A colloquio con Leonardo Tozzi, Direttore di Firenze Spettacolo.
“Prezioso il contributo delle energie giovani come nel caso de Il Tazebao”.
Quale Firenze dopo la pandemia? Leonardo Tozzi, Direttore di Firenze Spettacolo, interviene a Il Tazebao.
Firenze Spettacolo è uno specchio di una Firenze che si diverte, che vive la notte (che viveva?). Quali prospettive concrete ci sono per quel mondo che abbiamo visto protestare più e più volte e alle cui istanze date ampio spazio?
“Bella domanda! Beh, al momento accusiamo il colpo come tutto il mondo dello spettacolo dal vivo, della ristorazione, del turismo, degli eventi. Come giornale raccontiamo quotidianamente sul web (il sito firenzespettacolo.it, la nostra piattaforma di comunicazione fatta di newsletter e pagine social) quanto si muove e si discute nel settore, cercando di interpretarne al meglio il profondo disagio, la crisi e ovviamente appoggiando le giuste rivendicazioni che vengono da questi mondi nei confronti del governo. Stiamo anche incrementando la nostra attività editoriale nel settore librario: in particolare abbiamo in corso un confronto con diversi protagonisti della vita fiorentina dei settori di cui sopra per produrre un libro-manifesto sulla Firenze del dopo-Covid. In quanto alle prospettive concrete è difficile ad oggi prevedere quando questa vicenda finirà e come finirà: mi torna tuttavia in mente l’esempio del dopoguerra e la celebre foto del marinaio che bacia la ragazza a Times Square il 14 agosto del 1945. Auspico una cosa del genere, anche se penso che saremo più poveri”.
Quello di Firenze è il destino di molte città d’arte. Senza fiumane di turisti, sparito il tessuto sociale-umano, del centro rimane solo un (bel panorama). Ma era prevedibile che prima o poi qualcosa si sarebbe inceppato nella monocultura turistica… Dovremmo ripensare alcune decisioni?
“Non alcune, molte direi! In sintesi mi pare che ad oggi o ci rassegniamo ad attendere che #tuttotornicomeprima (e vediamo in quanti possono permetterselo…) o ci impegniamo a capire ed ipotizzare cosa possa volere concretamente dire #nientesaràpiùcomeprima. Non è con gli slogan o con la retorica sull’ennesimo “nuovo Rinascimento” evocato anche di recente che potrà essere trovata una via di ripresa.
Bisogna, per esempio, pensare a un’offerta davvero diversa per il turismo. Bisogna rilanciare la residenza dentro la città con nuove regole di urbanistica. Bisogna ragionare definitivamente sulla “grande Firenze”, una vera città metropolitana, valorizzando la dimensione industriale formatasi nell’hinterland. Bisogna maturare una nuova interpretazione e gestione del significato culturale del patrimonio storico e artistico ricevuto da una generosa eredità dei secoli passati.
Occorre un progetto-città che riequilibri, dunque, profondamente il rapporto tra periferie e centro, avviando una nuova osmosi, rovesciando la distanza che è stata creata nel tempo che ha trasformato i luoghi iconici della Grande Bellezza di Firenze in un “non-luogo” svuotato di residenza e funzioni lavorative a vantaggio del solo turismo di massa.
Ma non basterà un programma convincente, servirà una nuova classe dirigente, che sappia eseguire la svolta, non solo declamarla. Cosa da non sottovalutare per niente e sulla quale l’impegno di giovani energie come anche la vostra de Il Tazebao è importantissima. Quindi condivido la tua osservazione: è chiaro che bisogna iniziare a pensare ad un’alternativa. E anche noi cercheremo di dare un contributo in questa direzione”.
Servirà una nuova classe dirigente
Nei giorni scorsi hai ripubblicato un articolo di Firenze Spettacolo su Giorgio Morales, che abbiamo ricordato anche sul Tazebao. Quale ricordo hai di quella stagione?
“Un bellissimo ricordo! Eravamo in piena crescita, gli anni Ottanta sono stati un decennio formidabile. Con Firenze Spettacolo abbiamo attraversato quel decennio crescendovi dentro e anticipando mese dopo mese le mosse di una giovane generazione che uscita appunto indenne dai cupi anni 70 stava permeando della sua energia il teatro, la musica, l’associazionismo, l’arte e successivamente anche i locali.
Un’invasione che fu possibile a Firenze, città piuttosto chiusa e restia a rinnovarsi, perché riguardò un campo prevalentemente nuovo, uno spazio libero, una terra di nessuno che solo la fantasia e l’energia degli anni verdi, più del denaro e del potere, potevano colmare.
Va detto anche che ci si confrontava con un sistema politico di un altro livello. Personalmente mi convinsi che le ideologie tardo marxiste che avevamo vissuto negli anni più verdi della nostra iniziazione alla vita e alla politica negli anni 70 non erano la risposta giusta alla vera natura di quella profonda energia che ci aveva sollevato contro l’assetto vecchio e immobile della nostra società.
Fu allora che l’emergere nel corpo vecchio e malandato del Partito Socialista Italiano – che per noi era stato spesso come un buon zio, bonario e comprensivo, ma niente di più – di un leader che affrontava di petto l’egemonia comunista sulla sinistra e mirava chiaramente a far saltare i ponti dell’asfissiante stagione del compromesso storico, ci conquistò. Non a caso l’evento fortemente simbolico che accese questa illuminazione fu il caso Moro… Il PSI di Craxi diventò presto un riferimento per chi cercava di sottrarsi alla deriva “sinistra” della sinistra e coniugare lo spirito libertario, anticonformista che permeava la nostra identità con una prospettiva diversa.
La vicenda, per molti aspetti ancora oscura, di Tangentopoli mise fine a questa lunga cavalcata, frantumò i partiti storici e i meccanismi di selezione della classe dirigente per avviare un processo degenerativo di cui forse solo oggi molti finalmente si accorgono. Come dice sempre un mio vecchio amico “avete tirato le monetine?” e beccatevi ora questa situazione!”