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Peri-feria. Nessuno esce a Rovezzano…

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Terzo approfondimento de Il Tazebao sulla periferia fiorentina grazie alle nuove fotografie di Jacopo Canè, che ringraziamo.

Dall’altra parte della ferrovia c’è Rovezzano. La periferia più prossima. Anche se dal treno nessuno esce a Rovezzano. Il parcheggio scambiatore, noto circuito di prove di scuola guida, è sempre quasi del tutto vuoto, eccetto pochi avventurieri. Forse ci arriverà la nuova tramvia.

A vederle da fuori le case minime sono un fortino, chiuso da un lato dalla ferrovia e sbarrato dalla grande strada, via Rocca Tedalda. Di recente, nell’era dell’ante-Covid si era parlato di demolizione e ricostruzione degli edifici. Invero, se ne parla da cinquant’anni. Sì, perché le case minime dovevano avere un breve vita.

Ne tratta un servizio illuminante sulle case minime di Casella, Paradiso e Rovezzano, che già prefigurava gli effetti dello sviluppo urbano che manifestava i primi sintomi:

“Intorno, sempre più lontani dal centro si sviluppano i quartieri periferici e popolari che mancano dei servizi per una vita organizzata socialmente”.

Ben lungi dalla narrazione della città vetrina, già si prevedeva lo spopolamento della città, e soprattutto del centro cittadino, l’espulsione delle masse popolari, a favore di un modello economico basato quasi esclusivamente sul turismo e sulle rendite connesse. Di cui oggi si vedono i risultati.

Il servizio – che nasceva a margine degli esperimenti di architettura partecipata dell’Architetto Luigi Bicocchi sulle case minime [3] e quindi come base verista degli interventi – ricostruisce la storia delle case minime:

“Furono costruite dal 1950 al 1960, con un’unica caratteristica: essere isolate, circondate (allora, ndr) da campi, con poche vie d’accesso. Sono nate con un doppio scopo, da un lato dare una casa a quella parte di popolazione che viveva in tuguri, per lo più per effetto della guerra, e dall’altro di relegare molta gente in quartieri ghetto, completamente isolati. Questa massa di gente che costituiva un pericolo se inserita nel tessuto urbano ma confinata così a margini perdeva la sua forza di lotta. Nascono così le case minime per 10 anni ma esistono tutt’ora e in condizioni di sempre maggiore degradazione”. 

Il servizio è del 1973. Le previsioni sulla città si sono avverate. C’è un nuovo murales. I problemi di muffa sono rimasti. L’isolamento continua.

Bibliografia
  1. Lady Radio, intervista a Luca Talluri, «Le case minime? “Le demoliamo e le ricostruiamo”», 17/01/2020;
  2. “Firenze – Case minime di Casella, Paradiso, Rovezzano” (1973).
  3. StampToscana, “Storia di un esperimento: l’architettura progettata con i cittadini”, 18/11/2018.
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