Il Tazebao – Sempre più lontani, e non solo cronologicamente, i tempi della prosperità sotto la bandiera verde. Dalla Libia hanno inaspettatamente fatto il giro del mondo le immagini dell’operazione militare lanciata dal Ministero della Difesa del cosiddetto “governo di unità nazionale” filo-occidentale e facente capo a Tripoli. Dette operazioni sono state propiziate dall’assassinio del capo del servizio di sicurezza del Consiglio presidenziale, Abdel Ghani al-Kikli, che ha innescato una serie di scontri tra il governo e l’Autorità di Supporto alla Stabilità, milizia controllata dal governo stesso e di cui al-Kikli era contemporaneamente comandante, da una parte, e i gruppi regionali dall’altra. Se sono risultate false le voci circa la partecipazione delle brigate Zintan o Warshefana, leali a Khalifa Haftar, cionondimeno è probabile che i vari gruppi armati siano manovrati o comunque rispondano al governo insediato in Cirenaica, nell’est, che de iure è quello legale in quanto eletto dal Parlamento, anche se non mancano ipotesi che ricondurrebbero a manovre dietro le quinte da parte di Trump ed Erdoğan. Né bisogna trascurare il peso che ha avuto la visita a Mosca proprio del Generale Khalifa Haftar per il 9 Maggio e l’incontro bilaterale da egli avuto col Presidente Putin. Ad ogni modo, i combattimenti sono terminati ieri notte a seguito della dichiarazione di “esito positivo” dell’azione militare: l’aeroporto tripolitano ha ricominciato a funzionare regolarmente, ma gli analisti politici locali dubitano che la situazione possa stabilizzarsi definitivamente sul lungo periodo; del resto, devono ancora tenersi le elezioni rimandate regolarmente dal 2019, col Movimento Popolare di Liberazione Libico che controlla la maggior parte delle istituzioni locali nel Paese e il suo capo riconosciuto, Saif al-Islam Gheddafi, che continua a guadagnare consensi e popolarità. (JC)

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