“Manca l’Italia” (e il socialismo). Il ‘Falco’ smonta i cantieri neo-vetero “comunisti”… e i loro umarell

Condividi articolo:
SEGUICI SU TELEGRAM:
‘Falco’ non perdona e smonta, mattone per mattone, le proposte “unitarie” e i “cantieri” di Roma e Bologna perché manca l’Italia. E il socialismo.

Il Tazebao25 gennaio. Sul suolo nazionale si consumano due assemblee parallele: una a Roma, l’altra nella più sicura roccaforte di Bologna. Proposta, ça va sans dire, la necessità di un nuovo partito comunista.

Ma la sottile filigrana del discorso tradisce un’istanza più intima, e decisamente più goffa: “Non serve un nuovo partito comunista, serve il mio partito comunista!”. Tragico cortocircuito, se si considera che entrambe le formazioni promotrici di simili raduni provengono da scissioni dello stesso tronco politico, consunto ormai come un arbusto logorato da un decennio di frammentazioni e inconcludenti rinascite.

Procediamo con metodo. Da Roma giunge un’assemblea che elogia la Russia, ma non in chiave geopolitica: la sua autentica passione sono le matrioske. E l’immagine delle bambole a incastro offre una metafora quasi perfetta: costituenti che fondano costituenti, che a loro volta ne generano altre ancora, in una successione potenzialmente infinita. Che cosa si annida, dunque, tra i vari strati di questa complicata matrioska politica? Formazioni che si presentano come “piattaforme aperte” allo scopo di inglobare chiunque capiti loro a tiro, inseguendo la chimera del nuovo – o, meglio, mio – partito comunista. Ma l’operazione si rivela a sua volta un guscio vuoto: incapaci di assorbire le une le altre, queste realtà prendono la decisione (grottesca e surreale al tempo stesso) di costruire una costituente unitaria, con la dichiarata prospettiva di edificare un partito.

In ultimo atto, il progetto muta e diviene un cantiere, come proclama il titolo dell’assemblea romana. Un cantiere pressoché disabitato, nella totale assenza di volti giovani: l’unica prospettiva di unità possibile finisce per ridursi alla contemplazione passiva – mani dietro la schiena, sguardo inerte – dei lavori (altrui), in perfetto stile umarell da cantiere.

Scenario bolognese (non la pregevole iniziativa sui rapporti tra Russia e Corea del Nord): la sala è realmente gremita in questo caso, e nessuno, a parte gli ormai stagionati dirigenti di questa pluridecennale operazione, supera la soglia dei trent’anni. Qui un’anomala “giovanile” priva di partito si affianca a un partito nato dalla stessa giovanile, ma piuttosto senile nelle sue finalità – più un approdo per chi ha ormai macinato anni di militanza che un laboratorio politico autentico.

La storia, peraltro, esibisce il consueto copione: il “fronte” si era presentato come un grande disegno partitico, salvo naufragare in modo clamoroso. Oggi, nel silenzio imbarazzato, le dirigenze contano sul fatto che nessuno ricordi i roboanti proclami dell’epoca. Peccato che la rete, si sa, difficilmente si sanifichi. Come già accaduto pochi mesi fa, l’incontro si consuma nel più ovvio dei rituali: ci si raduna, ci si ripete che urge il (mio) partito, ci si scambia qualche applauso, e poi? Un inevitabile “ci rivediamo alla prossima assemblea”.

A differenza dei sodali romani, qui l’entusiasmo per la Russia (matrioske incluse) sembra meno fervido; qualcuno insinua piuttosto una strana fascinazione per la dracma. In ogni caso, resta un’operazione che lascia perplessi: negli ultimi anni queste sigle hanno perso parecchi pezzi, soprattutto fra i giovani, i quali si rivolgono a nuovi lidi – magari organizzazioni trotzkiste – perché si sa: di solito si preferisce l’originale alla mera imitazione.

Il livello è ormai infimo in altre parole, il clima da seconda internazionale, e ciò che resta di quest’area è un compromesso antropologico tra studenti e pensionati che, nel gridare i loro altisonanti proclami, gettano ombra sul grande assente: l’effettivo ceto produttivo del paese.

Mentre c’è chi, altrove, si affanna a strappare la bandiera rossa di mano altrui, sotto il cielo di Roma prende forma una nuova giovanile “popolare”. Non possiamo che augurare loro ogni bene, giacché di buona sorte ne avranno un gran bisogno. Avevo già messo in guardia, sulle pagine de Il Tazebao, dai rischi di un sovranismo che scimmiotta i medesimi feticismi falce-e-martello, rivendicando una qualche supposta ortodossia – socialista o sovranista che sia. Il problema si pone quando, se una formazione istituzionale decide appena di sfiorare quei temi, l’unico grido di distinzione resta: “Noi lo vogliamo più di loro!”. Complice la svolta Trumpiana, l’uscita dall’OMS echeggiata recentemente in patria, questa narrazione entra in crisi.

Tirando le somme: mentre alcune proposte sono ormai carcasse che ci si ostina a voler riesumare, che tragedia è invece nascere già rugosi, costituirsi basandosi su un paradigma politico ormai saturo, e uscire dal grembo già avvizziti. Il mondo muta con tempi rapidissimi, il multipolarismo inteso come tifo da stadio è già oltre il passatismo: è un giochino consunto, un baule polveroso che non desta più alcuna meraviglia.

La tragedia più grande? Che in tutte queste analisi manchi un perno essenziale: l’Italia. Mentre c’è chi insegue una caricatura dell’Oriente e chi resta aggrappato a un Novecento ormai sfiancato, ci si scorda di gettare uno sguardo serio sulla cartina.

Il mondo si sta riorganizzando in blocchi vasti: gli Stati Uniti rialzano una cortina gelida sull’Atlantico; l’Europa – o quel che ne resta – si ritrova compressa tra colossi, senza rientrare davvero negli interessi di alcuno. Nel frattempo, i paradigmi sacchettiani, sinigalliani e trumpiani sono andati in frantumi: kaput. Divisi tra nostalgie comuniste ed eclettismo sovranista, ci si è dimenticati della vera direttrice, nata dai valori della nostra civiltà e del nostro spazio: il socialismo.

D’altra parte, se oggi la civiltà si estinguesse, fra mille anni il socialismo tornerebbe identico a sé stesso; mentre queste rocambolesche acrobazie politiche, sempre in bilico tra caricatura e feticismo, non troverebbero più alcun varco per riaffiorare.

Cerca un nuovo articolo

Resta sempre aggiornato
Scopri Il Tazebao

Ho letto la Privacy Policy

Il Tazebao
Scopri altri articoli
Verso la grande crisi

Il Tazebao – Nel volgere di poche settimane molte delle nostre analisi, consolidate dalla lenta lettura del nostro tempo e