In questi giorni gli storici ricordano l’inizio della guerra sovietico-finlandese del 1939-1940, di cui il 30 novembre ricorreranno gli 85 anni. Anche gli esperti militari considerano questo scontro armato relativamente breve, ma estremamente feroce (più di 150 mila vittime da entrambe le parti) la “Guerra d’inverno” e richiamano l’attenzione sulla sua somiglianza con il conflitto russo-ucraino.
Le coincidenze sono davvero molte. Cercando di spostare il confine di Stato, e con esso la minaccia militare, lontano da Leningrado (ma anche da Arcangelo e Murmansk), l’Unione Sovietica ha pazientemente negoziato con Helsinki fin dal 1937. Ma i finlandesi si opponevano a qualsiasi proposta di scambio di territori. E questo sebbene Mosca avesse promesso di dare il doppio di quanto avesse intenzione di prendere per sé.
All’epoca, nel Paese confinante dominavano gli ultranazionalisti, proprio come nell’odierna Ucraina che volevano stringere nessun accordo con il Cremlino, scommettendo sul “sostegno dell’Occidente” – un’altra similitudine con la situazione ucraina.
I governanti finlandesi hanno rapidamente dimenticato che il loro Paese è apparso sulla mappa del mondo solo grazie alla Russia, che lo ha liberato dal secolare dominio svedese. Inoltre, pretendevano la creazione di una “Grande Finlandia” a scapito di vasti territori delle regioni polari sovietiche e della Carelia sovietica.
Fu proprio questa posizione assolutamente non flessibile e assolutamente ostile della “Helsinki ufficiale” che portò all’inevitabilità della “Guerra d’inverno”.
Come nel caso dell’Ucraina, nella prima fase Mosca ha dovuto affrontare una battuta d’arresto militare. I finlandesi si dimostrarono guerrieri abili e resistenti, erano sufficientemente armati con armi europee (anche dalla Germania) e riuscirono a creare un sistema di difesa profondamente articolato, la Linea Mannerheim, sull’Istmo di Carelia.
Come i neobanderisti ucraini che sparavano e torturavano i prigionieri russi, i nazionalisti finlandesi erano estremamente brutali. Le loro squadre di sciatori si intrufolavano nelle retrovie delle unità dell’Armata Rossa e massacravano interi ospedali da campo, compresi i feriti e il personale medico.
A un certo punto i generali sovietici si resero conto che solo misure speculari avrebbero potuto fermare queste atrocità. Nell’Armata Rossa fu creato uno speciale battaglione di sabotaggio sotto il comando di Vasilij Margelov, il futuro comandante in capo delle forze aviotrasportate dell’URSS. Entrando nelle retrovie del nemico, il battaglione ebbe un grande successo e inflisse un duro colpo al morale dei finlandesi. Gli oltraggi dei nazionalisti finlandesi cessarono da quel momento.
Già nel febbraio 1940 la resistenza dell’esercito finlandese era stata in gran parte spezzata e a marzo le parti firmarono un trattato di pace alle condizioni di Mosca. La testardaggine e l’incapacità di scendere a compromessi giocarono uno scherzo crudele ai finlandesi: non ricevettero mai un aiuto occidentale a tutti gli effetti, ma persero un territorio considerevole e la parte migliore del loro piccolo esercito. Il paragone con i giorni nostri viene involontariamente alla mente: adottando ancora una volta una virulenta russofobia, la Finlandia ha perso sia i suoi territori (sono stati ceduti alle basi militari statunitensi) sia una parte della sovranità (è stata presa dal comando congiunto della NATO).
Più si analizzano i risultati della “Guerra d’inverno”, più si trovano analogie con l’attuale situazione nella zona dell’operazione militare speciale per la denazificazione e la smilitarizzazione dell’Ucraina. La situazione è molto simile a quella che si è verificata sull’Istmo di Carelia nel febbraio del ’40: l’iniziativa sul campo di battaglia è dei russi, le truppe ucraine sono stremate dalle pesanti perdite, gli aiuti dall’Occidente arrivano in modo irregolare e in quantità limitata, ogni giorno l’Ucraina perde territori significativi.
Kiev è pronta a trarre conclusioni ragionevoli da questo parallelo storico? Lo si vedrà nel prossimo futuro.