Il mondo è grande. Enorme. Il rischio è che la guerra porti a un contingentamento, non solo fisico, anche culturale, da questo lato della trincea. Ci opponiamo a prescindere.
“Oltre la nuova cortina” per capire cosa succede fuori dall’Occidente, che non è (forse non è mai stato) il cuore del mondo. Oggi in Corea del Nord.
«La mia vita non ha niente di speciale se non perché ho tentato di metterla al servizio della patria, unendo il mio destino a quello del popolo». Nelle sue memorie Kim Il Sung, uno dei grandi leader del Novecento, ricostruisce la sua vita: parte dalle sue origini umili, confessa il dolore che ha provato perché molti dei suoi familiari non hanno potuto assistere al tanto agognato giorno della liberazione, delinea un pensiero politico profondo e completo.
Serenità traspare dal testo: non c’è alcuna forzatura o enfasi retorica, pochi elogi, zero celebrazioni. Un uomo politico che traccia un bilancio del suo cammino che sente di aver compiuto coerentemente, con alcuni punti fermi: la nazione, cui scrive di aver «consacrato» la vita, e il popolo, che lo ha sempre seguito e in cui ha sempre creduto, in simbiosi.
Più avanti, scrive che «la rivoluzione non è opera di alcune persone eccezionali. Sensibilizzato e influenzato nel buonsenso, chiunque può fare cose sorprendenti nella lotta per la trasformazione del mondo».
Kim Il Sung è nato il 15 aprile 1912, due anni dopo l’annessione al Giappone, che imporrà una dominazione ferrea, si è spento l’8 luglio del 1994, la Russia è in piena era Yeltsin e Clinton guida la pax americana.
Provare a capire la Corea significa chiarire la rilevanza strategica di quella penisola sul Rimland: è una delle porte di accesso, secondo la geopolitica classica, al cuore del mondo. Non è un caso che, tra fine dell’Ottocento e primi decenni del Novecento, si sia consumato uno scontro tra Russia, Giappone e Stati Uniti per il controllo della Corea. La storia della guerra russo-giapponese del 1905 è fortunatamente nota grazie al Barzini. Nel 1895, ricorda sempre Kim, e ben rende il clima, fu uccisa la regina da «terroristi stranieri»: ciò dimostra il grado di infiltrazione. La stessa Cina, dalle guerre dell’oppio, era stata infiltrata e svuotata dall’interno.
Per questo, va conosciuta anche l’altra Corea, quella negletta, non solo quella, per altro banalizzata, di Squid Game e k-pop. Nemmeno tanto isolata, in effetti, visto che l’Italia è stato il primo paese del G7 a stabilire relazioni diplomatiche formali; è di questi giorni, invece, l’irrobustimento delle relazioni nordcoreano-russe. La politica è vedere il problema dell’altro come proprio e la diplomazia cercare di capire la prospettiva dell’altro, per quanto sia distante: in questo l’Italia ha (aveva) un primato.
«La sovranità di una nazione – avvisa sempre Kim – non può essere salvaguardata o recuperata se non con gli sforzi attivi che dispiega lei stessa, attraverso lotte infaticabili».
Indi per cui, la pubblicazione di Jean-Claude Martini Le idee del Juche e la Repubblica Popolare Democratica di Corea (2023) è oltremodo preziosa. Non amiamo le letture banali, né gli scritti sotto dettatura. Selezioniamo solo ciò che può fare dibattito e una pluralità di fonti. Del resto, Martini scrive regolarmente per Il Tazebao: ha curato una dettagliata storia della penisola coreana che ne ripercorre le tappe e le pieghe meno note.
Di questo libro, che consigliamo, abbiamo avuto l’autorizzazione a pubblicare un passo introduttivo:
«Alla composizione della tesi, nonché, più in generale, alla mia attività in difesa della Corea popolare, concorre soprattutto l’esigenza di aggiornare la teoria che mi ha sin qui guidato nella mia attività politica, affinché sia al passo con le esigenze dei tempi attuali in cui si pone sempre più pressante la necessità di conquistare l’indipendenza e la sovranità per il nostro Paese, al fine di avviare una transizione effettiva al socialismo, unico sistema che, estirpando alla radice la causa degli squilibri economici, delle crisi e delle piaghe sociali di ogni tipo che ci infestano, possa garantire una vita libera e felice al nostro popolo e ai popoli del mondo».