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NEOM, Una città saudita hi-tech destinata a rivoluzionare i rapporti internazionali?

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Netanyahu in Arabia Saudita per seguire lo sviluppo di NEOM?

A fine novembre, Netanyahu, primo ministro israeliano, si è recato a Neom, città dell’ Arabia Saudita. L’incontro doveva rimanere segretissimo, ma non è passato inosservato per molto, visto che nello stesso giorno anche Mike Pompeo, segretario di Stato americano, era presente alla tavola rotonda. Seppur smentito dalla casa reale saudita, l’incontro sta già avendo effetti sui rapporti fra le due nazioni.

NEOM (crasi di “neo” e “mustaqbal”, futuro) fa parte della Vision 2030, il progetto saudita lanciato a settembre per diversificare l’economia del Paese. Rispetto ad altri Paesi del Golfo che hanno puntato sull’innovazione, come gli Emirati Arabi (importatori, per altro, di biotecnologie israeliane), l’Arabia Saudita è rimasto indietro fino ad ora. Ma la situazione potrebbe presto capovolgersi.

NEOM è già stata soprannominata Silicon Wadi: completamente robotizzata e alimentata da energia solare ed eolica, si tratta di una zona industriale e una hub per start-up. Un progetto mastodontico di 26, 500 km^2 , che si estende anche in territorio giordano. Giusto dall’altra parte del Mar Rosso rispetto all’Egitto (cui potrebbe essere collegata con un ponte ancora in fase di progettazione) e vicina alla città israeliana di Eilat. Si sta progettando il tutto con uno sguardo alla biotecnologia e all’industria manifatturiera smart, oltre che al settore energetico e al divertimento.

E gli israeliani hanno moltissimo da offrire: sono esportatori di tecnologie agroalimentari e di irrigazione, cybersecurity, fintech, tecnologie cloud e pionieri del digitale nell’ambito della salute. E hanno subito gli effetti economici del COVID, avendo come clienti principali Stati Uniti, Canada, Cina, e Unione Europea. Da tempo i sauditi spingono per lo sviluppo delle piccole e medie imprese, aprendo un apposito ufficio tre anni fa, per cercare di dare spazio a una delle popolazioni più giovani e meglio istruite del Medioriente.

L’azione distensiva di Washington

La presidenza Trump ha spinto per la normalizzazione dei rapporti fra le due nazioni, e la cooperazione a livello di politica internazionale è sempre più stretta. Quest’anno, l’Arabia Saudita ha appoggiato la mossa di Tel Aviv per il boicottaggio del Qatar, accusato di essere promotore del fondamentalismo islamico. Da agosto, i voli commerciali israeliani hanno diritto di sorvolare il territorio saudita. Da settembre, il regno saudita ha lanciato l’Autorità per i dati e l’intelligenza artificiale, dando 90 giorni di tempo per approntare il tutto, cosa impensabile senza appoggio esterno. E infatti è da tempo che il regno coopera con Israele sul fronte sicurezza e intelligence.

Questa cooperazione è in armonia con i rapporti formali stretti solo negli ultimi mesi fra Bahrain, Emirati Arabi, Sudan e Israele. Il Sudan è passato da essere zona d’influenza iraniana a emirata/saudita solo un paio di anni fa, e negli ultimi anni si è creato un vero e proprio asse. Insieme a Israele, sono stati portati avanti interventi militari e la cooperazione economica è discreta ma in crescita.

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Da parte dell’amministrazione Trump, questo incontro è una mossa per facilitare i rapporti fra gli alleati mediorientali in vista della presidenza Biden, che si prevede possa seguire la scia di Obama in materia di rapporti con l’Iran. Un nuovo allentamento dei termini con Teheran rischia di creare scompiglio nei rapporti con gli alleati Mediorientali. Solo a novembre, il primo ministro libanese ha dato le dimissioni (da Riyadh), citando come motivazione le minacce subite dall’Iran e da Hezbollah. Netanyahu in questa occasione, si è augurato che la situazione servisse da “segnale d’allarme” per la comunità internazionale, spingendo le ambasciate nel mondo a ribadire il messaggio.

Ma anche se in tutto per tutto i rapporti fra sauditi e israeliani sono più che amichevoli, solo la settimana scorsa un ufficiale saudita ha rimarcato l’importanza di una soluzione per il popolo palestinese. Distensione sì, i tempi sono forse ancora troppo prematuri per parlare di una formalizzazione.

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