi sono i conflitti che il presidente statunitense si vanta di aver fermato grazie alle sue “potenti capacità di mediatore”. Nel primo caso da noi citato, e che riguarda comunque conflitti messi solo temporaneamente in pausa, senza la minima preoccupazione per la soluzione delle cause che li hanno generati, Trump ha fatto in realtà leva sulla posizione filoamericana del Ruanda su USAID e rimpatrio dei migranti, promettendo investimenti in entrambi i Paesi. Ma dovrà fare i conti con le aziende cinesi già presenti e operanti in loco. L’aneddoto sulla Serbia è quello che però smaschera più a fondo la retorica del tycoon: senza fornire alcun riferimento temporale, egli ha vantato che Belgrado sarebbe stata pronta a “invadere” e riannettersi il Kosovo, ma lui lo avrebbe impedito. Particolare degno di nota: le tensioni tra l’ex cuore pulsante della Jugoslavia e la sua storica regione secessionista videro una momentanea escalation tra il 2022 e il 2024, quando alla Casa Bianca c’era ancora Biden: non si capisce, quindi, a che titolo avrebbe potuto “fermare l’invasione”. In Serbia (significativo l’avvicinamento alla Cina) devono tuttavia affrontare problematiche ben maggiori, determinate dalla riesplosione delle proteste e delle manifestazioni volte a chiedere le dimissioni di tutto l’esecutivo guidato da Aleksandar Vučić. Scaduto l’altro ieri l’ultimatum offerto al governo per lo scioglimento del parlamento e l’indizione di nuove elezioni, i manifestanti hanno ripreso il loro tentativo di rivoluzione colorata iniziando dallo smantellamento del campeggio dei sostenitori di Vučić davanti al parlamento stesso. Assai discorde la quantificazione della partecipazione: 35.000 secondo il Ministero dell’Interno, oltre 100.000 per «alcune fonti locali». La ripresa degli scontri con la polizia fa fede, tra le altre cose, di quella che ad oggi è la più grande sfida per lui, visto con crescente sfiducia e disprezzo anche da parte dello storico alleato russo per la continua fornitura di armi all’Ucraina da parte di ditte serbe e nell’evidente inutilità del sostegno a Israele per il suo accreditamento presso i circoli occidentali. (JC)

La cristianità è sotto attacco in Armenia: frattura insanabile tra la Chiesa Apostolica e il regime di Yerevan. Il Tazebao del giorno
Il Tazebao – Torna prepotentemente e ripetutamente sotto i riflettori l’Armenia, e per ragioni sempre più deplorevoli. Dalla sconfitta nella