L’Italia vive una crisi perdurante da cui non sembrano esserci vie d’uscita. Un declino che viene da lontano.
L’editoriale di Leonardo Tirabassi
Non si può sempre affermare con un sorriso che la situazione è grave ma non seria. Sicuramente non siamo a nessun redde rationem. Ma sarebbe bene che il Paese intero si rendesse conto del lungo tempo in cui stiamo vivendo. Tutti i sistemi a partire da quelli biologici vengono colti da crisi. Una crisi si definisce come incapacità da parte di un organismo di gestire le varianti, di seguire il cambiamento, cioè un sistema dinamico non riesce più ad elaborare le informazioni. La cosa più stupefacente è che spesso le crisi sociali avvengono prima piano piano e poi raggiungono improvvisamente l’apice.
Ecco è quello che sta succedendo a noi. L’Italia sta attraversando da anni crisi continue senza riuscire a trovare nessun punto di equilibrio, di stabilità. Non riesce più, insomma, a produrre nessun livello di ordine, con il risultato che le diverse tipologie di crisi si sovrappongono con il rischio di andare verso una crisi di sistema totale, catastrofica nel senso letterale della parola.
L’attuale classe politica rispecchia questa Italia
La volatilità della classe politica è la manifestazione eccellente di questo disastro e i Cinque Stelle l’epifenomeno. Un partito che non ha prodotto nessuna selezione di classe politica, ma un’accozzaglia di raccattati senza nessuna preparazione, storia politica, e con nessun rapporto con il paese, o meglio tenuti assieme dall’invidia e dall’odio, con un programma politico parassitario e giustizialista. Ma votati dal trenta per cento del paese! Che esprimono un presidente del consiglio vuoto, la cui perfetta rappresentazione è il vestito.
Si potrebbe continuare il racconto passando in rassegna l’insulso PD, l’unico e ultimo partito sistema esistente in Italia, coacervo di correnti personalistiche retto da un sorridente senza motivo Zingaretti, che si fa dettare la linea da un sempre perdente D’Alema e da un cinico Renzi, che, nonostante l’intelligenza, è inciampato più volte a causa della stessa furbizia. Per non parlare del Centrodestra, dove la figura più lucida è la maschera di Berlusconi, un genio al confronto di chi voleva marciare su Roma in mutande, con l’aperitivo in mano, da quel già celebre bagno asciuga che non portò nessuna fortuna alla buonanima. Nullità vuote, intercambiabili.
In un film bellissimo di Luc Besson del 1974 “Lancillotto e Ginevra”, alla fine, c’è una scena che rappresenta al meglio la fine di un’epoca, della cavalleria, quando Lancillotto e compagni tornano al castello, dopo la Crociata (cito a memoria, non l’ho più visto da allora). Sono stanchi, piove, la scena è cupa, si sente solo il rumore della ferraglia, delle armature che cigolano, forse arrugginite. Non si vedono volti, coperti dalle celate. Dentro le armature, infatti, non c’è più nessun corpo, ormai vi sono solo simulacri.
Ecco, la metafora anche nella differenza è perfetta! Dentro quelle grisaglie, quei vestiti senza eleganza, dietro quei sorrisi fessi, non c’è più niente, come dentro le armature di Lancillotto e dei suoi compagni di avventura, ma appunto allora rimanevano le armature, le corazze, le armi, a testimonianza di un’epoca di eroi, di onore e coraggio.
Oggi niente di simile. Come si può pensare che il vuoto garrulo e leggero possa gestire al contempo una crisi sanitaria, una crisi economica diventata sociale, risolvere il non funzionamento delle istituzioni, della pubblica amministrazione, della giustizia, dell’emigrazione, in un mondo sempre più caotico, conflittuale e veloce? In un paese in denatalità assoluta, senza fiducia, stanco?
Ma la classe politica non è peggio del paese reale, ne è la sua espressione e noi siamo la nostra storia. Che inizia con un peccato originale enorme, una ferita mai più rimarginata, in grado di mutare e trasformarsi come un camaleonte. Inizia con una guerra civile negata, con la politica nascosta dai giudizi morali sprezzanti, civiltà contro reazione, i lumi contro i cafoni, laicismo contro cattolicesimo, nord contro sud. E poi continua sempre con guerre civili mal combattute e mistificate, passando per il Sessantotto. Per arrivare ai nostri giorni, con la strada aperta alla fine definitiva della politica dalla questione morale, dalla campagna di linciaggio, contro la corruzione – vi ricordate Leone? – iniziata da pseudo intellettuali senza scrupoli e senza cultura. Fino a Tangentopoli.
Il resto lo conosciamo, siamo qua a raccoglierne i frutti e i cocci.
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