Si amplia il solco tra i fronti di guerra: Londra e Parigi pronte a inviare truppe, Roma si barcamena. Il Tazebao del giorno

Condividi articolo:
SEGUICI SU TELEGRAM:

Il TazebaoSir Keir Starmer ci riprova: nella baraonda scatenata in Europa dal progressivo disimpegno di Trump, il Regno Unito cerca di emergere come leader e prendere in mano le redini dell’Unione. La seconda conferenza di Londra vede molti più Paesi, rispetto alla prima (da cui non era uscito alcunché di concreto), dichiararsi disposti a inviare soldati. Tuttavia, anche qui, pare che il grosso del contingente europeo sarà costituito da truppe francesi e britanniche, in una mossa che ai più istruiti ricorda piuttosto le vicende della “Forza Araba di Dissuasione” nella Guerra civile libanese, a dispetto del suo nome “internazionale” principalmente costituita e ben presto rimasta soltanto siriana. Si oppongono gli Stati Uniti, per bocca del consigliere per la Sicurezza Nazionale Mike Waltz, che accusa chi spera di “cacciare i russi” dai nuovi territori di voler rischiare la terza guerra mondiale. Più ondivaga la presidente italiana Giorgia Meloni, che ha poi preso parte all’incontro nonostante dichiarazioni contraddittorie circa la sua partecipazione e la sua idea in merito. Alla fine arriva l’intesa della maggioranza: si predilige il rafforzamento della difesa nazionale alla creazione di un esercito europeo, evidenziando la necessità di procedere di concerto con gli Stati Uniti (posizione molto gradita anche alla Lega). Restando in tema, è passata sotto silenzio l’intervista di Mikhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, a La Repubblica, in cui ha annunciato che neppure in caso di cessate il fuoco verrà revocata la legge marziale, continuando così a non consentire elezioni in Ucraina che rinnovino un qualsiasi mandato presidenziale (quello di Zelensky è scaduto il 20 maggio dell’anno scorso). Intanto Xi Jinping, il cui Paese è citato nel ReArm Europe come «grave minaccia per la sicurezza dell’UE», ha disertato l’evento per i 50 anni delle relazioni tra Pechino e Bruxelles, allacciate ai tempi di Mao Zedong. Manderà Li Qiang, inviso all’Unione per le sue posizioni più “radicali” sulla questione crimeana e addirittura sulla sovranità degli Stati baltici. Si delinea sempre più chiaramente il campo delle ostilità: non potevano mancare gli USA, che stoccano 45 bombe atomiche ad Aviano e a Ghedi, rendendo l’Italia il Paese più “armato all’americana” nel Vecchio Continente. (JC)

Cerca un nuovo articolo

Resta sempre aggiornato
Scopri Il Tazebao

Ho letto la Privacy Policy

Il Tazebao
Scopri altri articoli