Il Tazebao – A sud del 38° parallelo le prospettive si fanno sempre più cupe. Oggi entrano ufficialmente in vigore i dazi di Trump, che per Seoul si attestano al 25% (sono però in corso trattative per accordi commerciali sia con la Repubblica di Corea che con la Cina, pur nella minaccia di tariffe al 104%) e il cui annuncio le ha fatto cadere l’indice Kospi del 5,5% due giorni fa, provocandone un’interruzione momentanea. In tutto ciò la Casa Blu non ha un inquilino, essendo stato rimosso Yoon Suk Yeol venerdì per effetto della decisione finale della Corte costituzionale sudcoreana sul suo impeachment. Le sue funzioni sono per il momento assolte da Han Dok Su, fino alle elezioni presidenziali previste in via provvisoria per il 3 giugno, a sei mesi esatti di distanza dal tentativo di auto-golpe di Yoon che ne ha decretato la fine politica. Già si hanno due candidati: Lee Jun Sok per il Nuovo Partito Riformista (di tendenza conservatrice, parte del terzo polo) e An Chol Su (Partito del Potere Popolare, principale partito conservatore). Frattanto, Seoul, insieme a Tokyo, ha partecipato alla riunione dei ministri degli Esteri dei Paesi membri della NATO a Bruxelles ed entrambi, in coro con gli Stati Uniti, hanno rilanciato la tesi della “minaccia nordcoreana” e invocato ripetutamente la denuclearizzazione della Corea del Nord. Secco e ovvio il rifiuto di quest’ultima: la dichiarazione odierna di Kim Yo Jong, vicedirettrice dipartimentale del Comitato Centrale del Partito del Lavoro, nonché sorella minore di Kim Jong Un, ha affermato che la politica nucleare della RPDC non cambierà mai a prescindere da qualsiasi giudizio esterno e che, poiché le atomiche di Pyongyang contribuiscono, ha proseguito, a mantenere «l’equilibrio di potere e la sicurezza strategica a livello regionale e globale», quest’ultima «opererà costantemente e responsabilmente per difendere fino in fondo gli interessi supremi dello Stato». Resta quindi da vedere se, nonostante la politica dei due Stati separati adottata dai nordcoreani a fine 2023, le prossime elezioni sudcoreane potranno determinare la riapertura di spiragli di dialogo o la prosecuzione senza ritorno sulla via della guerra. (JC)

I Paesi arabi salgono alla ribalta anche come mediatori: dopo l’Oman con Iran e USA, ora il Qatar con Russia e Ucraina. Il Tazebao del giorno
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