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Il mondo grande e terribile. Dalle bombe a Belgrado agli e-migranti. L’intervento di Gianni Bonini

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L’intervento di Gianni Bonini durante l’evento “Il mondo grande e terribile”.

È bello vedere stasera questa partecipazione straordinaria. Leonardo Tirabassi ha fatto un lavoro eccellente col suo libro, che troverete all’Ora Blu nel viale dei Mille, e con gli articoli che in esso vengono raccolti, a cui Sapelli aggiunge il suo sapere geopolitico sempre all’altezza del mondo grande e terribile che stiamo attraversando.

Leonardo ha l’attenzione giusta e rara al dettaglio e alla consequenzialità dei fatti, fa chiarezza rispetto alla massa della disinformazione, alla narrazione che si è banalizzata in pura propaganda.

In questo senso credo che ci siano alcuni fatti incontrovertibili. Questa ucraina è una guerra ibrida, comunque frenata, in cui ambedue i contendenti, Nato e Russia, avanzano per raggiungere obiettivi limitati. Si tenta il più possibile di circoscrivere il conflitto, misurarsi senza far precipitare gli eventi, riuscirci è poi un altro paio di maniche. Anche le spiegazioni sulla prima offensiva, su chi ha sparato per primo, lasciano il tempo che trovano. Con Il Tazebao cerchiamo di dare una lettura originale.

Nei giorni scorsi Bloomberg allarmato dava la notizia di una possibile base russa a Tobruk. E che notizia sarebbe? I Russi sono ben piantati da dieci anni nella Cirenaica, oltre che in Siria e a 80 chilometri dalle nostre coste abbiamo il caos e la tribalizzazione: questo è stato il risultato dell’asse Clinton-Sarkozy-Merkel che ha annichilito la postura italiana nel Mediterraneo, quella che ci ha garantito stabilità e pace dal 1945.

La guerra in Ucraina è sì ibrida, asimmetrica, chiamatela come volete, quello che è certo è che muoiono decide di migliaia di persone come noi. È anche molto vicina a noi, non foss’altro per le pipeline del gas che transitano dalla Russia fino all’Italia, una storia lunga più di cinquant’anni che risale almeno a due giorni dopo la strage di Piazza Fontana.

Noi siamo dentro un sistema euroasiatico ad oggi interdipendente che ci vede pienamente coinvolti, e non solo sulle forniture energetiche, i nostri aerei sono lì sul limes baltico ed a Costanza, ma con una contrazione crescente degli scambi che ha già un impatto negativo sul nostro welfare.

Questa in Ucraina è sì una guerra della Russia perché i missili sono arrivati troppo vicini a Mosca, ma è soprattutto una guerra contro l’Europa o almeno contro la saldatura tra Germania ed Heartland russo-cinese. È questo il nodo della questione.

C’è chi lo aveva capito ed alla firma di Maastricht lo diceva come Francesco Borgognoni durante il sunset boulevard del socialismo. Ammoniva profeticamente che la firma dell’accordo con quelle velleità da terza superpotenza avrebbe portato a un inevitabile contrasto con gli americani.

Ho letto di recente il libro di una vecchia operaista, Rita di Leo, secondo cui le bombe di Belgrado, partite da Aviano, sono state sì scaricate a Belgrado ma erano dirette contro le cancellerie europee.

L’ho affermato in più di un’occasione e lo ripeto, non abbiamo saputo guidare la transizione politica della fine del comunismo verso un approdo democratico-riformista, siamo stati scavalcati da Gorbacëv nelle relazioni con Bush e Baker, un fallimento che ha aperto un’autostrada all’invasione della cultura mercatista nell’est post-comunista, complice la Bundesrepublik Deutschland. C’è stata l’annessione. Altro che unificazione! La DDR è stata normalizzata alle leggi di quella Federale e gli stessi dirigenti della SED, Sozialistische Einheitspartei Deutschlands, sono stati processati e condannati una volta riunificata la Germania e messi nella condizione di non nuocere. Kohl ed i suoi successori hanno giuocato tutto sull’espansione della sfera di influenza politico-commerciale teutonica, non hanno mai creduto nell’Europa degli Stati, non dico dei popoli, e probabilmente neanche questo è bastato a coprirsi le spalle per tempo.

Non era questo il nostro disegno, volevamo che la Jugoslavia trovasse una via originale dentro un’Europa federata, autonoma ma lealmente alleata agli USA. L’unico modo per esercitare un ruolo attivo nel quadrante euro-mediterraneo ed esercitare un un certo grado di potere contrattuale.

La Germania invece, seguita a ruota dal Vaticano, è stata la prima a riconoscere Croazia e Slovenia. Queste scelte sono alla base dell’attuale situazione. In più le primavere arabe hanno scatenato un processo di destabilizzazione in tutto l’arco mediterraneo. Oltre la doverosa accoglienza verso gli e-migranti – io li chiamo così recuperando l’e del moto da luogo latino perché si tratta di persone che hanno un’identità etnica e civile precisa da non confondere col nomadismo cosmopolita hollywoodiano – bisogna precisare che c’è una emigrazione economica e una politica, forza-lavoro priva di radici sindacali che può trasformarsi in veri e propri soldati, terminali per destabilizzare il nostro già traballante ordine sociale.

Sul tema si segnala: l’intervento di Gianni Bonini a “Patrie dei migranti” de Il Nodo di Gordio.

Mi pare che stia già succedendo in Europa e sia iniziato in modo più o meno strisciante anche da noi. Negarlo è frutto di un senso di colpa non motivato dalla straordinaria tradizione di accoglienza del nostro Paese.

Il problema strutturale al fondo dell’attuale fase di sviluppo capitalistico sta nel capitalismo politico e cioè nella progressiva occupazione dello Stato a livello globale da parte del capitale finanziario. A differenza di ciò che succedeva fino a quaranta anni fa, quando la produzione ed il plusvalore richiedevano ancora masse di lavoratori, oggi la cibernetica, l’automazione, il capitalismo stellare come qualcuno lo ha definito riferendosi alla feroce competizione strategica nello spazio, consentono di raggiungere gli stessi obiettivi senza mobilitare le masse. Gli ottimisti nei media dell’Intelligenza artificiale temo avranno amare sorprese.

Lo Stato non è più la mediazione tra capitale e lavoro, oggi è governato dal capitale stesso fin dalla stagione delle privatizzazioni. La cifra del capitalismo politico è il dividendo, la bulimia di guadagno, su cui si basa un’economia il cui valore è dato soltanto dal mark to market. Che fare?

Situazione molto difficile che sfugge alle tradizionali categorie storiche. Lo stellone italico non si ripresenterà. C’è da sperare che lo scontro tra queste grandi masse geopolitiche lasci degli spazi di libertà e di politica, di cui abbiamo molto bisogno dopo averci scioccamente sputato sopra.

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