Il Tazebao – Già due mesi fa, riportando quanto emerso dal convegno di Terra dei Padri e Indipendenza! a Modena sulla lotta della Repubblica Islamica dell’Iran contro il terrorismo, abbiamo fatto luce sugli eventi relativi all’accoglienza offerta alla setta dei Mojahedin-e-Khalq, indicando come sia stata fonte di screzi, per ora sottotraccia, tra Teheran e Roma; detti screzi hanno raggiunto un nuovo livello quando si è diffusa la notizia, con giorni di ritardo rispetto al fatto avvenuto (primo interrogativo da porsi), dell’arresto della giornalista del Foglio Cecilia Sala a Teheran. La grancassa mediatica che ha iniziato a battere, assordante, per circondare di impulsi emotivi e baraonde da tifo da stadio il caso, ha prontamente oscurato la dinamica immediatamente precedente dell’arresto dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini su richiesta degli Stati Uniti. Quest’ultimo è stato infatti catturato assieme al suo “collega” Mahdi Mohammad Sadeghi, che verrà processato giovedì con l’identica imputazione di aver fornito componenti elettronici per i droni iraniani e di essere parte in causa dell’uccisione di tre soldati americani e del ferimento di altri 47 in un attacco in Giordania. Da Teheran fanno sapere, tramite l’Agenzia Stampa della Repubblica Islamica (IRNA), che la Sala è stata arrestata per aver «violato le leggi della Repubblica Islamica», che il suo arresto è stato condotto in base alle normative vigenti e che le sono stati garantiti sia l’accesso consolare che i contatti telefonici con la famiglia. Per bocca del Direttore generale degli affari americani per il Ministero degli Esteri iraniano, sono state smentite anche le accuse americane circa gli arresti dei due iraniani negli Stati Uniti e in Italia, definite «infondate e politicizzate». In queste dinamiche di azioni e rappresaglie, con buona pace del tifo mediatico della stampa italiana, il giornalismo e la “libertà”, come spesso se non sempre, c’entrano ben poco.
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