L’Italia può ancora puntare sul nucleare? Risponde Umberto Minopoli (AIN)

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A colloquio con Umberto Minopoli, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare.

Un nucleare innovativo può essere realtà nei prossimi decenni. Mentre attori globali di primo piano rinnovano, investono e adeguano i propri piani energetici valorizzando il contributo del nucleare anche le aziende italiane investono: è il caso di Malacalza con la start-up Newcleo. E ancora: il Ministro per la Transizione Ecologica Cingolani apre al nucleare pulito. Il dibattito è ri-aperto sul nucleare e come Tazebao contribuiamo con un dialogo insieme a Umberto Minopoli, Presidente dell’Associazione Italiana Nucleare (AIN).

“Le osservazioni del Ministro sono completamente condivisibili e per l’approccio e per il contenuto. Certo, come naturale, ci sono state reazioni ma sono emotive e soprattutto ideologiche. Non entrano nel merito e non vanno a fondo del problema. Come, invece, ha fatto Cingolani che ha invitato tutti gli attori a prendere atto del problema e a trarne delle conseguenze. Guardiamoci intorno. In tutto il mondo si registrano investimenti nel nucleare e in tecnologie sempre più evolute che innovano e migliorano su tutti gli aspetti, comprese le criticità, delle tradizionali tecnologie nucleari. Quando parliamo di nucleare non dobbiamo pensare che si tratti di qualcosa di lontano.

Il nucleare è una realtà evidente: nel mondo ci sono 542 centrali pienamente operative che forniscono circa il 10% dell’energia consumata nel mondo (17% in Europa).

Tutte le tecnologie vanno considerate per il raggiungimento degli obiettivi di transizione ecologica. Come possiamo privarci preventivamente di una tecnologia in un momento di revisione complessiva della strategia energetica?” si domanda Minopoli.

“La realtà non funziona con la testa degli ambientalisti…”

Una delle critiche più diffuse è che l’Italia non possa puntare sul nucleare dopo i due referendum. “Purtroppo, questo Paese è stato intossicato da un dibattito ideologico, che non esiste in nessun’altra nazione e la politica non ha saputo distinguersene. Abbiamo fatto due referendum ma per correggere delle leggi dell’epoca e non per decidere se stare o non stare in una tecnologia, per l’eternità. Chi dice questo, ignora la Costituzione e il senso dei referendum. 

Il risultato dei referendum e lo sviluppo del nucleare sono due piani distinti. Sono passati trent’anni dal primo referendum, oggi parliamo di un nucleare assai diverso, anche dalle tecnologie dell’epoca. Tra qualche decennio, inoltre, la fusione nucleare sarà una fonte di energia e l’Italia è impegnata in prima linea.

Bando ai pregiudizi dunque. Tutte le tecnologie della transizione hanno pro e contro, hanno però un vantaggio comune: la bassa emissione di carbonio. Questo è ciò che ci deve interessare e ciò che devono interessare agli attori politici e istituzionali, per sostenere gli investimenti privati in queste tecnologie. Altra questione sarà poi, eventualmente, decidere quanti e dove sorgeranno tali impianti …”

I nostri approfondimenti sul nucleare

Politics of global energy: global nuclear contemporary development – Il Tazebao

Il “Sole nella bottiglia”: Umberto Minopoli per Repubblica – Il Tazebao

Le altre interviste dell’autore

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