di Lorenzo Somigli
In questa storia c’è tutto: fondi europei non spesi, ritardo infrastrutturale e industriale, l’hub dell’energia mancato, veti incrociati e russi cattivi. E scelte che poi ricadono sulla collettività…
Toscana Chianti Ambiente – PIOMBINO (Li) – No, non è il tutto vittoriano Galsworthy o la certamente più nota Gal Gadot, è il GALSI. Un acronimo che ai più non dice granché. In effetti, è un nome sepolto tra le sabbie del tempo e le scartoffie. Sciogliendo la sigla, esso significa “Gasdotto Algeria Sardegna Italia”. Suona poco familiare ma meno ignoto. Nel prosieguo farà il suo ingresso sulla scena un’altra sigla, “GNL”, ma dopo. Tornando al GALSI, si tratta di un progetto per l’importazione di gas dall’Algeria all’Italia, passando per la Sardegna. Piombino il suo approdo peninsulare. Un progetto di grande rilevanza per l’Italia, per le sue regioni coinvolte, Sardegna in primis, ma anche per la stessa Unione Europea che lo aveva identificato come strategico.
Il gasdotto avrebbe dovuto essere completato prima nel 2010, poi nel 2012 e, proroga dopo proroga, addirittura nel 2018. Si stima che avrebbe potuto importare circa “8 miliardi di metri cubi all’anno”. Per fare un raffronto, seppur non esaustivo, un gasdotto attualmente in funzione come il TTPC ha una capacità di trasporto di circa 34 miliardi di metri cubi all’anno. Il tragitto del GALSI era così previsto: Koudiet Draouche sulle coste del Paese nordafricano con cui l’Italia vanta relazioni consolidate, arrivo a Porto Botte nel sud della Sardegna, poi Olbia e quindi Piombino, sua destinazione finale. Una rotta molto più breve rispetto a quella di gasdotti attualmente attivi come il già citato TTPC o gli altri.
Gli obiettivi del gasdotto erano almeno tre. Innanzitutto, favorire una diversificazione degli approvvigionamenti europei, già allora nell’ottica di ridurre il potere di ricatto di alcuni Paesi. Fare dell’Italia quel tanto vagheggiato “hub dell’energia”, mettendo a frutto – e al servizio di tutta la UE – la sua naturale posizione di ponte nel Mediterraneo allargato o mare nostrum, se preferito; nel frattempo la Turchia, da cui passa il TAP, si appresta a diventarlo. Infine, la metanizzazione della Sardegna, regione allora non raggiunta dal gas naturale, dove si ricorreva a GPL, aria propanata e gasolio, fortemente climalteranti. Una grave lacuna considerata, per lo meno, concausa della profonda deindustrializzazione della Sardegna, alla quale si è faticosamente posto rimedio solo negli anni successivi, grazie agli investimenti di Italgas attraverso Medea. Per esempio, la prima città ad essere raggiunta dal gas naturale è stata Alghero, solo nel 2020. Infatti la Regione Sardegna è stata sempre in prima linea a sostegno del progetto.
L’articolo completo su Toscana Chianti Ambiente: GAL-No, ovvero dimmi quale gas importi e ti dirò chi sei
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