L’Iran, la Repubblica degli Ayatollah alle urne

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Hassan Rouhani: fine di una stagione o di un’era?
«In Iran manca una nuova generazione di mullah, di clerici religiosi e politici come quelli che hanno fatto la rivoluzione».

Si è placato momentaneamente il conflitto Israelo-Palestinese con l’annuncio del tanto atteso cessate il fuoco, lo zampino “invisibile” iraniano nel conflitto non si è visto, ma è stato molto sentito avendo la Repubblica inviato missili ad Hamas, i negoziati a Vienna per il rilancio dell’accordo sul nucleare sono in corso e si protraggono per inerzia, le parti usano un linguaggio neutro e diplomatico senza sbilanciarsi molto al riguardo. Intanto l’appuntamento elettorale è fissato al 18 giugno e non mancano di certo le sorprese.

Cosa aspettarsi da una nuova leadership iraniana? A colloquio con Antonello Sacchetti, giornalista appassionato di Iran e scrittore. Dal 2012 gestisce il blog Diruz, completamente dedicato alla Repubblica degli Ayatollah.

Come funzionano le elezioni iraniane? Chi elegge chi e quali sono i requisiti per candidarsi ed essere eletti?

“Si tratta di un Election day. Le elezioni presidenziali sono quelle più importanti sicuramente. Si vota ogni quattro anni. Si vota, in parte, per l’Assemblea degli Esperti, Majlese Khobregan Rahbari, organo elettivo composto da 88 membri eletti a suffragio universale ogni 8 anni. Ogni 4 anni si svolgono le Mid Term Elections per sostituire eventuali posti vacanti. I candidati sono tutti giuristi e accademici islamici. L’Assemblea seleziona la Guida e la rimuove qualora si dimostrasse inadeguata ad adempiere ad eventuali doveri costituzionali. In più ci sono delle elezioni amministrative, dei collegi comunali in alcune città.

I candidati in lizza per sostituire Hassan Rouhani sono sette. O meglio, loro sono i sette che sono riusciti a superare il giudizio del Consiglio dei Guardiani (che potremmo paragonare alla nostra Corte costituzionale). Tale Consiglio è formato da 12 membri in tutto: sei nominati dalla Guida, gli altri sei sono nominati dal Parlamento, e hanno un ruolo più tecnico; tutti rimangono in carica per sei anni e sono rinnovati per la metà ogni tre anni.

L’organo ha il potere di destituire il Presidente della Repubblica se la Corte Suprema lo condanna. I dodici membri interpretano in forma giuridicamente vincolante la costituzione iraniana – quello che decidono diventa legge – e possono rigettare le leggi emesse dal Parlamento.

Dalla lista di tutti coloro che si erano candidati, sono stati estromessi quelli che i sondaggi davano per vincenti. Uno di questo era dato per favorito: si tratta dell’attuale presidente del Parlamento, Ali Ardashir Larijani, vicino anche al presidente uscente Rouhani, non è stato ammesso. Allo stesso modo è stato estromesso anche l’attuale vice-presidente, Eshaq Jahangiri, riformista, anch’ egli vicino a Rouhani, così come non ha superato la ‘selezione’ Mahmoud Ahmadinejad, che è stato presidente della Repubblica Islamica per otto anni, dal 2005 al 2013. La motivazione dell’estromissione non viene resa pubblica, ma consegnata personalmente al singolo interessato. In un certo senso c’è il sospetto che i guardiani indirizzino l’elezione in una certa direzione perché hanno negato la possibilità di correre alle elezioni ai candidati più moderati. Il favorito del momento è Ebrahim Raisi, un ultraconservatore che quattro anni fa è stato avversario di Rouhani, e ha una visione un po’ più intransigente sulla questione del nucleare e sui rapporti con l’Occidente.

In Iran la campagna elettorale si sviluppa in maniera molto veloce, tutto è possibile: mancano meno di due settimane, alcuni di questi nomi si ritireranno e offriranno appoggio a un unico candidato e inizieranno a breve i confronti televisivi che in genere sono molto lunghi. Quest’anno coincidono con le partite di calcio della nazionale iraniana!

C’è un nome fra tutti un po’ scomodo: Abdolnaser Hemmati, governatore uscente della Banca Centrale Iraniana, il Draghi iraniano per intenderci, che ha un approccio molto pragmatico su tutto ed è convinto che al paese serva un tecnico in questo momento. Nel primo dibattito televisivo ha mandato la moglie che vanta un master in economia, dando in questo modo, un’immagine di sé stesso di modernizzatore del paese. Si è detto contrario all’hijab obbligatorio per le donne – in Iran è obbligatorio – attirandosi già critiche da parte dei conservatori.

La vera incognita di queste elezioni è l’affluenza. In genere, quando ci sono così tante limitazioni e restrizioni e quando la maggior parte, se non tuti, i candidati che corrono sono conservatori, le persone non si recano alle urne. Per ora è stimata intorno al 40%.

A questo giro elettorale ci si aspettava la presenza di almeno una donna, e ce n’erano di nomi importanti. Si basa tutto su un’ambiguità: secondo l’articolo 115 della Costituzione iraniana il presidente deve essere un “rajal-i siasi mazhabi”, termine arabo che può essere tradotto indifferentemente come “uomo politico” o “personalità politica”, senza distinzione di genere. Su questa ambiguità si è sempre giocato per evitare di fornire un’indicazione chiara”.

Palestina vs Israele: l’uccisione dello scienziato artefice del nucleare e i negoziati in corso a Vienna. Aspettative, richieste e delusioni.

“L’Iran non riconosce la legittimità dello stato di Israele e da sempre sostiene i palestinesi. Adesso è dalla parte di Hamas e della Jihad Islamica. Molti dei razzi che partono da Gaza sono di provenienza iraniana. È contrario agli Accordi di Abramo e ha accolto la fine degli sfratti da parte delle autorità israeliane a danni dei palestinesi come una vittoria, anche se così non si può definire. È più una questione ideologica che altro: sicuramente l’Iran scenderebbe a patti con tutti in vista di un possibile allentamento delle sanzioni. Anche con Israele c’è dietro tutta una storia abbastanza complessa di relazioni sotterranee.

Durante la guerra con l’Iraq, l’Iran ha ricevuto aiuti proprio da Israele in funzione anti-irachena. Al di là degli slogan di facciata, la situazione è certamente conflittuale. Basta pensare agli attacchi israeliani al programma nucleare iraniano e l’uccisione dello scienziato a capo del programma, Mohsen Fakhrizadeh-Mahabadi, come anche alle manomissioni dei controlli nelle centrali.

A Vienna è tutto intrecciato con la questione elettorale. Le dichiarazioni di Abbas Araghchi, che è capo delegazione nella capitale austriaca, sono molto neutre e generiche. La questione è la seguente: un successo a Vienna corrisponderebbe a un fallimento a Teheran. Sarebbe uno spot incredibile per i moderati che corrono per la presidenza. I conservatori non hanno alcuna fretta. È più qualcosa che riguarda la comunità internazionale, Teheran ha altro a cui pensare adesso.

Dall’inizio dell’anno, però, sembra che piccoli passi in avanti si stiano facendo. L’amministrazione Biden vuole arrivare alla stabilizzazione dei rapporti con l’Iran, non è intenzionato ad andare oltre, però bisogna vedere anche quali siano le intenzioni della Guida Suprema, dei settori militari, e se c’è la volontà di chiudere questa storia o continuare a usarla come un’arma politica”.

Hassan Rouhani: moderato o riformista?

“Lui è un moderato. Attribuirgli l’etichetta del riformista è sbagliato; la stampa occidentale ci casca non di rado. Rouhani è un conservatore moderato che venne eletto proprio con la promessa di trattare sul nucleare, ottenendo un risultato straordinario perché nel giro di pochissimi mesi arrivò a parlare con l’America, con l’allora presidente Obama. Eletto nel giugno del 2013, si insedia ad agosto, a fine settembre è al telefono con Obama. Si arrivò al primo accordo a novembre, poi passa un anno e mezzo e si giunge agli accordi dell’estate 2015 sul nucleare. Il problema è che nel passare degli anni i cambiamenti economici promessi agli iraniani in virtù di questo accordo non si sono visti.

C’erano problemi finanziari prima di tutto: le banche continuavano a boicottare l’Iran e a non concedere crediti alle compagnie occidentali collegate all’Iran per timore di ritorsioni da parte dell’America. Gli accordi furono firmati, ma si continuava ad ostacolare la loro messa in pratica. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca la situazione, già critica, è peggiorata. Trump ha stracciato gli accordi e l’economia iraniana ne ha risentito pesantemente. Gli iraniani non si fidano più dei “riformisti”. Rouhani non si può candidare perché la costituzione glielo vieta avendo servito per due mandati consecutivi! L’ala riformista non ha trovato qualcuno che sia in grado di sostituire il presidente uscente. E poi, dopo otto anni di governo, cosa può promettere di nuovo Rouhani?”

L’Iran vendicherà presto il generale Qasem Soleimani?

“L’Iran lo ha promesso molte volte. C’è anche stato quello spettacolo dimostrativo di lancio di missili pochi giorni dopo, ma l’Iran, in questo momento, ha ben altri pensieri. Il paese sta vivendo la quarta ondata di Covid. Un Covid affrontato sotto sanzioni e sotto embargo. Inizialmente avevano carenza de i kit per fare i tamponi. Adesso, grazie all’arrivo dei vaccini russi e di quello cinese – ne ha sviluppato uno anche in loco – ha iniziato a vaccinare la popolazione, ma c’è ancora tanto da fare. L’economia ne ha risentito tantissimo: il settore del turismo è praticamente scomparso in questo anno e mezzo”.

Il viaggio di Papa Francesco in Iraq: capovolgimento degli equilibri religiosi?

“L’Ayatollah Ali Khamenei di spirituale ha ben poco. Dalla fondazione della Repubblica Islamica, ci sono state solo due Guide: Ruhollah Khomeyni e Ali Khamenei. Il primo aveva un suo carisma, un suo ruolo nel paesaggio politico, ma all’interno del mondo sciita non è mai stato la guida di riferimento per tutti gli sciiti. La prova di tutto ciò è che la rivoluzione si è fatta solo in Iran, non ha dilagato in Medioriente. La guerra che stava volgendo a favore dell’Iran, in un primo momento, non è riuscita a trasformare l’Iraq in una repubblica islamica alleata. La componente quietista, che separa politica e religione, corrente maggioritaria nello sciismo, non ha avuto grosso seguito. Al- Sistani, come tutti gli altri Ayatollah dell’Iraq, sono in opposizione a Khamenei. Khamenei è più un personaggio politico che domina la scena politica iraniana da quaranta anni, ma dal punto di vista religioso non ha una grande influenza. Anche perché lui non soddisfaceva i requisiti per diventare Guida: alla sua nomina, hanno dovuto cambiare la costituzione. La sua scelta è stata una scelta politica.

In Iran manca una nuova generazione di mullah, di clerici religiosi e politici come quelli che hanno fatto la rivoluzione. Ovviamente alcuni ci sono, ma sono troppo vecchi; altri sono legati alla vecchia guardia che a un certo punto usciranno di scena. Dei nuovi ci sarebbe il candidato alla presidenza Ebrahim Raisi, che ha 62 anni ma non gode di particolare carisma. Chissà cosa ci riserveranno queste elezioni.

La Guida viene scelta dall’organo degli Esperti. Gli 88 membri del Consiglio possono decide di destituire la Guida in casi eccezionali. Spesso circola la notizia che la Guida sia malata o addirittura morta; di recente si è sparsa la voce che avrebbe lasciato la carica in eredità al figlio, ma il sistema iraniano non gli permette una cosa del genere. O almeno lui non è così potente da poter imporre una simile azione. In realtà si pensa che le elezioni iraniane siano elezioni sperimentali, di passaggio: la prossima Guida potrebbe essere proprio Ebrahim Raisi, che è un Ayatollah.

Alcuni, qualche anno fa, pensavano che dopo Khamenei il sistema fosse destinato a cambiare e il ruolo di Guida della Rivoluzione diventasse un organo collegiale, una sorta di triumvirato.

Si vedrà cosa il destino ha in serbo per il paese. La Guida, in fin dei conti, non gode di un potere decisionale illimitato. Non era favorevole all’accordo sul nucleare, per esempio”.

Relazioni Iran e Paesi del Golfo.

“L’Iran ha avuto degli ottimi rapporti con l’Oman. Il vecchio sultano Qabus bin Sa’id è stato il mediatore tra Iran e USA per l’accordo sul nucleare. Con il Qatar ci sono state delle relazioni, tutto sommato, buone. Le relazioni peggiori sono con il Bahrein, unica monarchia (sunnita) della regione a maggioranza sciita (popolazione). L’Iran sostiene l’opposizione, mentre la monarchia, grazie all’aiuto saudita, reprime ogni movimento di protesta. Con gli Emirati Arabi i rapporti sono tesi, ma gli scambi economici sono molteplici. Gli Iraniani che si recano negli Emirati per lavoro sono davvero molti. Per ottenere la cittadinanza negli Emirati basta la residenza!

È utile anche aprire conti bancari: l’Iran, essendo escluso dal circuito bancario internazionale, non ha accesso alle transazioni internazionali. Per cui, avere un conto a Dubai, fa sempre comodo per gli iraniani. C’è comunque molta diffidenza nei confronti dell’Iran da parte dei paesi del Golfo, l’influenza persiana nella regione non è di certo debole. Con Riyad sembra che la situazione si fossilizzi allo stato attuale: entrambi hanno deciso di non continuare ulteriormente con l’escalation”.

Scandalo della registrazione della riunione tra il ministro Mohammad Javad Zarif e l’economista Saeed Leylaz.

“Nella registrazione, Zarif critica la politica di Qasem Soleimani. Politica che secondo lui non è stata benefica al paese, ma ha solo contribuito a peggiorare le cose. Ha anche parlato della necessità di riprendere il dialogo con l’Arabia Saudita. Il tutto succede a ridosso delle elezioni! Non credo Zarif avesse intenzione di candidarsi, anche se sarebbe stato un ottimo presidente. Per otto anni ha rappresentato l’Iran nelle riunioni internazionali, ma tutto questo lavoro è andato perso perché il trattato ancora non viene rilanciato e i risultati promessi non si sono visti e tardano ad arrivare”.

L’Iran è appetibile per la Russia e la Cina: come si dimena tra le due potenze?

“Questi sono matrimoni di interesse. La Repubblica iraniana, ogni volta che può, guarda a Occidente. Anche dopo la Rivoluzione, l’Iran si sposta sempre a Occidente. Ha un forte interscambio con l’UE, soprattutto con Germania e Italia. La Cina è sempre un ripiego, la seconda scelta. La Cina rappresenta un’opportunità, ma a un caro prezzo perché impone le proprie condizioni. La Russia è un partner, ma rimane sempre un concorrente per quanto riguarda la situazione energetica, la questione del petrolio ed è un vicino abbastanza ingombrante fin dai tempi dell’URSS.

Nessuno tra Russia e Cina si è mai battuto per il nucleare: al tavolo dei 5+1, entrambi i paesi c’erano sempre, ma non hanno mai fatto delle alzate di scudi a favore dell’Iran. Più i problemi con l’Occidente perdurano, più ci devono essere questi rapporti con Mosca e Pechino. Un rapporto interessante è quello con l’India. Ciò non toglie che Russia e Cina siano stati indispensabili al paese nell’affrontare la pandemia sanitaria”.

Le prospettive dell’economia iraniana.

“L’economia iraniana, fin ora, si è sempre basata sul petrolio, in modo quasi esclusivo, tanto che la pressione fiscale in Iran è bassissima, pressocché inesistente proprio perché il bilancio statale si fa con l’export del petrolio. La crisi attuale dovuta all’isolamento internazionale in seguito alle sanzioni americane ha fatto sì che si sviluppasse anche un’economia diversificata. Un obiettivo dell’ultimo governo è stato proprio quello di variare i punti nevralgici dell’economia.

Ha delle basi di mercato abbastanza solide, in primis il settore automobilistico che è ben avviato, ma anche quello estrattivo oltre il petrolio e poi tutto il manifatturiero (pistacchio, tappeti). Il petrolio, però, rimane il cuore dell’economia. Dopo quaranta anni dalla rivoluzione, il livello di export del petrolio non è ritornato ai livelli dell’era dello Scia.

Oggi ciò che affligge la popolazione è un problema di prospettiva, di consumi, di cambio generazionale. È un paese che ha 82 milioni di abitanti, all’epoca della Rivoluzione ne aveva 35! Ha vissuto un bel cambiamento in questi quaranta anni”.

Ringraziamo sentitamente Antonello Sacchetti, che leggiamo attraverso il suo blog Diruz, per averci portato dentro alla realtà, molto complessa e sfaccettata, dell’Iran che altrimenti, per le zoppie della narrazione occidentale e l’eccessivo allineamento, viene troppo spesso e troppo banalmente raccontato. Grazie Antonello e a presto.

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