Il 27 febbraio, il presidente bielorusso Aleksandar Grigorievič Lukashenko ha rilasciato un’intervista al blogger americano Mario Nawfal, fondatore della piattaforma Roundtable su X, che ha iniziato a fare il giro del mondo prima ancora di venir riportata sui canali ufficiali del governo di Minsk.
Il Tazebao – Nell’ora e mezzo di colloquio, molti sono stati i temi toccati da Lukashenko: la guerra in Ucraina, il dialogo Est-Ovest e il ruolo dell’amministrazione Trump, sia in generale che nel dialogo con la Russia.
Molte sono le speranze e le aspettative riposte nel ruolo del tycoon nel processo di pace ucraino, dettate dall’auspicio di vedere questo conflitto alle porte della Bielorussia chiudersi nel più breve tempo possibile. Cosa che poteva succedere, ha ricordato, se non fosse stato per il sabotaggio dei colloqui di Istanbul operato da Boris Johnson su ordine dell’allora amministrazione Biden nel 2022.
Lukashenko ha infatti condiviso molti aneddoti di colloqui personali tanto con Putin e Trump, quanto con Zelensky e addirittura con Prigožin: di questi ultimi due, in particolare, ha rivelato i numerosi consigli che l’inesperienza del primo lo portava a chiedergli in occasione del vertice che ebbe con lui prima del 2022, che trattava «come un figlio», mentre del secondo ha biasimato l’ambizione a «mettere le mani sulle armi nucleari», asserendo che non solo i russi, ma anche gli americani e gli inglesi lo avrebbero eliminato, per niente intenzionati a permetterglielo.
Di Putin, peraltro, ha assicurato l’assoluta mancanza di intenzione a fare uso delle armi nucleari, come anche la convinzione che non si sarebbe arrivati fino a questo punto con l’Ucraina.
Relativamente all’Occidente, Lukashenko ritiene che l’ammissione di François Hollande e Angela Merkel sullo sfruttamento degli accordi di Minsk come un pretesto per armare l’Ucraina sia una «menzogna», dettata dal loro ritrovarsi costretti a recitare una parte, non avendo egli notato alcun tentativo di “truffa” allorché presiedette la mediazione tra Russia e Occidente nel 2014-15. A tal proposito, egli ha apertamente confessato di non voler riassumere il ruolo di mediatore nella disputa poiché, a suo dire, è qualcosa che deve esser fatto da chi ha risorse potenti, mentre Minsk dovrebbe «fingere di poter far qualcosa» in una questione evidentemente più grande di lei, al netto dei suoi buoni rapporti sia con gli Stati Uniti che con la Russia, la Cina e le altre potenze.
Pur convinto della volontà di pace di Trump per quanto riguarda il conflitto ucraino, Lukashenko non risparmia però aperte critiche al suo indirizzo: discorda nettamente, per esempio, dalla sua politica mediorientale e dalle sue provocazioni all’indirizzo della Cina. Molti dubbi anche sulla questione degli accordi circa le terre rare ucraine (che riguardano anche gas, petrolio e accesso ai porti), sottolineando che i territori in questione appartengono oggi alla Russia e che essa stessa è pronta a negoziare con gli americani sul tema.
Non ha risparmiato un accenno neanche all’Unione Europea: come molti nel Vecchio Continente, anch’egli è dell’opinione che quest’ultimo si troverebbe in una posizione decisamente migliore se avesse seguito una politica di alleanza e cooperazione con la Russia, affermando che l’attuale sua lacerazione va a beneficio degli Stati Uniti in quanto loro competitore.
Ritenendosi convinto che in futuro Russia e Stati Uniti diverranno alleati, ma senza prendere di mira nessuno poiché a suo dire dei buoni rapporti tra Mosca e Washington beneficerebbero entrambe, un’ultima considerazione l’ha riservata ai fatti successivi ai moti del 2020 (in cui l’USAID in via di scioglimento, egli dice, ha avuto un ruolo preponderante), asserendo che chi vi ha preso parte inconsciamente o in buona fede verrà perdonato e avrà la possibilità di iniziare una nuova vita.
Il quadro che in ultima analisi emerge è quello di una Bielorussia che, pur ferma sui suoi principi e sulla sua collocazione geopolitica al fianco di Mosca, non rigetta una prospettiva di cooperazione internazionale multilaterale, pragmatica e poliedrica.
La voce di Lukashenko si aggiunge quindi a quelle di altri Capi di Stato europei, come Vučić, Orbán e Fico, due dei quali attualmente sotto attacco tramite tentativi di “rivoluzione colorata”, che non vogliono seguire Bruxelles nella sua prefigurata crociata di guerra contro la Federazione Russa.
L’80° anniversario della vittoria sul nazifascismo si avvicina e, come ha detto Robert Fico, non ci si dimentica che da alcune parti «la libertà è venuta da est».