Una lettura in controluce di “Una poltrona per due”, classico film che accompagna la Vigilia di Natale.
Per un rapporto governativo sulla produzione di succo di arance si è disposti a pagare una mazzetta esorbitante. I piazzisti si alcolizzano e si impasticcano in tutta fretta prima della prossima seduta. È una società frenetica, spietata. Si può nascere ricco, ben istruito, ritrovarsi per moglie un’impeccabile reginetta del ballo, oppure povero, solo, peggio ancora se di colore. Vita perfetta contro vita inutile. Il mito americano e chi ne è sistematicamente escluso. Ed è impossibile o quasi passare da emarginato a ingranaggio del sistema. Al netto delle belle promesse di autoaffermazione.
A decidere dei destini dei due protagonisti, Louis (Dan Aykroyd) e Billie (Eddie Murphy) – e verrebbe da dire non solo di loro due – sono due miliardari, Randolph e Mortimer Duke. Che scommettono 1$ sulla possibilità di scambiare le vite di Louis e Billie. Un esperimento sociale insomma.
Il denaro non dorme mai…
Letto in tal senso, in filigrana, il classico di Natale “Una poltrona per due” (1983) – che accompagna da decenni ogni Vigilia che si rispetti – è una prima ma efficace critica verso il mondo della finanza. Quattro anni prima dell’altrettanto celebre “Wall Street” di Oliver Stone, reduce dal successo di un anno con “Platoon” in cui lancia per la prima volta Charlie Sheen (il padre aveva recitato nell’altro capolavoro sulla tragedia del Vietnam, “Apocalypse Now”) che vestirà i panni di Bud Fox. Nel 2010, proprio dopo la grande crisi, Stone lancia il seguito nel quale fotografa l’implosione di quel sistema. Curiosamente, in entrambi i film, i Duke da un lato, Gordon Gekko, magnetico squalo di Wall Street, dall’altro commettono lo stesso reato: insider trading.
La complessità dei personaggi
Ben più articolata di quanto sembrerebbe è la psicologia dei due grandi antagonisti, i Duke. Pur avvicinandosi entrambi al canonico villain – che quando ben sviluppato nella narrazione non è mai un personaggio piatto – presentano delle sfaccettature differenti. Mortimer è decisamente retrogrado mentre Randolph mostra idee più avanzate. Mentre quest’ultimo crede, secondo una visione prettamente positivista e razionale, che la condizione economica sia frutto anche di fattori ambientali (famiglia, istruzione, inquinamento…), l’altro sfocia nel più bieco darwinismo sociale.
Di pari passo a quello tra Louis e Billie, il parallelismo ricco-povero si ripropone anche per i personaggi femminili: altera, inquadrata Penelope, moglie di Louis (che non perde tempo a scaricarlo una volta divenuto povero), contro Ophelia, la prostituta dal cuore d’oro, completamente indipendente, disinvolta, maschia e al contempo molto femminile.
Lungi dal mettere in discussione il modus operandi della finanza aggressiva né, tantomeno, il sistema socio-economico che l’ha fatta germogliare – quest’ultimo, come l’Impero Americano, negli anni ’80 viveva il suo momento di auge – il film “Una poltrona per due” ne offre sicuramente un taglio molto più complesso e articolato di quanto non potrebbe sembrare. E anche per questo, anche quest’anno, merita di essere rivisto.