Gli standard, l’inflazione alimentare, le dipendenze della Ue, la nuova PAC. Sébastien Abis a L’Express

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Dall’intervista a L’Express di Sébastien Abis

Sébastien Abis, direttore del Club DEMETER, ha concesso una dettagliata intervista a L’Express, della quale Il Tazebao riprende alcuni passaggi di particolare interesse per il dibattito sul settore agricolo.

«(…) Il mondo agricolo – ha ricostruito – deve gestire una moltitudine di standard ma non è l’unica causa delle difficoltà e del disordine del settore. Da trent’anni ormai l’Europa agricola sta diventando più verde. Da un lato, agli agricoltori europei è stato chiesto di aderire meno a un approccio produttivistico perché la sicurezza alimentare era stata raggiunta a livello continentale. Dall’altro, abbiamo intensificato i requisiti ambientali e le prestazioni sanitarie della produzione agricola. (…) Ma all’agricoltura europea sono state imposte prestazioni ambientali senza mantenere, allo stesso tempo, le sue prestazioni economiche e produttive. Tuttavia il mondo e la geopolitica hanno sconvolto molti equilibri. La pandemia di Covid, poi la guerra in Ucraina, hanno sottolineato l’importanza della sovranità alimentare. Alla fine, l’Europa si è resa conto di non essere immune dagli eventi meteorologici o dalle malattie degli animali, come l’influenza aviaria. In questo contesto, gli agricoltori europei stanno cercando di fare questo lavoro. Ma la politica dell’UE manca di coerenza tra ciò che impone nel quadro del Green Deal e il suo discorso sulla sovranità alimentare strategica».

«Aggiungerei un’altra incoerenza, quella dei consumatori, che vogliono più sicurezza e pratiche agricole sostenibili senza accettare di pagarne il prezzo. Il giusto prezzo del cibo è quello che fa bene alla salute, al pianeta, ma fa bene anche al produttore e al territorio. Sono due anni che spiego che l’inflazione alimentare è un’ottima notizia».

Proseguendo, sulla “incoerenza” delle politiche europee: «Non si può chiedere agli agricoltori europei, qualunque sia il settore, di rimanere potenti sul piano quantitativo, di essere sempre più forti sul piano ambientale e iperefficienti sul piano sanitario. Se i rischi per la sicurezza alimentare aumentano a causa del cambiamento climatico, della geopolitica o delle malattie, e allo stesso tempo si disarmano gli agricoltori privandoli degli strumenti scientifici, agronomici e tecnologici che consentirebbero loro di rispondere a questi problemi tutto si complica! Inoltre, non possiamo continuare a imporre standard ai nostri agricoltori e consentire a un sacco di prodotti alimentari di altra provenienza di entrare nei nostri mercati, in condizioni che non hanno nulla a che fare con le nostre».

E sulla “inflazione alimentare”, Abis ha precisato: «(…) Ovviamente la questione del potere d’acquisto è estremamente delicata. Ma siamo, ancora una volta, davvero coerenti? Sappiamo che le transizioni sono essenzialmente nuovi vincoli. Dobbiamo spiegare ai consumatori che il cibo europeo di qualità si paga e che, se domani vogliamo avere un tessuto agricolo locale su scala europea, con corrette prestazioni ambientali e sociali, costerà da 2 a 3 volte di più! Questo è il vero punto critico. È sostenibile? (…) Quando la grande distribuzione continua a dire che il giusto prezzo del cibo è il prezzo basso, è un discorso totalmente anacronistico rispetto alle transizioni che stiamo affrontando. Perché questo dà ai consumatori l’illusione che il cibo non valga niente, o quasi. Dobbiamo allineare le etichette ai nostri valori etici e morali».

E sulle proteste del mondo agricolo: «Credo che non si debba esagerare l’aspetto dell'”agricoltura infelice”. Mettiamo fine a questa immagine miserabile dell’agricoltura. C’è, certo, una parte del mondo agricolo che soffre, ma le realtà settoriali e territoriali sono molto varie. (…) Coloro che si sono imbarcati in quello che io chiamo Everest alimentare, con questa triplice ingiunzione di sicurezza, sostenibilità e salute, sono soprattutto imprenditori agricoli. Come tutti gli imprenditori, devono avere libertà di impegno e di azione. “Fidati di noi e dacci i mezzi”: questo dicono. C’è ovviamente la questione degli standard ma anche quella della remunerazione, delle attrezzature agricole del futuro, degli strumenti digitali (…)». Quindi, una precisazione sugli standard: «Credo negli standard: rassicurano e proteggono. Ma oggi i conti tornano, con questa malattia tutta francese di un’eccessiva trasposizione delle regole europee. Se lo standard diventa paralizzante e contraddittorio, allora dobbiamo risolverlo».

«L’Europa agricola – ha evidenziato Abis – ha delle dipendenze. Una dipendenza dall’energia, che andrà sempre più compensata con le rinnovabili e mi piace sottolineare che il primo fornitore, oggi, di energia verde in Europa è il mondo agricolo».

«E poi ci sono prodotti che non realizzeremo mai nel continente. Ma ci sono cose che facciamo anche molto bene, e più siamo in Europa, più aumentiamo il tonnellaggio, ma anche la diversità della nostra agricoltura. Negli ultimi vent’anni, l’Europa allargata ha notevolmente aumentato i suoi volumi e la varietà della sua produzione. Il nostro problema è l’incapacità di far vivere questa storia fuori, cioè fuori dai nostri confini. L’Europa si posiziona solo nel registro degli accordi di libero scambio. Tuttavia, alcuni di essi non sono stati favorevoli al settore agricolo europeo (…)».

Infine, sull’Ucraina e il possibile ingresso nel mercato comune: «Interessante il caso dell’Ucraina. Per solidarietà, abbiamo completamente liberalizzato il nostro commercio con questo paese. Non tutti i prodotti alimentari ucraini che entrano nel mercato comunitario, siano essi zucchero, pollo o cereali, sono prodotti secondo gli standard europei. È legittimo che ciò sollevi degli interrogativi. Ora, se l’Ucraina entrasse domani nell’Unione Europea, con una convergenza normativa, ciò rafforzerebbe la nostra potenza agricola in termini di volume e diversità. Tuttavia, la nuova PAC, entrata in vigore nel gennaio 2023, si basa su 27 piani strategici nazionali. Stiamo vivendo una sorta di rinazionalizzazione dell’agricoltura europea, che ha meccanicamente aperto il vaso di Pandora delle rivendicazioni locali. Nei Paesi Bassi si riferiscono all’azoto e al bestiame, in Germania all’energia, in Francia è un po’ un miscuglio di tutto questo. Infine, il rischio che si profila all’orizzonte è quello della concorrenza tra Stati membri. Dobbiamo ripristinare la comunanza nella politica agricola europea».

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