Il Tazebao – Sullo sfondo della strategia americana di destabilizzazione interna ed esterna contro la Russia, il Caucaso è tornato al centro del tentativo di creare caos ai confini di quest’ultima col proposito di costringerla in tutti i modi a distogliere l’attenzione dallo sforzo bellico in Ucraina (che si sta rivelando fruttuoso: solo ieri sono state ufficializzate la cattura di Ivanovka e Berestovoye a Kharkov e di Netailovo e Arkhangelskoye nella RP di Donetsk). In Georgia il Parlamento ha votato per scavalcare il veto della Presidente della Repubblica sull’obbligo per le ONG di dichiarare la ricezione di fondi stranieri, una legge che anche la Turchia si appresterebbe ad adottare, e il Paese si trova estremamente diviso tra le piazze dei favorevoli e quelle dei contrari, nelle quali è tutt’altro che raro vedere bandiere della NATO, della UE e dell’Ucraina. In Armenia, dove ancora non si sono risanate le ferite dell’ultima guerra del Nagorno-Kharabakh (settembre 2023), che ha portato alla caduta definitiva e allo scioglimento della Repubblica dell’Artsakh nei confini azeri, settori sempre più vasti di popolo chiedono le dimissioni del presidente Pashinyan, il quale si appresta a lasciare all’Azerbaigian il controllo dei villaggi di confine. In queste proteste è emersa la figura dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan, il quale ha detto che la definizione del confine con l’Azerbaigian dev’essere effettuata solo con un trattato di pace. 284 finora gli arresti, mentre altre 273 manifestanti sono già stati rilasciati. Questi hanno bloccato anche l’autostrada di confine con l’Iran, la Yerevan-Armavir e altri snodi. (JC)
Di bombe democratiche e di chiodi anarchici
Il Tazebao – Ora si parla perfino di attacco diretto all’Iran, come rappresaglia a una rappresaglia non indolore, avendo questa