Dear unconventional conventionists,
Ieri sera, mentre mi annoiavo a un forum – roba di bancari locali e non glocali, predatori di buffet, pavidi di cuore e impuri di pensieri – ho trovato sollievo in questa elucubrazione che sommessamente Vi sottopongo: se un partito si quotasse in borsa, il valore del titolo fluttuerebbe o no?
Nella peggiore delle ipotesi tutte le quote finirebbero ai soliti, nella migliore ci sarebbero tantissimi micro-azionisti, cioè persone, tutte intente al radicamento del partito sui territori.
Un partito centrista potrebbe non fluttuare e, al tempo stesso, avrebbe la possibilità di finanziare dei partiti satelliti estremisti che lo critichino per valorizzarne il titolo (Socialismo Italico può fare al caso nostro). Chissà da dove ho preso esempio! Inoltre, un partito centrista, presente in ogni nazione perché necessariamente europeista, avrebbe una distribuzione del rischio (elettorale) tale da rendere il titolo stabile.
Più nel dettaglio, l’appartenenza a detto partito consiste nel possesso delle azioni; quindi, la creazione di un partito quotato in borsa è azione fondatrice possibile solo per chi ha il capitale iniziale e la struttura per le pratiche di ingresso in borsa e per la vendita di due cose: le azioni e il potere politico.
Queste due potenzialità riducono i tempi di maturazione del consenso e permettono una diretta influenza finanziaria nell’attività politica, indipendentemente dalle leggi di finanziamento dei partiti. Questo apre a nuove riflessioni.
L’effetto di una tale mossa sui partiti classici sarebbe la disponibilità ad essere letteralmente comprati da chi ha un capitale e ha bisogno di un brand già esistente, ancorché ammalorato.
La quotazione in borsa rende meno volubile la leadership del partito poiché il calo del valore azionario incide nelle tasche dei vertici.
Il partito quotato in borsa riceverebbe un feedback di mercato che equilibra, pondera, mitiga, le speculazioni su quel partito, svincolando il giudizio dal solo momento elettorale.
Si affronterà anche il problema della penuria di manovalanza elettorale sul territorio, poiché basterebbe che il partito desse in dote al candidato un po’ di azioni, poi altre azioni in premio se eletto: ne conseguirebbe la necessità di emettere nuove azioni, sostenibili solo con aumento di capitale, possibile grazie alle azioni di riferimento o grazie ai contributi degli eletti e dei simpatizzanti che si avvicinano al partito, ovvero alle attività di preparazione alla politica.
Infine, ma non ultima, la scalata ad un partito avverrebbe con il solo strumento del denaro, miglior antagonista del populismo.
Spero di suscitare interessanti riflessioni.
RT