Nel 2000 fu l’Italia il primo paese del G7 ad aprire stabili rapporti diplomatici con la Corea del Nord.
L’anno appena concluso ha segnato i vent’anni dall’apertura di relazioni diplomatiche tra l’Italia e la Repubblica Popolare Democratica di Corea (RPDC, meglio conosciuta come Corea del Nord). Quest’iniziativa fu intrapresa nel gennaio del 2000 grazie all’intermediazione dell’allora Ministro degli Esteri Lamberto Dini (governo D’Alema II) e fece dell’Italia il primo del G7 a istaurare rapporti diplomatici con la Corea del Nord.
I rapporti mediati dal PCI
Fino ad allora, le relazioni tra Roma e Pyongyang sono state appannaggio esclusivo del Partito Comunista Italiano. Fu il PCI a conferire al fondatore della RPDC Kim Il Sung (1912-1994) la cittadinanza onoraria della località ligure di Sarzana, onorificenza ritirata poi nel 2016. Il PCI si interfacciava con gli omologhi coreani perlopiù tramite l’Associazione per i rapporti culturali con la Repubblica popolare democratica di Corea, esistita tra la fine degli anni ’60 e i primissimi anni ’80.
Il ruolo dell’Associazione
Questa si occupava principalmente della traduzione e diffusione, su scala però non troppo ampia, delle opere di Kim Il Sung tra il pubblico italiano, sia in forma di opuscoli singoli, sia di antologie tematiche, e anche libri sulla sua figura. Per fare degli esempi la biografia in tre volumi curata da Baik Bong o il libro “La vittoria del Djoutché”. Un tributo a Kim Il Sung di Baik Man Kyeung a proposito dei successi nell’edificazione economica, politica e sociale della RPDC sotto la sua guida. L’Associazione pubblicò inoltre, in traduzione italiana, cinque su otto volumi di opere scelte del “grande Leader”.
Lo stesso Segretario del PCI Enrico Berlinguer si recò a Pyongyang nell’aprile 1980 e Kim Il Sung, dal canto suo, concesse un’intervista a L’Unità nel 1974 e all’Avanti! nel 1982 (elogiando indirettamente la politica “autonomista” di Craxi nei riguardi degli USA), oltre a un colloquio individuale con il Segretario dell’Associazione stessa nel 1977 e a più di 30 incontri con l’attuale Presidente di International World Group, Giancarlo Elia Valori, tra il 1973 e il 1992.
L’Associazione, che potremmo definire antesignana ideale della sezione italiana della Korean Friendship Association nata nel 2003 (il Centro Studi sul Juche è tutt’oggi attivo), chiuse i battenti intorno al 1981 sull’onda della rottura del PCI col campo socialista in seguito alle vicende polacche relative a Solidarność, tuttavia i contatti fra i due partiti proseguirono all’inizio degli anni ’80 ma con crescente insofferenza degli ospiti italiani per il “culto della personalità” e la “successione dinastica”, testimoniata dai commenti di Tiziano Terzani che accompagnò Berlinguer a Pyongyang nell’aprile 1980.
La rottura con il PCI
Una delegazione nordcoreana partecipò anche al XVII Congresso del PCI, che si svolse a Firenze nel 1986. I due partiti, però, ruppero definitivamente i rapporti nel 1989 in occasione del XIII Festival mondiale della gioventù e degli studenti che si tenne proprio a Pyongyang, allorquando la delegazione italiana, guidata da Gianni Cuperlo, propose di inserire nella dichiarazione comune una frase a sostegno degli studenti di Piazza Tiananmen, ricevendo un netto diniego da parte dei coreani. Già in occasione dell’incontro con Berlinguer, però, Kim Il Sung ebbe a esprimere profondi malcontenti verso la sinistra in Europa. Ricorda Pietro Ingrao:
“In quel viaggio in Corea incontrai Kim Il Sung, che ebbe uno sfogo aspro contro tutta la sinistra europea, ci accusava di non proteggere abbastanza l’esperienza rivoluzionaria coreana. Era un personaggio assai complesso e iracondo. Mi fece una grandissima filippica anche contro gli Stati Uniti, i coreani del sud, era un personaggio ingombrante”.
L’apertura delle relazioni e la situazione attuale
Fu solo nel luglio del 2000 che l’ambasciata nordcoreana in Italia venne aperta a Roma (in viale dell’Esperanto dove si trova tuttora). Tuttavia, il 30 settembre 2017 il governo italiano, presieduto allora da Paolo Gentiloni, decide di cacciare l’ambasciatore Mun Jong Nam, nominato da appena un mese, sottomettendosi e cedendo alle pressioni di Trump (al prossimo Congresso del Partito del Lavoro si discuterà anche di come rapportarsi con gli USA dopo la vittoria di Biden) affinché tutti i paesi “alleati” degli Stati Uniti rompessero i rapporti con la Corea del Nord in seguito ai suoi test missilistici.
Ad oggi l’ambasciata fa capo al Consigliere Kim Chon. Nulla si sa di se, come e quanto progrediscano gli sforzi volti alla nomina di un nuovo ambasciatore della RPDC in Italia, una questione affrontata molto timidamente anche ai tempi del governo “sovranista” M5S-Lega nonostante il ruolo dirigente che in esso aveva Matteo Salvini, il quale si recò, al seguito del senatore Antonio Razzi (che ha una storia pluriennale di amicizia coi vertici del governo nordcoreano), in visita a Pyongyang nel settembre 2014, riportandone peraltro ottime impressioni.