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Ebrei e Afroamericani nel Movimento diritti civili (parte 1): Brown v. Board of Education

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Dopo l’introduzione, il primo articolo dedicato alla sentenza che ha sancito l’incostituzionalità della segregazione razziale

Il 17 maggio 1954 il giudice capo della Corte Suprema, Earl Warren riferì i questi termini le conclusioni della sentenza che sanciva l’incostituzionalità della segregazione razziale nelle scuole pubbliche statunitensi:

«La segregazione nelle scuole pubbliche, fondata unicamente sulla differenza di razza priva i ragazzi del gruppo minoritario di uguali possibilità di istruzione? Crediamo di si. Separarli dai compagni della stessa età in base soltanto alla loro razza genera un sentimento di inferiorità per quanto riguarda il loro posto nella comunità, un sentimento che può influire sul loro animo e sulla loro mente in modo che è molto improbabile si possa porvi rimedio»

Il Legal Defense Fund (LDF) aveva così ottenuto la sua vittoria più importante dal giorno della sua nascita, il 20 marzo 1940 a New York. Un numero consistente di avvocati, e alcuni di questi di origine ebraica, si era riunito con l’intento di combattere la segregazione razziale in sede giudiziaria; il LDF costituì uno dei primi esempi negli Stati Uniti di un’associazione formata esclusivamente da avvocati che intendessero lavorare insieme per promuovere il progresso sociale e civile della società americana.

Nel decennio post-bellico erano maturate alcune condizioni, sociali e politiche, più favorevoli alla lotta per l’emancipazione della comunità afro-americana. E il punto di svolta, la storiografia è concorde su questo, è stato il secondo conflitto mondiale. Non poteva sfuggire con tutta la sua tragica evidenza, la contraddizione della politica statunitense: la comunità afro-americana che in guerra aveva pianto i suoi caduti al pari dei connazionali bianchi in nome dei principi democratici di cui gli Stati Uniti si facevano paladini, nel proprio Paese era ancora discriminata e privata dei fondamentali diritti civili.

Considerata chiusa, almeno temporaneamente la possibilità di scardinare il sistema segregazionista attraverso la via legislativa, gli avvocati del LDF decisero di seguire la via giudiziaria. Del resto era stata proprio la Corte Suprema nel 1896 a decretare la costituzionalità della segregazione con la sentenza Plessy vs. Ferguson, stabilendo il principio giuridico separati ma uguali; principio che decretava di fatto l’incapacità della società e dello Stato americano di promuovere l’integrazione nel tessuto sociale della comunità nera separando le due comunità negli spazi educativi pubblici.

La decisione dei giudici del 1954 nel ribaltare la precedente sentenza, rappresentò uno degli eventi di maggiore importanza per la storia del Movimento dei Diritti Civili. E nel far questo conferì anche un’importanza determinante alle valutazioni degli scienziati sociali intervenuti a sostegno della causa della comunità nera. I giudici infatti abbracciarono il paradigma boasiamo sull’uguaglianza razziale così come le nuove teorie psicosociologiche di alcuni psicologi di origine ebraica e conferirono loro validità giuridica.

Fondamentale fu il contributo di Otto Klineberg, allievo dell’antropologo Franz Boas, studioso ebreo americano di psicologia e sociologia, così come quello dello psicologo di colore Kenneth Clark insieme alla moglie Mamie che svolsero uno dei ruoli più importanti; entrambi formatosi presso la Columbia University, considerata in quegli anni uno dei centri di maggiore importanza nel campo delle scienze sociali. Franz Boas, Ruth Benedict, Margaret Mead, Otto Klineberg erano tra gli studiosi della Columbia che avevano fornito i contributi più rilevanti. E il lavoro di Otto Klineberg, in particolar modo – impegnato nelle ricerche finalizzate a ribaltare le concezioni razziste che volevano i nativi americani e gli afro-americani inferiori alla razza bianca – rappresentò per Kenneth Clark uno dei principali punti di riferimento.

Nel 1947 i coniugi Clark, finanziati dalle associazioni liberal ebraiche, American Jewish Committee e Julius Rosenwald Foundation, presentarono la loro ricerca: attraverso uno studio compiuto su un numero rappresentativo di bambini di colore, i coniugi Clark giunsero alla conclusione che la maggioranza di questi era afflitta da un “complesso d’inferiorità” dovuto a una forte mancanza di autostima. Come prova delle loro affermazioni citarono i risultati di un test nel quale avevano mostrato ai bambini alcune bambole, sia bianche che di colore, domandando loro quale preferissero; per la maggioranza dei bambini afro-americani intervistati le bambole bianche risultarono essere più desiderate di quelle di colore, spesso definite con il termine bad. Questa ricerca venne inclusa nella Appendix of Appellants’ Brief a sostegno della causa intentata dal LDF della quale i maggiori curatori furono oltre ai coniugi Clark anche gli psicologi ebrei Gehart Saenger e Isidor Chein. Quest’ultimo lascia una testimonianza estremamente significativa che aiuta a far luce sul ruolo degli scienziati sociali ebrei a sostegno della causa del neri americani:

«Io credo che gli ebrei provino un forte senso d’inferiorità (…) In effetti esiste una letteratura scientifica a riguardo che dimostra come il concetto di “odio per se stessi” è stato applicato per la prima volta in relazione agli studi fatti sulla popolazione ebraica. (…) Gli ebrei reagiscono come altri gruppi, etnici o religiosi, allo stesso tipo di forze sociali e psicologiche. Se il peso della società è contro di loro, allora tenderanno ad assimilare quei giudizi negativi e quegli stereotipi. Nel caso della comunità nera gli stereotipi hanno un maggior impatto sulla loro personalità perché è lo Stato che ne afferma la validità».

Queste valutazioni circa il complesso d’inferiorità rappresentarono il “centro della questione” della causa Brown. Il discorso antropologico sulle diverse categorie razziali fu impiegato per sostenere il principio dell’uguaglianza delle razze: era evidente che le circostanze ambientali e culturali influenzavano in modo determinante la mente e lo sviluppo della personalità degli individui. E che le differenze razziali non avessero dunque nessun fondamento. Le conclusioni degli scienziati sociali erano quasi identiche a quelle formulate dall’antropologo ebreo Franz Boas quarant’anni prima.

Questa sentenza, nonostante le problematiche e le polemiche che sollevò in relazione alla sua attuazione, rappresentò per il movimento dei diritti civili una vittoria simbolica e allo stesso autorevole. Brown cambiò il modo con cui le autorità statali concepivano i rapporti esistenti tra le diverse categorie razziali e incoraggiò il Movimento, che raccolse questa sfida legale alla segregazione e riprese la lotta per la piena uguaglianza.

Un anno dopo Rosa Parks rifiutò di alzarsi dal posto occupato in un autobus a Montgomery, Alabama, e Martin Luther King Jr. iniziò a guidare la sua comunità nella protesta contro la segregazione razziale.

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  1. Ebrei e Afroamericani nel Movimento diritti civili (parte 3): L’indimenticabile ’64 e la frattura
  2. Ebrei e Afroamericani nel Movimento diritti civili (parte 2): Martin Luther King jr. e la comunità ebraica

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