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Verso lo scontro egemonico

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Il 2023 volge a conclusione: i fatti sembrano condurre allo scontro per l’egemonia mondiale. Il Tazebao propone un’analisi sganciata dalla cronaca, per andare alla radice.

Fase altamente magmatica della geopolitica, preparatoria per lo scontro egemonico. L’Impero americano sta per ridefinire il suo impegno, che non può essere disperso su più fronti (Pacifico, Ucraina, Medioriente), e concentrarlo dove più necessario.

Il sempre più probabile avvicendamento tra Democratici e Repubblicani alla Casa Bianca porterà a uno spostamento del focus strategico sull’Iran, donde le continue condanne al regime che servono per preparare l’opinione pubblica “occidentale”, e sulla Cina, uno «Stato-civilizzazione» per citare Zhang Weiwei in grado di attentare all’egemonia statunitense, tentando forse un accomodamento con la Russia, dopo aver tentato di dissanguarla nella guerra civile russo-ucraina, combattuta tra popoli cristiani ortodossi.

Proprio Trump terminò il suo primo mandato sfiorando lo scontro con l’Iran: un sempre meno improbabile ritorno alla Casa Bianca potrebbe significare un ritorno all’assalto di Teheran e di Pechino. L’alternanza dei partiti al potere si può leggere anche in termini geopolitici: in linea di massima, i Repubblicani combattono Iran e Cina, mentre i Democratici si concentrano sulla Russia.

Uno alla volta

Gli anglosassoni, figli delle idee di Mackinder, di Homer Lea, dell’ammiraglio Mahan e di Spykman, non hanno mai combattuto una guerra egemonica senza la Russia alleata, sulla quale è stata scaricata, sia nella Prima sia nella Seconda guerra mondiale, una parte consistente dello sforzo bellico tedesco (Stalin lo sapeva e posizionò i decisivi kombinat nel cuore dell’Heartland russo), tantomeno hanno combattuto una guerra su due fronti, in questo caso contro Russia e Cina contemporaneamente.

Insomma, devono, da un lato, lavorare per scomporre una possibile e temutissima alleanza Russia-Iran-Cina, potenzialmente espansa fino alle potenze “revisioniste” lungo il Rimland come Germania, Ungheria o Turchia, e fino ad ora non sembrano esserci riusciti, dall’altro devono combattere ogni componente della triade separatamente; ciò si traduce nel combattere la Russia in Ucraina erigendo anche una muraglia “atlantica” in Europa (Finlandia, Polonia, Romania etc.), l’Iran in Medioriente, dove però gli Houthi lavorano a un sistematico blocco navale, fare dell’India un antemurale contro Cina.

Da notare come questa “strategia periferica” permetta di evitare un coinvolgimento diretto, scaricando, inoltre, i costi bellici sugli alleati periferici (una tattica utilizzata fin dalle guerre napoleoniche): in questo modo, gli anglosassoni evitano pesanti perdite umane e soprattutto economiche. Ugualmente, come nel caso dell’Inghilterra nella Seconda guerra mondiale che dovette sacrificare l’Impero, lo scontro richiederà un tributo non indolore.

Il ruolo di Germania e Francia

Proprio le mosse della Germania, cuore geografico dell’Europa, oltre che suo motore economico, da sempre un “magnete” per l’area baltico-anseatica, danubiana, balcanica e perfino per il Nord Italia – l’Italia è proiezione della Germania nel Mediterraneo -, meritano di essere seguite.

Il poderoso sviluppo industriale tedesco dagli inizi del 2000 in poi si è sorretto anche e soprattutto sulla disponibilità di energia a prezzi contenuti, merito anche del gas proveniente dalla Russia, oltre che sulla disponibilità di forzalavoro a prezzi più contenuti per effetto delle riforme Hartz, che sono alla base della “trappola del precariato” (e alla base dell’emersione dei partiti populisti). Dal 2022 la Germania vive una fase di ri-militarizzazione e si è detta disponibile a integrare e forse anche a sostituire gli Stati Uniti nel sostegno all’Ucraina; la tradizione militare tedesca parla da sola.

In parallelo, dopo aver sempre più abbandonato l’impegno nel contesto africano, la Francia, forte del Trattato del Quirinale che la proietta su tutta la penisola italiana e forte di una sempre più stretta alleanza con Arabia Saudita e Grecia, pompata di armi francesi e israeliane, prenderà in carico il Mediterraneo, tentando di contenere l’Iran e soprattutto l’esuberanza di Ankara, che vanta il secondo esercito della Nato, oltre che un’industria, civile e non solo, di prim’ordine.

In entrambi i paesi le pulsioni militariste verranno rinforzate dalla sempre più probabile vittoria delle destre, Le Pen (o Zemmour) in Francia e Alternative für Deutschland in Germania.

In sostanza, verrebbe a definirsi un sistema offensivo-difensivo o di contenimento nuovo e alternativo rispetto alla Nato, destinato a impegnare Russia e Iran (e Turchia) nel quadrante del “Mediterraneo allargato”, mentre gli Stati Uniti concentrare gli sforzi sulla Cina, rinsaldando l’alleanza con l’India, mentre il Pakistan, un tempo alleato di ferro di Londra, è virato verso la Cina.

Francia e Germania si dissanguano per guerre che non sono di loro competenza o nel loro interesse, Iran e Russia sono comunque impegnate, senza potersi saldare alla Cina. Questo, almeno, sulla carta, seguendo i precedenti storici.

Il tutto per la gioia di Washington e per il suo interesse, non certo quello dell’Europa, la quale ha vissuto una fase di crescita economica solo con la crescente integrazione con Mosca. Tuttavia, l’Europa non esiste come fattore geopolitico e nemmeno più come motore economico del mondo.

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