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Les jeux sont faits…

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Ritorno al futuro. Condivido pienamente i ragionamenti di Luciana Castellina (intervistata da Il Riformista, ndr), a cui mi lega la formazione e la vita politica de Il Manifesto per tutti gli anni 70. A Firenze il centro lo costituimmo nella primavera del 1970 e ricordo di aver visto poco dopo per la prima volta la Castellina, splendente per bellezza e passione, portava una camicia a quadri scozzesi, al convegno sulla scuola che si tenne a Roma in quella stessa stagione meravigliosa, quando, per citare il vecchio Palla, l’onnipotenza della gioventù fa da droga alla vita.

La mancata transizione dell’Est post-comunista finita la guerra fredda in un Mediterraneo allargato, l’Europa di cui la Russia fa parte a pieno titolo con il Nord Africa ed il Medioriente decolonizzati, è stato l’errore capitale di cui la classe dirigente che firmerà Maastricht è responsabile. Per onestà devo il concetto di Mediterraneo allargato a Franco Cardini, un’amicizia nata in lunghe chiacchierate, guarda caso, nello stesso periodo quando vendevo da militante la rivista Il Manifesto, il quotidiano uscirà il 28 aprile 1971, all’entrata di Lettere e Filosofia di Piazza Brunelleschi.

Certo la pressione che nasceva dalla bulimia del capitalismo finanziario era fortissima, riprendendo una tendenza storica che aveva portato all’Ottobre dopo Kerenskij, ma lasciare da solo Gorbacëv, con i suoi limiti di comando dell’articolazione statuale e sociale del blocco sovietico, è stato fatale. Si sono aperte le stalle del comunismo all’intelligence imperiale e alla reazione dello stato profondo russo, da analizzare ambedue più attentamente, che non è un’invenzione staliniana, ha paradossalmente ragione Bill Clinton evocando Pietro il Grande e Caterina la Grande, due sovrani che guardano ad Occidente.

Le responsabilità maggiori ricadono su Kohl e su Mitterand che non fecero niente, ingabbiato non a caso Craxi dal golpe mediatico-giudiziario di Mani Pulite – mi dispiace cari amici ma l’una analisi tiene l’altra – per governare l’implosione jugoslava e la nuova frammentazione dei Balcani, si sedettero su Maastricht e si chiusero a riccio in un’Europa carolingia franco-tedesca, un patto tra la deterrenza atomica militare e la poderosa forza tecnologica commerciale.

Non capirono che la partita era diversa dal Piano Marshall e da Jean Monnet, che l’apertura a breve nel 2001 del WTO alla Cina preconizzava un nuovo confronto globale tra la talassocrazia anglosassone e le potenze terrestri euro-asiatiche.

È andata che oggi ci ritroviamo a fare i conti con il rischio di un conflitto nucleare tattico allargato che sarebbe devastante per il vecchio continente disarmato. Nel migliore dei casi un limes ucraino perennemente destabilizzato, vedi Siria e Libia, che tiene sotto schiaffo l’Europa che non c’è. Les jeux sont faits, rien ne va plus.

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