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Soli, ansiosi e “assuefatti al distanziamento”: come siamo dopo un anno di pandemia

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Le conseguenze psicologiche della pandemia. Intervista alla Presidente dell’Ordine degli Psicologi Maria Antonietta Gulino.
“Non abbiamo più spazi di decompressione. Preoccupano i giovani sempre più richiusi nel mondo digitale. Senza Salute non c’è Sanità…”

Dopo alcuni mesi, nei quali le conseguenze della pandemia si sono inasprite, abbiamo deciso di ricontattare Maria Antonietta Gulino, Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, già intervenuta nel novembre scorso a Il Tazebao. Queste le sue considerazioni.

Un anno dopo. L’Italia è stata travolta dalla pandemia e ha provato in vario modo a rispondervi: dall’entusiasmo dei primi mesi si è passati allo scoramento che lascia intravedere rabbia latente ma anche rassegnazione.

“Partiamo da un confronto tra la situazione dell’anno scorso e quella attuale. L’anno scorso tutto era nuovo, seppur tragico e sconvolgente, e in quella confusione tutti hanno reagito. Pensiamo a chi cantava dai balconi, a chi diceva che tutto sarebbe andato bene. Rispetto ad allora abbiamo sulle spalle il carico di un anno: non viviamo più in un’eccezione momentanea, questa adesso è la nostra routine. Siamo sempre più confinati, circoscritti, non possiamo fare programmi a medio-lungo periodo. I nostri spazi di decompressione sono azzerati. A questa condizione già complessa si aggiungono le incertezze: con la gestione della pandemia attraverso le zone rosse abbiamo sperimentato un’insicurezza pressoché continua. Questo si ripercuote sulle nostre vite. Aumenta il senso di precarietà, il disagio, la depressione. L’unica differenza, estremamente positiva, è l’inizio della campagna vaccinale che ci ispira un po’ di speranza, al netto delle difficoltà di approvvigionamento. Rispetto a un anno fa è un grande passo avanti. Le persone stanno rispondendo bene”.

2020, Gli scatti dell’agenzia Fotocronache Germogli

Chi sta risentendo di più dell’emergenza senza fine?

“Certamente le categorie più a rischio sono coloro che hanno vissuto il dramma del Covid. Per primi penso al personale sanitario che ha vissuto sulla propria pelle il dramma delle perdite, sia dei pazienti che degli operatori stessi. Sono sempre di più gli operatori che vanno in burnout, che non riescono a reggere più e comprensibilmente, che chiedono di essere trasferiti dalla Terapia Intensiva in altro reparto. Proviamo a metterci nei loro panni: per mesi hanno tenuto duro contro un nemico invisibile, con turni incredibili, senza certezze sulle terapie, senza il vaccino, è normale essere stremati. Sulla stessa linea ci sono coloro che hanno perso una persona cara, un parente, un amico, un collega per colpa del Covid. Ebbene, hanno pesato molto e continuano a pesare quei mesi di assenza, di “sequestro” obbligato e necessario in ospedale, nel quale non solo non ci si può toccare ma nemmeno vedere (fortunatamente i medici e gli infermieri cercano di fare il possibile per mettersi in contatto con pazienti e familiari). Si muore senza nemmeno un ultimo saluto. È terribile per chi sta in ospedale ma anche per i familiari che sono lontani e collegati solo col cellulare. Questo si traduce inevitabilmente in un aumento di ansietà e di depressione”.

Ultimamente è intervenuta su Firenze Spettacolo (I Giovani e la pandemia: vittime o colpevoli?) parlando della condizione dei giovani, considerati (spesso a torto) unici colpevoli della diffusione del contagio.

“È più che giusto parlare anche di loro. Tutti abbiamo perso un anno di vita, loro hanno perso un anno di giovinezza! E per questo molti vanno in crisi: perdono il sonno la notte, perdono la voglia di studiare anche per via della routine imposta dalla dad, si ritirano sempre di più in un mondo digitale avulso dalla relazione. Certo, la didattica a distanza è stata indispensabile nei mesi di trincea ma dobbiamo aver chiaro che non c’è apprendimento senza relazione. Alcune materie si studiano meglio grazie alla relazione con il professore, grazie al confronto con la classe. Tutto può diventare sterile: se non c’è incontro non c’è scambio. La relazione con l’insegnante è determinante, la relazione con i pari è fondamentale. Senza la relazione, i ragazzi sono deprivati della loro possibilità di apprendere in modo costruttivo per la propria sana crescita. Anche per questo l’Ordine degli Psicologi è stato chiaro: dobbiamo fare di tutto per riaprire, in sicurezza, le scuole!”

I single e le coppie

“Altra categoria fortemente colpita. Un po’ per scelta e un po’ per caso, non hanno la possibilità di uscire per incontrarsi ed in questo periodo storico il sentimento di solitudine e di distanziamento dagli altri è avvertito ancor di più. Non è più una scelta di vita. Adesso ci si trova in una “solitudine doppia”. Lo stesso accade agli anziani, spesso confinati a casa a tenere lontano un virus che per loro potrebbe essere letale. Ovviamente anche nei nuclei composti da coppie e famiglie la situazione diventa sempre più critica: i conflitti dentro la coppia, magari già strutturati prima della pandemia, si inaspriscono. Le coppie si trovano a vivere situazioni conflittuali e di stress, non ci sono ricambi, non ci sono i soliti stimoli, solo lavoro (quando c’è, altrimenti la situazione familiare diventa ancora più complessa) e gestione di una routine che diventa un circolo vizioso senza spazi di progettazione e di autonomia personale necessarie per un buon funzionamento delle relazioni di coppia. La componente relazionale deprivata e mutilata dal virus ha tolto il fiato non solo ai nostri polmoni ma anche alla vita delle persone”.

Che tipo di società sta venendo fuori dall’emergenza?

“Vi racconto un episodio che mi ha colpito. Quando sono andata a fare la prima dose di vaccino, ho perso la mia sciarpa nella stanza di accettazione. Poco dopo mi sento chiamare sia dall’infermiera sia da una signora, che mi avvisavano. La sciarpa è rimasta in terra! In altro momento storico, solitamente una di loro l’avrebbe raccolta e portata. Ciò non è avvenuto. Il distanziamento, cui siamo obbligati per necessità sanitaria, sta producendo una sorta di assuefazione, una abitudine a stare distanziati che si è radicata dentro di noi e produce nuovi e adattivi comportamenti. Il contatto fisico è stato congelato. È una modificazione profonda, che lascerà il segno: ci domanderemo sempre di più se ci si può o non ci si può avvicinare, se è bene toccarsi o meno. Un cambio forzato per una società che dovrebbe fondarsi sul senso di comunità e di solidarietà tra esseri umani. Dico spesso che siamo stati disattivati, in modalità off/on che cambia a seconda dei colori delle ordinanze, che siamo mutilati, che è come se ci fossero state state tolte le braccia! Questa disattivazione relazionale sarà ancor più forte sui giovani con ricadute durature. Invito coloro che hanno disagi, diffidenze e chiusure verso il mondo esterno a farsi aiutare. Per uscire dai postumi dell’emergenza occorre anche l’aiuto di professionisti della salute, come lo psicologo”.

Quali provvedimenti chiedete al neonato governo? Quali azioni concrete si dovrebbero approntare?

“Spero che il decisore politico e tutti coloro che si occupano di politiche sanitarie tengano conto di queste necessità e degli sviluppi futuri. I postumi della pandemia devono essere considerati, per agire e agevolare la prevenzione limitando il rischio di cronicità, certamente più dispendiosa per il cittadino e per la società. Ci sono Enti che hanno chiesto di stipulare convenzioni con l’Ordine degli Psicologi della Toscana per aiutare i propri dipendenti e da parte nostra siamo ben lieti di contribuire e dare una mano, mettendo a disposizione le competenze professionali dei nostri colleghi. Ultimamente sono stata invitata in Audizione presso la Commissione III Sanità e Politiche Sociali del Consiglio Regionale per portare avanti il progetto dello Psicologo di Assistenza Primaria che sta a cuore alla nostra Comunità professionale. Non tutti possono rivolgersi ad un professionista privato, non tutti possono permettersi, soprattutto oggi, di sostenere la parcella, ma dobbiamo pensare anche a loro. Tutte le persone vanno ascoltate ed aiutate, il diritto alla Salute è di tutti, lo dice a chiare linee l’OMS. Inoltre il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha avviato a settembre un protocollo d’intesa con il Ministero dell’Istruzione per gli Psicologi a scuola, purtroppo non tutte le scuole lo hanno attivato, ma i nostri studenti ne hanno bisogno. Dunque lo Psicologo a Scuola va implementato e potenziato e l’attivazione dello Psicologo di Assistenza Primaria, che si prende cura del cittadino insieme al medico di famiglia, sono i progetti a cui stiamo puntando. Non c’è Sanità senza Salute e non c’’ rilancio dell’Economia se non si attuano progetti e politiche per la Salute delle persone. E la Salute non è solo farmaco, è prendersi cura dei traumi, delle perdite, di un anno di lavoro e di scuola perso”.

Ringraziamo sentitamente la Presidente Maria Antonietta Gulino che nei suoi interventi ci aiuta a chiarire quanto questa pandemia non sia solo sanitaria o economica.

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