A Craxi
Quest’anno si è celebrato il 25° anniversario della scomparsa di Bettino Craxi, uno dei volti più conosciuti della Prima Repubblica e del socialismo italiano. Statista di ineguagliabile valore, riuscì a far diventare l’Italia quinta potenza mondiale del mondo capitalista, dopo solo a Francia, Giappone, Germania Ovest e Stati Uniti d’America. Anti-comunista fino al midollo e libertario dalla testa ai piedi, affrancò il Partito Socialista dall’ingombrante e tirannicamente burocratico fratello, oramai avviato verso la strada del rosso scolorito, sbarazzandosi della barba grigia dell’allora eurocomunismo e preferendo quella bruna del più “latino” Proudhon. Infine, fervido garibaldino, si rifaceva alle idee patriottiche e al socialismo umanitario del Condottiero nizzardo, difensore dei popoli oppressi, fautore dell’Unità italiana e paladino della libertà. A te, Bettino, rivolgiamo un saluto eterno!
Ciao, Bettino!
Il Socialismo Tricolore
Il primo a lanciare questa “proposta politica” non fu, come si potrebbe pensare, il fascista Giano Accame con la sua omonima opera Socialismo Tricolore del 1983, bensì il socialista triestino Arduino Agnelli, sindaco di Trieste per appena quaranta giorni e senatore per ben due legislature. Lo fa nel numero del 22 aprile 1980 di Critica Sociale con un articolo dal titolo a dir poco eloquente: “Quell’odio-amore per la nazione”. Però, a darci una definizione esaustiva del concetto di Socialismo Tricolore, è il socialista (con un passato nelle file del missinismo di sinistra e corridoniano) Enrico Landolfi in Socialismo e Nazione (1985), libro contenente un colloquio epistolare tra il prefato Landolfi e il poeta missino Franz Maria d’Asaro.
Seguiamo, quindi, Landolfi in questa appassionata e coraggiosa definizione del Socialismo tricolore:
«Che cosa è oggi questo benedetto socialismo tricolore? Oggi, e non negli anni risorgimentali, o dell’epoca post-unitaria, o del periodo interventista. Ti rispondo: è una battaglia tutta da combattere e che vale la pena di combattere, e per fare ciò non c’è alcun bisogno di occuparsi degli interessi più o meno partitocratici, più o meno elettoralistici, di questa o quella sigla partitica, di Tizio, di Caio, di Sempronio. C’è bisogno, invece, di costruire poco alla volta, e con grande pazienza, una nuova area culturale con il contributo di tutti; specialmente di tutti coloro che in un modo o nell’altro, fuori o dentro la democrazia di sinistra, l’area socialista, a qualunque filone ideologico appartengano, in qualunque dottrina ed esperienza storica si siano riconosciuti, manifestino disponibilità per un lavoro intellettuale comune, per una ricerca comune, per un’opera volta a una definitiva e totale nazionalizzazione del socialismo. Sì, il termine giusto: nazionalizzazione; o, se si vuole, tricolorizzazione. Perché il socialismo si è riconciliato con lo Stato, ma non ancora con la Nazione».
Affermazioni, queste del Landolfi, incredibilmente attuali, assolutamente legittime. Ci preme però, carissimi lettori, fare una piccola riflessione: com’è possibile che a quei tempi fossero così avanti rispetto a noi nel dibattito sul socialismo più di visione nazionale? Un missino e un socialista che, invece di darsele con la clava degli odi antichi, sguainano le durlindane dell’intelletto e della civiltà per dibattere su un tema che tocca tutto il campo socialista: il socialismo e la questione nazionale.
Quelle attenzioni da destra
Se è vero che a una certa sinistra, al contrario di altra, non garbavano Craxi e il craxismo, è altrettanto vero che una certa destra osservava con molto interesse Craxi e il suo socialismo tricolore, Accame e Niccolai in particolare.
Il primo, come abbiamo già avuto modo di vedere poco sopra, intitolò un suo libro Socialismo Tricolore. Il secondo, invece, trovava in Craxi un perfetto interlocutore col quale instaurare un serio dialogo politico. Invero, di questo progetto dialogico, Niccolai ne parla anche al terzo Campo Scuola Nazionale del Fronte della Gioventù, svoltosi a Montesilvano il 24 e 25 settembre 1983, appena qualche mese dopo la nascita del primo governo a guida Craxi.
Il 24 settembre del 1983 è chiamato a tenere una relazione dal titolo assai curioso: “Craxi-Almirante: la civiltà del dialogo, ovvero il recupero nella pacificazione nazionale degli italiani, della identità nazionale”.
E Accame? Il “fascista gentile”, come ebbe a definirlo il giornalista di sinistra Bruno Gravagnuolo, indicava Craxi come ri-scopritore del socialismo tricolore e sanatore di quelle fratture (Dio, Patria, Progresso) che considerava “imprudenti e stupide”. Alla faccia degli anti-craxiani e dei cacciatori dal griletto facile che, del craxismo e del socialismo tricolore, non ci hanno capito un ette.