Il Tazebao pubblica il primo intervento del Cantiere Centrodestra, a cura di Michele Sanfilippo
Cosa vuol dire essere popolari europei?
Parto da questa domanda che apparentemente non c’entra niente con il tema… e invece non è così, anzi è punto centrale. Il fulcro della visione del popolarismo europeo è dare dignità all’uomo, non come singolo ma in tutte le proprie dimensioni; visione del personalismo comunitario che ha unito la Francia, l’Italia e la Germania (anche nella sua variante Ordoliberista). Per questo tutto ciò che è funzionale alla dignità umana si deve guardare con una visione teleologica. Questo comporta una impostazione che travalica il liberalismo; nel senso che ha i piedi ben piantati nel liberalismo, ma va oltre lo stesso.
La casa, un tetto dove vivere, è uno degli elementi costitutivi della “Libertà dal bisogno”. Per questo motivo, sia i nostri costituenti, sia i redattori della Dichiarazione universale dei Diritti dell’uomo, si occupano del tema, perché emancipazione dai bisogni primari significa dare dignità alle persone.
Il diritto all’Abitazione, infatti, è sancito dall’Art. 25 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e di conseguenza vi è un vincolo per i soggetti della Politica (Istituzioni nazionali e locali, Partiti politici e Comunità) di rimuovere tutti gli ostacoli che ne impediscono la realizzazione.
La funzione sociale dell’abitare la ritroviamo nel nesso fra Diritto alla sicurezza (art.12 D.U.) e benessere della persona. Quanto detto ci porta alla radice profonda dell’agire politico, a quella che Aristotele chiama la “Causa”. Pertanto, il tema non può essere sottovalutato, ma costituisce, anzi, uno dei temi centrali della politica.
Punto di equilibrio con il diritto di proprietà
Per l’art. 42 della nostra Costituzione, il diritto di proprietà deve essere esercitato “allo scopo di assicurarne la funzione sociale”. L’Abitare è la funzione sociale della proprietà immobiliare.
La difficoltà è nel trovare il punto di equilibrio fra l’utilizzo della proprietà (in una delle sue innumerevoli funzioni, tali da farmi dire, da tempo che non esiste più la Proprietà, ma le proprietà e che prevale sulla stessa l’uso rispetto al diritto stesso, pertanto si diventa “proprietari” di uno degli innumerevoli usi) e la sua funzione sociale.
È fuori di dubbio che, a partire dalla grande “Cartolarizzazione”, la proprietà immobiliare ha visto l’emersione dell'”Uso” finanziario della stessa. Ricordo che sotto il Governo D’Alema, mentre la Fiat stringeva l’accordo con Morgan Stanley per cartolarizzare le proprietà immobiliari, avvenne il superamento della legislazione dell’equo canone e la tendenziale equiparazione fra i canoni ed i ratei dei mutui (salvo farli – imponendoli – a tasso variabile… ed “Incravattare” un’intera massa di popolazione), così come, divenendo un prodotto potenzialmente finanziario, imporre politiche draconiane sulla casa (anche sotto la malevola dottrina di provenienza teutonica della ricchezza complessiva). Questa politica è spudoratamente a favore del sistema bancario, tenuto conto che lo stesso è produttivo della moneta bancaria. Non posso perdonare al Monti ed al suo Governo la creazione dell’IMU sulla prima casa ed il consequenziale adeguamento delle rendite catastali.
Il meccanismo, quindi, diviene un piano inclinato, dove, paradossalmente, si crea indebitamento per l’acquisto dell’immobile, per subirne poi la tassazione e trovarsi gravati di tutti i costi di manutenzione e di aggiornamento ai necessari adeguamenti energetici, ambientali e di sicurezza sismica. Per poter reggere e permettersi il diritto alla casa, attraverso la proprietà, il soggetto deve sottostare a profondi sacrifici. Di conseguenza, o ci si adegua alle regole della redditività, o diventa assai difficile la gestione. Il Diritto, quindi, diviene un privilegio ed invece di emancipare dai bisogni se ne creano di nuovi, intaccando la dignità.
Attenzione al disegno più ampio: il modello New York
Quando facciamo politica dobbiamo avere uno sguardo lungimirante. Questo sistema, descritto, può creare una insostenibilità, dove l’acquisto degli immobili diventa un privilegio per pochi (in particolare per chi ha accesso alla finanza) in un contesto di disparità e squilibrio fra il portatore di un bisogno ed il detentore del potere finanziario. La DC fece, con Fanfani, il famoso “Piano casa” e, negli anni, specie nel ventennio ’60-’70, sviluppò ed incentivò correlate politiche del credito per emancipare gli italiani (il discorso sarebbe lungo ma certe politiche sui titoli avevano una loro funzione. Politica che ha generato debito pubblico, ma che lo ha trasferito per il benessere).
La visione neoliberista e monetarista, che trasforma ed ingloba tutto nei numeri (la techne di cui parla Umberto Galimberti) non può cogliere le sfumature e le implicazioni etiche di una visione incentrata sulla dignità umana ed i suoi diritti.
Sul punto faccio presente che vi sono tensioni, dove i fondi internazionali, per le città quali Roma, Milano, Firenze e Venezia ed anche (in modo più defilato Torino), pensano, nei loro studi, a parificare il prezzo delle abitazioni, specie nelle aree centrali e residenziali, alle altre grandi metropoli, dove la media è di 15.000 € al metro quadro.
Il rischio della distorsione della finalità
Se la casa perde il suo significato elettivo ed il suo ruolo principale di essere funzionale all’abitare, avviene un mutamento della finalità e si verifica una distorsione delle finalità stesse: dare un riparo e generare un futuro, perché in quella casa vi si sviluppano i legami familiari. Se smembriamo detti legami si genera anomia e, quindi, condizionabilità del soggetto isolato (Durkeim e Sartori) e con essa la movimentazione delle masse.
Quindi, l’abitare è, anche presidio di democrazia, nei legami e relazioni che vi si creano.
Se, diversamente, nella impostazione neoliberista, viene vista solo come un fattore economico/finanziario (generativo di meri flussi), si crea una soggezione del uomo al capitale detentore del diritto di proprietà.
B&b: una minaccia?
Se guardiamo la genesi dei B&B si dovrebbe escludere un rischio per la funzione abitativa, anzi sarebbe integrativa di piccoli guadagni e creative di legami ulteriori. Quindi, se applicassimo con rigore la funzione del B&B, questa non potrebbe che essere positiva.
Il problema è che abbiamo trasformato i B&B da una attività integrativa ad una principale, mutandone la natura, trasformandola il attività surrettizia Alberghiera e questo mi pare difficile da accettare, anche in una visione liberale, perché si crea una distorsione del mercato e andiamo a collidere con paritario diritto della libertà di impresa.
Potremmo, invece, pensare, però, ad attività alberghiere complementari, quali l’Albergo diffuso, che costituisce un volano di sviluppo per borghi e frazioni. Con questa tipologia, potremmo integrare le funzioni alberghiere con l’ospitalità della e nelle case, con un coordinamento ed accentramento dei servizi, una migliore fruizione, in un contesto paritetico di competizione concorrenziale.
L’unica cosa che ritengo veramente sbagliata è quella di trasformare le abitazioni in Alberghi, dove l’abitare viene sostituito dalla e nella funzione, in attività alberghiera. Con questo dico semplicemente che potremmo ragionare nel senso di una liberalizzazione, in sanatoria, con valutazione discrezionale della Pubblica amministrazione, di tutte quelle attività surretiziamente alberghiere, con una finalità di calmierazione dei prezzi (perché il caro prezzi oligopolistico o di Cartello alla lunga è dannoso), per poi andare a regime secondo le indicazioni esplicate.
Tutela della proprietà e nuovo ripensamento della locazione abitativa: fuga dalla locazione
È a tutti nota la scarsa mobilità abitativa generata dalla mancanza e ritardata esecuzione degli sfratti.
Sul punto inviterei ad un aumento delle pene per il reato di cui all’art.650 cp, che sarebbe il nostro corrispettivo dell’anglosassone all'”Oltraggio alla Corte”, da renderlo con pene esorbitanti per i professionisti dell’occupazione abusiva (quelli che si rendono volutamente morosi) ed accolgo in senso positivo il nuovo disegno di legge sul reato specifico sulla occupazione abusiva.
Questo aspetto, però, è legato, non nascondiamocelo, da una mancanza di volontà politica ed a anacronistici apriorismi ideologici. Dobbiamo ragionare su modelli innovativi, dove venga rispettato il diritto alla abitazione, ma pariteticamente (a pari livello costituzionale) il diritto di proprietà, ma anche la concorrenza.
In questo ritengo che si possa ragionare in termini anche di soluzioni di modelli finanziari, dando accesso al proprietario a fondi di investimento che diano una redditività integrativa a cui accedere in caso di ritardo nella esecuzione dello sfratto. Parimenti, deve essere ripensata in termini attuali tutta la disciplina dello sfratto, incentrandola su una effettiva tutela della proprietà, anche mediante una profonda deregolamentazione e liberalizzazione, anche in punto di durata dei contratti medesimi e in punto di cauzione, trovando nuovi e più adeguati punti di equilibrio.
Nella funzione pubblica potremmo pensare che l’ente pubblico partecipi a detti fondi, anche sul modello -Build-Operate-Transfer (BOT) di Project financing – per generare nuove abitazioni per ridurre la tensione abitativa e con questo strumento pensare a modelli di integrazione pubblico privata che vadano altre alla vetusta idea della edilizia popolare. Penso anche al Social Housing, di cui abbiamo un grande bisogno in ragione dell’invecchiamento della popolazione, anche per ridurre l’accesso alle Residenze Assistite.
La sicurezza si genera con e dall’urbanistica
L’insegnamento della Parigi di Napoleone IV° – post la Comune di Parigi – che, per evitare il formarsi nuovamente dei Comunardi, trasformò i quartieri limitrofi al centro (pensiamo al quartiere di Gobin), creò abitazioni per i gusti della nascente borghesia, ci insegna che la visione urbanistica è centrale alla gestione della sicurezza. Questo fenomeno è ora noto come Gentrificazione.
Richiamo, in questa sede, un sociologo francese, Armand Matelart (Storia dell’Utopia planetaria, dalla città profetica alla società globale, Einaudi, 2003) il quale notava che nelle città globalizzate vi è sempre una secante che divide i ricchi della globalizzazione (e della finanza) dagli esclusi (attività produttive). Pensate bene alla urbanistica di Firenze, con la creazione della tramvia, che costituisce (con il suo posizionamento) una secante naturale fra il centro e le altre attività.
L’errata visione del progetto urbanistico (penso, per Firenze, a tutta l’area della Fortezza da Basso e Piazza Dalmazia, ma anche Piazza delle Cure) ha creato sacche di criminalità e spaccio che sono di difficile accesso alle forze dell’ordine.
Ripopolare con le attività artigianali
Il discorso sarebbe lungo, ma la difesa dell’abitare, significa, anche ripopolare il centro e penso al recupero degli spazi, specie per le attività artigianali. A questo proposito credo che l’Ente pubblico, potrebbe creare un fondo per l’utilizzo dei locali e spazi che gradualmente vengono abbandonati e salvaguardare non solo e non tanto gli esercizi storici, ma anche le nuove forme di artigianato. Questo può essere fatto ragionando su modelli di finanziari e di Project financing.
Ritengo, però, che si debba fare una rivoluzione copernicana, innanzitutto non sia pensabile che ogni project financing finisca sempre sotto la ghigliottina della magistratura (anche contabile) e che si debba eliminare l’illogica e vetusta indennità di avviamento (in quell’ottica del ripensamento di tutta la disciplina delle locazioni, che così come è proprio non è adatta ai giorni nostri), perché lo strumento finanziario costituirebbe per sé stesso la garanzia per il locatore, ma anche per il conduttore medesimo. Così la finanza diviene virtuosa e di supporto all’economia reale.
Rigenerazione urbana
Per creare nuove civili abitazioni ed effettuare il recupero di aree marginali (Piano di Renzo Piano), si suggerisce di procedere mediante operazioni di rigenerazione urbana, dove ai proprietari di volumetrie industriali dismesse, in cambio di demolizione dei fabbricati e messa in pristino ambientale e/o con finalità sociali (ad esempio Social Housing, parco giochi, giardini pubblici, piantumazione alberi), si consente la permuta con aree edificabili, purché le abitazioni siano in Bioarchitettura e Bioedilizia e sconti o eliminazione degli oneri urbanistici.
Parimenti, liberalizzare ed effettuare una incisiva deregolamentazione nelle attività di demolizione e costruzione e cambio destinazione d’uso, purché le nuove abitazioni siano in Bioarchitettura e Bioedilizia. In ogni caso, dobbiamo liberalizzare il cambio di destinazione d’uso a favore dell’abitativo e ragionare sui vincoli posti all’abitabilità, concedendo una maggiore discrezionalità, perché sono troppi i casi che sono al limite e l’abitabilità non è concessa per inezie.
Da casa passiva a casa attiva
Nel ragionare in materia di Bioarchitettura si dovranno scalzare le posizioni consolidate che immettono sul mercato metodologie e tecniche e tecnologie passate, che puntano al risparmio energetico, mentre, oggi lo sviluppo tecnologico consente agli immobili non di ridurre il consumo energetico, ma produrlo. Pertanto, si chiede che le nuove case, anche frutto della rigenerazione urbanistica, siano tutte Case Attive e non più passive.
Sul punto ci tengo a ricordare che propriamente la rigenerazione urbanistica consiste nella demolizione dell’esistente e la sua sostituzione con nuove strutture, anche abitative. Un esempio? Porta Nuova/Garibaldi a Milano.
Molte aree periferiche delle nostre città potrebbero usufruire di questo percorso che prevede anche processi di irreggimentazione delle acque.
Conclusioni
Questi brevi cenni servono per dire una cosa: la politica deve dare risposte e non deve, assolutamente, essere miope. Deve contemperare gli interessi, ma nel farlo deve dare prospettive.
Ricordiamoci che, quando trasformeremo la Città secondo i dettami della finanza globalizzata, questa, divenuta, nel centro, un museo, avrà perso la sua identità originaria, che era data dalla convivenza fra l’abitare e le botteghe. La città che ho visto nella mia infanzia e giovinezza era viva ed integrata, non era un deserto di “mangificio” (problema che sta assillando Bologna) e di “Grandi marche” globalizzate, ma era un pullulare di iniziative che hanno visto la nascita della creatività dei Brandimarte, dei Coveri, dei Pucci… solo per citarne alcuni. L’urbanistica quale origine della creatività!
Cosa hanno fatto l’amministrazioni comunali quando le locazioni (in centro) sono passate da canoni di tre milioni di lire a dodici mila euro (passaggio avvenuto all’epoca del cambio Lira/Euro). Questo fenomeno, tre le altre cose, è attrattivo di fondi illeciti e di riciclaggio del denaro.
La politica ha l’obbligo di riflettere su finalità e funzioni ed essere conseguente con modelli di gestione, anche fantasiosi ed innovativi, perché la fantasia viene dalla cultura. Quindi l’incontro di oggi ha la funzione di riportare la cultura (quella reale e concreta) al centro della politica per una politica che generi soluzioni innovative.
Grazie per l’invito e l’ascolto.