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È sempre una questione di dati…

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Secondo appuntamento di analisi sul volto reale della transizione ecologica e sulle sue ricadute concrete.

Affrontare un problema tralasciando i dati oggettivi può portare a soluzioni sbagliate, una fra le ragioni per cui, da bambini, mentre muovevamo i primi passi incerti nell’oscuro mondo della matematica, la maestra non faceva sconti sulla procedura: lettura dei dati, analisi dei dati, svolgimento, soluzione.

Dati di cui, oggi, nello sventolio di bandiere del venerdì di vacanza “impegnata” degli studenti che cambieranno il mondo, non c’è traccia. Così come, nel pubblico dibattito, si preferiscono claim acchiappalike e frasi ad effetto a un passo dal precipizio cosmico.

Ecco, si guarda la fine, un teorico risultato. Certo, molto cool ma poco fondato sul processo e sulle azioni concrete per tracciare una road-map credibile; perché, come abbiamo scritto la scorsa volta, le rivoluzioni –quelle che durano, quelle vere – non si fanno per decreto, al contrario, incontrano un “principio di convenienza” tra domanda e offerta: si fanno piacere praticamente più che teoricamente.

Il tema del “green” guarda molto la fine e poco il percorso, correndo il rischio di giudicare l’acqua che beviamo dalla qualità del rubinetto installato piuttosto che dalla purezza della sorgente o dallo stato della condotta di distribuzione.

Parlando di elettrificazione, guardiamo all’ultimo utilizzo prima che a come si produca l’energia. Un esempio?

La tabella sotto riportata (Fonte: Terna) ci racconta come sia mutata la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili dal 2013 a oggi.

Come è cambiata? Per nulla.

Nonostante le grancasse – gli investimenti, i fiumi di incentivi, i prelievi forzosi dalle bollette di tutti gli italiani, le conferenze stampa, i post e i venerdì del filone – negli ultimi otto anni leggiamo in sequenza dal 2013: 112, 121, 109, 108, 103, 114, 116, 117 mila GWh generati da fonti rinnovabili in Italia.

Un’oscillazione stabile e perfettamente compatibile con la variazione di giornate di sole, vento e piogge.

Il consumo nazionale di energia elettrica, tuttavia, è mediamente di 300.000 GWh, di cui il 10% è il saldo medio stabilmente importato dall’estero.

  1. Se dovessimo aumentare di molto il fabbisogno di energia elettrico e farlo rapidamente, come si penserebbe di produrre questo surplus?
  2. Da fonti rinnovabili o bruciando combustibili fossili?
  3. Quanti anni e investimenti servirebbero per coprire un gap al momento incolmabile, con quali tecnologie?
  4. Che siano da riconsiderare gli esiti del referendum sul nucleare?

I fatti e i prezzi di questi giorni iniziano a raccontare la storia vera, ad aprire il sipario su uno spettacolo che sta per iniziare nel quale, purtroppo, resteremo a guardare (e a subire) impotenti, vittime di noi stessi e della nostra leggerezza nel costruire una strategia energetica sostenibile e, prima ancora, credibile.


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