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Dinamismo democratico britannico e coessenziale ruolo della Corona

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La particolarità e la straordinaria efficienza di un sistema che resiste al tempo

Al quisque de populo mediatico può esser parso uno scherzo d’intelligenza artificiale il video con cui il sorriso smart del Premier conservatore Uk Mr.Rishi Sunak, il 5 luglio, annunciava le dimissioni del suo governo di lì a poco rassegnate a Buckingham Palace, per far posto al nuovo inquilino del civico 10 di Downing Street, il serioso avvocato Sir Keir Starmer, leader laburista uscito vincitore delle elezioni svoltesi il giorno prima. Tutto ciò in un clima di prosaica normalità, senza toni mediatici apocalittici del diuturno “chissà cosa succederà adesso” o messianico-riformatori tipo “niente sarà più come prima”.

Nell’arco di sole 24 ore, il potere esecutivo (con tanto di lista di ministri!) si è conformato alla Volontà democratica del Popolo, prima dell’insediamento della nuova Assemblea legislativa. Ad un banchiere d’affari, primo Premier di fede induista, succede un brillante Avvocato impegnato in difesa dei diritti umani e poi Direttore della Pubblica Accusa d’Inghilterra e Galles.

Veramente padrone del proprio destino, il Popolo che si assunse la responsabilità della Brexit corrosiva della stagione dei Leader conservatori, non è da escludere che, nei ricorsi storici, valuti formule riadesive a quella Unione Europea che continua ad usare l’Inglese nei propri atti ufficiali, ça va sans dire

Ma qual è il pernio della ruota democratica britannica? Indubbiamente la Corona che, con il suo charme fiabesco fuori del Tempo, garantisce il sincronismo perfetto dei tempi istituzionali effettivi rispetto all’espressione della Volontà democratica: una giovanissima Regina ieri, poi divenuta Nonna amatissima della Nazione, un anziano Re oggi, flemmatico e démodé, un simpatico e dinamico giovanotto Principe ereditario, per il domani, ed uno stuolo di Bambini per il dopodomani, assicurano, nel solco della continuità senza soluzioni dello Stato, la radice identitaria di un albero reso più viridiscente da innesti del più vario e cosmopolita pluralismo etnico, culturale e religioso.

Nel contesto di una veramente Open Society (K.Popper, 1946), una Famiglia pubblica, fuori dall’agone politico conflittuale e dal mercato, con i suoi membri testimoni di tutte l’età umane − anche in tal senso reale − riesce a trasformare ogni scandalo rosa ed ogni dramma personale dei suoi membri in tessuto connettivo della Corona tra le grigie periferie di Liverpool o Glasgow, le marginalità del East End of London e le aspirazioni del giovane yuppie della City o di chi sorseggia un wisky con un sigaro in una dimora avita immersa nel verde del Galles o dello Yorkshire.

Il tutto con proiezione nel Commonwealth intero e, di riflesso nell’Anglosfera mondiale: questo è il senso di appartenenza ad una Comunità umana, più realmente percepibile della cartesianamente disincarnata Fraternité post-rivoluzionaria degenerata in asfittico pseudo- solidarismo burocratico, più ideologicamente dispersivo che credibilmente redistributivo.

Perché la Comunità umana su un dato Territorio è la Res publica, simbolizzata proprio dalla Corona, bene indisponibile, che il Re ha sopra di sé come esprime l’etimologia latina del lemma trilittero Rex: is qui REGIT Rem publicam. Così la funzione regia, unitiva e super partes, con una pompa rituale splendida, volutamente inversamente proporzionale ai suoi minimi poteri politici, è dunque public service a vita per definizione, da intendersi come rafforzamento e non diminuzione della Democrazia nel segno di “Repubblica coronata” (J.Bryce,1921; cfr., M. Hollinger 2024: crowned republic), da ascriversi ormai – in senso giuridico evolutivo di forma di Stato – a species del genus Repubblica (già J. Adams, 1763), come sono da intendersi le contemporanee monarchie costituzionali europee, dalle quali certo, nell’attuale “mondo vasto e terribile” (L.Somigli, 2023), non provengono pericoli per la Pace e la Democrazia (C.Langone, 2024), né per i Diritti Umani e tanto meno per i più progressivi Diritti civili. Beni tutti invece oggetto di gross violations, in modo drammaticamente evidente in ‘altrove’ sempre più vicini ed alcuni impensabili.

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