Dopo le preoccupanti notizie dagli Stati Uniti, che sembrano anticipare la fine della bolla Airbnb, riportiamo l’analisi di Lorenzo Villani incentrata su Firenze.
La Città Invisibile – “Il collasso di Airbnb è reale”. Si apre così il tweet di Nick Gerli, CEO di Reventure Consulting, una società che fornisce consulenza agli acquirenti di case e agli investitori immobiliari. Gerli ritiene che, sulla base dei dati di AllTheRooms, la piattaforma di affitti brevi stia attraversando una decrescita clamorosa.
È l’inizio di una crisi che attraversa e va oltre Airbnb. Una crisi che avrà conseguenze sul modello turistico che negli ultimi anni ha egemonizzato il mercato.
Osservando i dati, emerge come le entrate di Airbnb siano diminuite di quasi il 50%. Trattasi di un collasso che, per ora, sta interessando soprattutto il contesto statunitense. Tra i casi più significativi possiamo menzionare: San Antonio, Texas, con un calo dei ricavi del 43,8%; Nashville, Tennessee, in calo del 39%; Denver, Colorado, con un calo del 38,6%; New Orleans, Louisiana, in calo del 37%; e Seattle, Washington, in calo del 35,2%.
Secondo alcune ricostruzioni, una tale decrescita è frutto di una serie di fattori, quali, ad esempio, la diminuzione della domanda di viaggi post-pandemia a cui corrisponde, al contrario, una costante offerta da parte di Airbnb.
La situazione è così riassumibile:
- I profitti sono diminuiti
- L’offerta da parte della piattaforma è aumentata eccessivamente.
E a Firenze? Il crollo della piattaforma nel capoluogo toscano potrebbe dare vita ad un quadro drammatico. Va infatti ricordato che, come rivela il portale HostAirBnb, a Firenze, 20 soggetti (“host”) controllano 1.101 appartamenti del capoluogo toscano. Gran parte di questi si trovano nel centro storico della città. La piattaforma ha poi generato un’esponenziale conversione di appartamenti in residenze Airbnb: dai 7.500 a 11.000 attuali.
Laddove il collasso della piattaforma dovesse concretizzarsi, si assisterebbe a nuove case vuote. Appartamenti non più finalizzati al mercato del turismo di massa o ai nomadi digitali.
In una città che vanta una grave crisi abitativa e una costante difficoltà ad accedere alla casa, un’elevata presenza di immobili vuoti, privi di prospettive remunerative e non destinabili ad alcun acquirente, rappresenterebbe il più grande fallimento di questi anni.
Sulla città: Hotel Astor e i non luoghi. Sopralluogo in via Maragliano
Un fallimento per le piattaforme, che non potrebbero più trarre utili da un tale modello turistico. Un fallimento per chi in questi anni ha amministrato le nostre città, che soltanto recentemente si è reso conto dei meccanismi diseguali e distorti di questa economia.
Malgrado Airbnb sia da sempre stato descritto come un innovativo progetto imprenditoriale capace di conferire ad ogni “host” la possibilità di mettere a disposizione la propria casa ai viaggiatori, la piattaforma non ha fatto altro che contribuire allo spopolamento delle città e alla loro progressiva erosione comunitaria e identitaria.
Il quadro che si sta delineando è soltanto l’esito di un modello fallimentare del capitalismo delle piattaforme.
Infatti, l’emersione di oligopoli economici e la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi non ha fatto altro che dar vita ad espulsioni sociali e al progressivo impoverimento, economico e culturale, dei luoghi.
Airbnb è diventa una bolla pronta ad esplodere. Il suo collasso potrebbe dare vita ad una crisi economica mondiale i cui effetti sarebbero ben peggiori della crisi del 2008.
Le conseguenze di tale collasso potrebbero infatti costringere molti proprietari di case, che in passato avevano aderito alla piattaforma, a vendere le proprie strutture. Si potrebbe quindi configurare un’ondata di vendite capace di portare ad una saturazione del mercato.