Fascista e rosso: un ritratto di Beppe Niccolai

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Il Tazebao – Il 26 novembre, cari lettori, è stato la ricorrenza dell’anniversario della nascita di Beppe Niccolai, patriota rosso e socialista tricolore, come direbbero il Landolfi e Accame, peraltro suoi amici.

Classe 1920, poco più che ventenne, imbraccia le armi in quel infame 1943, combattendo in Tunisia. In quello stesso anno, nel maggio, viene catturato e internato dapprima nei campi albionici presenti in Africa, poi a Nuova York e, infine, nel “Fascist Criminal Camp” di Hereford, in Texas. Liberato, torna in Italia tra difficoltà di ogni genere, soprattutto economiche.

Trova nello sport una valvola di sfogo, un compagno per la vita, un po’ meno “di vita” giacché sarà una delle sue cause di morte: gioca a pallanuoto nel Cusi (arrivando a disputare, nel 1949, i campionati nazionali di Merano) e a calcio nel Santacroce, di cui compone, nella stagione ’47-’48, la leggendaria mediana di ferro assieme a Ubaldo Giannotti e Torquato Biagi. Dagli anni ’50, però, non sarà la sfera la sua passione, bensì il ciclismo (la sua Zipier arancione, come ci dice Alessandro Amorese nel suo libro su Niccolai, era conosciuta tanto quanto il suo Maggiolino).

Ritornando a Niccolai politico, quantunque non avesse vissuto l’esperienza salotina in prima persona, si rifaceva comunque ad essa, inneggiando sovente al “picciarca” Bombacci, il “socialista-fascista”, il tribuno di Salò, il consigliere e unico amico dell’ultimo Mussolini. Senza dimenticare poi i vari D’Annunzio, Corridoni, Mussolini interventista e, soprattutto, Berto Ricci. Proprio il fondatore dell’Universale, maestro di Indro Montanelli e Romano Bilenchi, fungerà da bussola ideologica per Beppe.

Un difetto del Nostro? Il dialogo. Un dialogo che serviva a ricucire quella antica ferita risalente al ’14, allorché il socialismo non si fece nazione. Il PSI di Craxi, che frattanto aveva ricuperato ideologicamente delle figure chiave del Risorgimento, era l’interlocutore che più si confaceva al tipo di dialogo che Niccolai desiderava instaurare con la sinistra.

Emblematico il caso di Sigonella, “lo scatto d’orgoglio nazionale” che spinse Niccolai a far approvare al Comitato Centrale della Fiamma un OdG a sostegno del governo craxiano. Eppure, quel Craxi distensivo e dialogante coi missini, il distruttore del ghetto a cui erano relegati i seguaci della Fiamma sino all’83, verrà fischiato e contestato, in quel fatidico ’93, nientepopodimeno che da giovani missini, accompagnati da leghisti e occhettiani. Chissà cosa ne avrebbe pensato, il buon vecchio “socialista italico” di Pisa.

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