Beirut, il passato che ritorna

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Non c’è pace per il Libano. Scontri e morti a Beirut durante una manifestazione degli Sciiti, che sono entrati in città armati.

Scene già viste, scene che nessuno avrebbe voluto rivedere più. La protesta armata e gli scontri di oggi fanno riemergere l’incubo di un conflitto intestino al Libano. Il bilancio è di almeno 6 morti e 30 feriti. Una parte consistente dei manifestanti di Amal ed Hezbollah arriva a Beirut armata di semiautomatici e lanciarazzi, come testimoniano diversi video della giornalista Larissa Aoun.

È opinione di molti, infatti, che lo scopo della manifestazione organizzata dai due partiti Sciiti fosse impedire un processo vero e indipendente colpendo il giudice, cristiano Maronita, incaricato delle indagini sull’esplosione del 4 agosto 2020.

Va in questa direzione Sami Atallah, già direttore del Lebanese Center for Policy Studies, che scrive: “Ciò che sta succedendo a Beirut è un attentato alla giustizia e mina ogni tentativo di punire i colpevoli per l’esplosione del 4 agosto”. 

E aggiunge: “Tutti coloro che hanno preso parte alla sparatoria di oggi hanno un punto comune: stanno minando le indagini sull’esplosione del porto e esacerbando la tensione settaria per i propri fini politici”.

L’Avvocato Roger Eddé, con cui abbiamo dialogato in precedenza, nota: “Forse è l’inizio di una guerra civile. Hezbollah sta mettendo in pratica la dottrina di Sun Tzu: vincere la guerra senza combatterla. Quanto abbiamo visto è avvenuto proprio dove la guerra civile iniziò nel 1975 con un attacco delle milizie falangiste a danno dei palestinesi”.

Amal ed Hezbollah denunciano che vi fossero dei cecchini appostati sui palazzi. Gli spari potrebbero essere partiti dal limitrofo quartiere cristiano maronita. Come a voler significare che in quella zona, armati, non si può entrare.


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