“I Britannici non sono dei parvenu”. Il Falco non abbocca al mainstream trumpista: “Ma c’è una frattura…”

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Il Tazebao – Ci sono spettri sull’Atlantico, l’asse più paradigmatico del mondo novecentesco sembra diretto verso una ormai chiara dissoluzione. Il fantasma di quello che un tempo si chiamava l’establishment anglo-americano aleggia inquieto sulle steppe ucraine, teatro involontario della progressiva scollatura tra le due potenze che hanno plasmato il Secolo Breve. Lì, alle periferie dell’Occidente, le traiettorie di Washington e Londra cessano di sovrapporsi con l’automatismo di un tempo, si consuma un lento disfacimento di legami dati per acquisiti.

L’antica tentazione isolazionista, di matrice paleoconservatrice, pare permeare il secondo mandato di Donald Trump e riconvertirsi in una consapevolezza insulare più radicale. L’America si percepisce isola, non più solo continente appartato. Da questa auto-rappresentazione deriva una rinnovata enfasi sull’egemonia marittima – controllo delle rotte, degli stretti, dominio talassocratico – accompagnata da un mercantilismo aggressivo e da pulsioni annessionistiche che si credevano consegnate alla storia. Quando il tycoon evoca l’assorbimento della Groenlandia, abbozza una cartografia mentale precisa: la costruzione di una sorta di grande spazio nordatlantico che riecheggia di paradigmi vittoriani nel cuore del nuovo millennio.

Se la Brexit aveva illuso circa un rinnovato idillio tra Londra e Washington, l’avvento di Keir Starmer a Downing Street – privo della sponda ideologica democratica oltreoceano – produce un disallineamento strategico senza precedenti. L’attivismo febbrile del laburista, specie sul fronte continentale, appare allora meno come proiezione di forza e più come la conseguenza di un riposizionamento obbligato: la Gran Bretagna si scopre più sola, esposa alle manovre di una guerra ibrida e permanente con il Cremlino. Non a caso, l’incendio che ha recentemente gettato nel caos Heahtrow viene letto da alcuni tabloid, forse con eccesso di zelo complottista, come possibile sabotaggio dell’FSB. Un sintomo del clima. E mentre Londra si agita nel timore, americani e russi dialogano sull’Ucraina, escludendo non solo gli europei, ma significativamente anche i britannici dal tavolo della realpolitik.

Sotto questa doppia pressione, interna ed esterna, non stupisce il franare della popolarità di Starmer e l’impetuosa ascesa delle forze Reform, programmaticamente l’AfD britannica, giunto a insidiare i vertici nei sondaggi. Un evento per il paesaggio politico britannico che segnerebbe la fine traumatica del bipolarismo storico. L’ipotesi di un governo a guida Farage non appare più come fantapolitica ma come possibile ombra di questa lunga dissoluzione. L’unica possibilità di un passo indietro sarebbe che l’America, nel suo ripensamento insulare e marittimo, ricordi le vecchie alleanze e le salvi dalle sue stesse rovine. I Britannici però, non sono dei parvenu, e hanno già attivato ogni possibile Piano B.

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