Più che difficile inutile: il price cap ha perso di senso – Staffettaonline 16/12/2022

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Si riportano di seguito alcuni passaggi dell’intervento di Massimo Nicolazzi su Staffettaonline in cui affronta il nodo del price cap.

Staffettaonline – Quando a marzo si iniziò a parlare di price cap sul gas, si era reduci da un anno in cui la Russia aveva esportato in Europa 150 miliardi di metri cubi via tubo, il Nord Stream 1 funzionava ancora, inizialmente a pieno regime, e anche la linea di Arnoldstein/Tarvisio non aveva problemi. Da questo punto di vista, in una situazione in cui l’approvvigionamento europeo era ancora più che prevalentemente via tubo con contratti di lungo termine, l’idea che stava dietro il price cap era di mettere un cap al Ttf non tanto in funzione di tetto alle transazioni spot, ma soprattutto perché così in qualche modo si metteva un limite all’indicizzazione dei contratti di lungo periodo, che erano prevalentemente indicizzati al Ttf e suoi derivati e, nel caso dei russi, lo erano per intero. All’inizio inoltre l’idea del price cap comprendeva perciò anche quella di limitare le revenues russe, posto che come detto i contratti di Gazprom erano ormai completamente indicizzati gas to gas, mentre ad esempio nel caso algerino residuavano delle quote di indicizzazione a petrolio.

I tecnici italiani che avevano approntato la prima proposta erano peraltro i primi a rendersi conto che l’applicazione di un price cap alle transazioni di Gnl si presentava quantomeno ardimentosa e quindi anche i primi a ipotizzare la possibilità che per il Gnl si dovesse andare ad un mercato parallelo (…).

Il gas via tubo o arriva qui o resta in giacimento, quello che viaggia via nave va dove lo porta il prezzo e in un mercato corto, come lo sarà quello del gas ancora per almeno un paio d’anni, se il price cap europeo si ritrovasse ad essere inferiore al prezzo asiatico gran parte del Gnl che ci serve finirebbe per fare rotta verso un altro continente.

Cosa è cambiato nel frattempo?

È cambiato che quest’anno Gazprom sta producendo 100 miliardi di mc in meno rispetto all’anno scorso e, ammesso che le forniture dalla Russia (di cui noi oggi siamo rimasti i maggiori precettori) continuino, quello che è successo al Nord Stream 1 e 2 e il fatto che una delle due centrali di compressione ucraine sia inutilizzabile perché in zona bellica fanno sì che, a dire tantissimo, le esportazioni in UE dalla Russia per l’anno prossimo dovrebbero attestarsi non oltre i 20 miliardi di metri cubi (al netto delle importazioni di Gnl russo, che sono invece in costante aumento e di cui pudicamente si tace).

I 100 miliardi di mc russi che mancano quest’anno e i 130 o forse 150 che mancheranno il prossimo rispetto al 2021, in punto di offerta saranno al 90% sostituiti attraverso l’aumento delle importazioni del Gnl. Ci ritroviamo in Europa in un mercato in cui la soddisfazione della domanda di gas già oggi dipende per oltre il 30% dalla nostra capacità di importare Gnl.

Per converso, nelle condizioni di oggi il cap non avrebbe effetti sanzionatori nei confronti della Russia (ricordiamo che qualcuno arrivò a teorizzare un cap solo sul gas russo, fingendo di ignorare che questo avrebbe politicamente costretto i russi alla chiusura totale); e ciò molto semplicemente per l’assenza di gas russo.

In sintesi il Gnl, che non è a mercato corto assoggettabile a regimi di prezzi controllati o amministrati, diventa il primo fornitore europeo; e il gas russo da sanzionare sparisce o quasi dal tavolo. È legittimo chiedersi che senso abbia continuare a discutere di price cap o edittare un price cap in queste condizioni di mercato (…).

Di Nicolazzi segnaliamo anche: Il gas dopo la Russia – RiEnergia 10/01/2023

Per quanto poi concerne il gas che continuiamo a importare via tubo, essenzialmente da Norvegia e Algeria (con l’aggiunta per l’Italia di Azerbaigian e Libia), forse, più che un price cap o l’addentrarsi nel labirinto degli acquisti congiunti, sarebbe più utile mettere in campo una qualche political suasion a livello di rapporti bilaterali con i fornitori, cercando accordi che in cambio di investimenti o sgravi o certezza di lungo termine sugli acquisti e/o quant’altro, possano rendere conveniente per i singoli fornitori il praticare una moderazione di prezzo (…).

Fonte: Più che difficile inutile: il price cap ha perso di senso (Staffettaonline, 16/12/2022)

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