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“Se cade Taiwan, cade la democrazia”. A colloquio con l’Ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee

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Il “Modello Taiwan” e la lotta alla pandemia, la perenne tensione con la Cina e i rapporti con l’Italia. A Il Tazebao interviene l’Ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee.

Abbiamo incontrato l’Ambasciatore Andrea Sing-Ying Lee, Capo della Rappresentanza di Taipei in Italia. Grazie alla fluente conoscenza della lingua italiana, maturata in un periodo di studio nel nostro paese agli inizi della sua carriera diplomatica e ad un precedente periodo di lavoro in Italia, abbiamo rivolto all’Ambasciatore Lee una serie di domande che spaziano su vari temi.

Non abbiamo tralasciato di porre all’Ambasciatore Lee, che guida la diplomazia di Taiwan a Roma dall’agosto del 2018, alcune domande circa le tensioni che vedono il suo paese al centro di una delle dispute più calde dell’Indo-pacifico. Le minacce di Pechino, infatti, per una annessione, anche con la forza, dell’Isola, sono da qualche tempo al centro delle attenzioni di molte cancellerie, tanto da far dichiarare, a qualche osservatore, che il confronto potrebbe prima o poi coinvolgere militarmente sia gli Stati Uniti sia altre potenze dell’area.

Sig. Ambasciatore, quest’anno si sono celebrati i 30 anni della fondazione della Rappresentanza di Taipei in Italia. Qual è lo stato dei rapporti tra il suo Paese e l’Italia?

“Le relazioni tra Italia è Taiwan sono molto buone. Stiamo stringendo legami in tutti i settori per rafforzare i rapporti di reciproco beneficio. Nel Parlamento italiano si sta portando avanti una mozione per “Rafforzare la pace e la stabilità dello Stretto di Taiwan e le relazioni sostanziali con Taiwan” che potrà contare sul sostegno di tutti i parlamentari amici di Taiwan. Inoltre abbiamo ottimi rapporti culturali e accademici, grazie alla costante partecipazione di Taiwan a eventi di primo piano come la Biennale di Venezia e alle collaborazioni che legano le nostre università alle più rinomate università italiane: La Sapienza, la LUISS, il Politecnico di Torino, l’Orientale di Napoli, per citarne alcune. Oltre alle numerose borse di studio offerte dal governo taiwanese agli studenti e accademici italiani, da quest’anno il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione italiano ha esteso anche agli studenti taiwanesi l’offerta di borse di studio per studiare in Italia. Nel campo delle relazioni commerciali e imprenditoriali, Taiwan e Italia hanno registrato complessivamente circa 4 miliardi di euro di scambi nel 2020 e l’Italia è diventato il terzo partner commerciale di Taiwan nell’UE dopo Germania e Paesi Bassi”.

Gli italiani non sanno distinguere un cinese proveniente dal continente da un taiwanese. Qual è il livello della presenza taiwanese in Italia ed in che attività sono principalmente impegnati i suoi connazionali?

“I cittadini taiwanesi presenti in Italia non sono numerosi come altre nazionalità e sono prevalentemente concentrati nelle grandi città, quali Roma, Milano, Venezia. Una comunità abbastanza consistente si trova anche in Emilia-Romagna. Sono molto integrati e sono impiegati in vari settori, dalla ristorazione al commercio, all’insegnamento”.

Quanto è conosciuta l’Italia nel suo Paese? E quali aspetti dell’Italia sono meglio conosciuti e magari più apprezzati?

“L’Italia è famosa per la sua storia, la sua cultura, la sua cucina. Molti giovani taiwanesi che si recano in Italia lo fanno per motivi di studio, principalmente nel settore del Design. Milano è tra le mete più ambite per i nostri studenti. Credo tuttavia che l’Italia abbia ampi margini di miglioramento per farsi conoscere ancora più a fondo dai cittadini taiwanesi, soprattutto per battere la “concorrenza” dei suoi vicini europei”.

Taiwan è diventato un modello nella lotta alla pandemia da Covid-19. Quali sono state le strategie adottate che vi hanno consentito di limitare gli effetti del virus? E quale lo stato attuale della diffusione della pandemia sull’Isola?

“Per prima cosa, l’esperienza. Taiwan ha sofferto molto l’epidemia di SARS del 2003, quando è stato uno dei Paesi più colpiti al mondo. Questa esperienza ci ha forgiato e ci ha reso molto più attenti alle prime avvisaglie di nuove epidemie. Quando a fine 2019 nella Cina continentale si sono verificati i primi casi di Covid-19, Taiwan si è messa in moto. Abbiamo istituito un centro di controllo per la gestione della pandemia e dato vita a quello che è stato definito “Modello Taiwan”, un modello che coniuga tecnologia, organizzazione e senso civico. Utilizzando i dati in possesso del sistema sanitario nazionale e quelli in uso alla polizia di frontiera, ci è stato possibile monitorare la situazione dei cittadini all’interno del Paese e di quelli in entrata dall’estero. Naturalmente, è stato fondamentale il sostegno e l’aiuto fornito dalla popolazione, che ha seguito e rispettato le direttive del governo onde evitare la diffusione del virus. Quando poi nel maggio 2021, dopo un intero anno in assoluta tranquillità, si è verificato un focolaio, l’attenta gestione della pandemia ha fatto sì che tutto rientrasse in breve tempo sotto controllo”.

Come procede la campagna di vaccinazione? Il vaccino autoprodotto sta dando buoni risultati?

“Manteniamo alto il ritmo di somministrazione dei vaccini. Ringraziamo i Paesi amici a noi vicini per aver continuato a donare vaccini, e la popolazione taiwanese che è stata molto cooperativa e ha rispettato le normative per la prevenzione delle epidemie. Per queste ragioni, l’efficacia della prevenzione contro le epidemie in Taiwan è ancora molto buona. I vaccini taiwanesi sono già stati utilizzati da molte persone in Taiwan e attualmente si sta cercando di ottenere il riconoscimento anche da parte di altri Paesi”.

Eppure, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rifiutato il dialogo con Taiwan anche in questo difficile periodo per il mondo intero. Come giudica tale atteggiamento?

“È un atteggiamento completamente errato. La diffusione del Covid-19 ha dimostrato come sia sufficiente un momento di distrazione in qualunque parte del mondo per scatenare una pandemia.

Lasciare fuori dal sistema un intero Paese di 23 milioni di abitanti solo per questioni politiche, per compiacere Pechino, è un’enorme leggerezza, un rischio che nessuno può correre.

Noi siamo stati bravi e fortunati a contenere la pandemia, ma senza la possibilità di condividere esperienze e informazioni all’interno di uno stesso sistema i rischi sono notevoli. Non solo, la nostra esperienza di successo avrebbe potuto essere d’aiuto a molti altri Paesi, ma mancando un legame diretto con l’OMS il nostro supporto è stato più difficile. Sia le donazioni di materiale medico fatte da noi a inizio pandemia, sia le donazioni di vaccini che abbiamo ricevuto quest’anno da Stati Uniti, Giappone, Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia e Lituania, sono stati grazie a rapporti di amicizia bilaterali e non grazie all’OMS”.

Nel mondo politico e parlamentare italiano in molti riconoscono il valore e l’importanza della democrazia taiwanese e del suo modello liberale, in contrapposizione al modello comunista cinese. Pensa che la leadership italiana abbia abbastanza consapevolezza della questione di Taiwan?

“Credo che la leadership italiana sia pienamente consapevole della questione di Taiwan. Il governo italiano è da sempre attento alle dinamiche internazionali. È un grande Paese, membro del G7, membro fondatore dell’Unione Europea, è attualmente ospite del G20, ha avuto e ha tutt’ora un ruolo centrale negli affari internazionali non solo regionali ma globali. Inoltre condivide con Taiwan i valori universali della libertà, dei diritti umani, dei diritti civili. È una democrazia e come tale non può non essere consapevole dei rischi che la democrazia sta correndo in diverse parti del mondo”.

Di recente è aumentata la pervasività cinese. Le parole dei leader cinesi diventano sempre più minacciose. Come vive il popolo di Taiwan tale stato di tensione?

“Il popolo di Taiwan è attento ma tranquillo. Attento perché siamo consapevoli del crescente potere militare della Cina, oltre che del loro espansionismo, della loro assertività, del desiderio di proiettare la propria potenza verso l’esterno anche con la forza. Allo stesso tempo siamo tranquilli, perché abbiamo la forza per difenderci e per affrontare chiunque voglia aggredirci e, inoltre, condividiamo valori e obiettivi con molti Paesi amici e alleati che sanno che Taiwan non può cedere e non può essere abbandonata”.

Quali sono le ragioni, secondo Lei, per cui Mosca ha ritenuto necessario dichiarare la propria vicinanza a Pechino sulla questione di Taiwan?

“La risposta a questa domanda la ha il Cremlino. Io posso supporre che la decisione russa risponda a logiche pragmatiche. Russia e Cina condividono un confine terrestre di oltre 4000km, uno dei più lunghi del pianeta. Sono uno il Paese più esteso al mondo, l’altro il più popoloso. Hanno legami energetici ed economici profondi. Inoltre, Pechino e Mosca hanno avuto una storia piuttosto travagliata nel Novecento. La dichiarazione russa va letta anche alla luce di questi fattori”.

Gli avvertimenti e le minacce cinesi sono rivolte anche agli USA, vostri principali sostenitori. Quale sarebbe, a suo avviso, il reale impegno statunitense nel caso la crisi si acuisca ulteriormente e Pechino decida di passare a vie di fatto?

“Noi rappresentiamo un simbolo importante per la democrazia in Asia e in Estremo Oriente. Questo è un dato che tutte le democrazie, occidentali e non, conoscono bene. Taiwan non verrà lasciata sola, perché come ha giustamente detto la Presidente Tsai Ing-wen, se cade Taiwan cade la democrazia. Detto questo, è difficile prevedere con esattezza quali strade e quali decisioni prenderanno i governi dei nostri Paesi amici e alleati. Dipende sempre tutto dalle contingenze”.

La situazione geopolitica nel Pacifico è in continua evoluzione. Nuove alleanze sono state sottoscritte e gli attori dell’area stanno meglio definendo le loro posizioni. Pensa che l’attivismo americano contribuisca a garantire la libertà dell’Isola?

“Gli Stati Uniti sono da sempre vicini a noi e sono un punto di riferimenti non solo per noi ma per tutti coloro che credono nella democrazia, tuttavia ci tengo a sottolineare che la libertà dell’isola è in primo luogo garantita dai suoi stessi cittadini, che hanno scelto la strada della democrazia, della libertà, della tutela dei diritti umani e civili”.

Pensa che avrà successo la richiesta di Taiwan di far parte dell’accordo di libero scambio (CPTPP) che sarebbe una significativa vittoria diplomatica oltre che una opportunità commerciale?

“La decisione non spetta a noi. Noi siamo disponibili, presenti e desiderosi di partecipare alla crescita e al benessere internazionale. In più occasioni abbiamo dimostrato di essere un membro responsabile della comunità internazionale e se dovessimo far parte dell’accordo CPTPP, dimostreremo anche in quel caso la nostra serietà e la nostra buona volontà”.

Su Taiwan: Come la Ilha Formosa divenne avanguardia tecnologica: risponde Izzo (iltazebao.com)


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